René Laurentin, Lourdes. Racconto autentico delle apparizioni MERCOLEDÌ 7 APRILE 1858 Alla canonica suona mezzanotte. Il 7 aprile, finalmente! Antoinette Tardhivail non ha nemmeno tolto il copriletto. «Se mi addormento, rischio di non svegliarmi» ha spiegato. Antoinette e Théotiste Le sue sorelle Marie e Théotiste l'hanno rassicurata. Invano. No! Questa volta non perderà l'apparizione. Sarà in prima fila e non dimenticherà i suoi «doppi occhiali». Ha stabilito i suoi alloggiamenti nel corridoio, su un baule da cui orecchia in attesa dei rintocchi dell'orologio, nell'interminabile estensione del silenzio notturno. Teme sempre di sbagliarsi. «Théotiste, che ora è?» Questo ritornello ritmerà tutta la notte. Alle quattro, prima dell'alba, le tre sorelle sono in strada, nel momento in cui Bernadette sale ancora una volta sul famoso calesse... Verso le quattro e un quarto, le tre arrivano alla grotta. Non sono le prime, ma possono scegliersi il posto. Antoinette si piazza in fondo, verso la sommità del pendio sabbioso che sale incontro alla volta, in un punto in cui si può stare ancora in piedi sotto il margine più interno della misteriosa fenditura. Secondo le sue informazioni (e lei è sempre bene informata), da lì vedrà tutto. C'è gente sulla strada... Il carradore Martin Tarbès se ne accorge e va ad avvisare il dottor Dozous, che sta già facendo la colazione mattutina. Durante la parata dei vigili del fuoco volontari, come durante gli incendi e all'ora dei rinfreschi corporativi, buone relazioni li uniscono, dal tenente al semplice pompiere. Il dottore, che non ci crede, resta curioso: «Fatemelo sapere» ha detto al carradore. Sajous, che ha ricevuto la stessa consegna, questa mattina ha la medesima idea. Tutti e tre si affrettano adesso sulla strada... Una folla di mille persone Bernadette li ha preceduti. Quando arriva, alle cinque, ci sono già centinaia di persone. Le forme spianate della roccia sono occupate. Quando se ne andrà, di persone ce ne saranno un migliaio. Grazie alla compiacenza di tutti, prende il suo posto una decina di passi davanti all'apertura esterna. Finalmente Antoinette vede la scena di cui si è fatta cento volte ripetere la descrizione, e che ha mille volte immaginato. Bernadette si inginocchia molto semplicemente tra Germaine Raval alla sua destra e Justine Cassou alla sua sinistra (che fortuna hanno, quelle due là!). Accendono il suo cero [offerto dal sindaco di Adé per la sua guarigione], quel grosso cero che pesa ben due libbre, troppo pesante da portare a lungo, abbastanza grande perché lei lo posi a terra e lo tenga all'altezza del petto. Questa mattina c'è nella nicchia una piccola statua «di gesso su un tappeto di velluto a fiori».
Davanti a quella figurina un po' buffa, Bernadette comincia il rosario con calma e fervore, gli occhi fissi in avanti... L'ultimo arrivato Ma cos'è questo brusio? Un passo pesante, una voce autoritaria procedono verso il posto invidiato da tutti. Il mormorio si trasforma in grida ostili quando ci si accorge che l'ultimo venuto, contro ogni consuetudine di rispetto, ha tenuto il cappello sulla testa. È Dozous, il medico, accompagnato da Tarbès. Con un'ingiunzione che non ammette replica, spinge Justine Cassou e prende il suo posto alla sinistra della veggente. Le proteste si gonfiano. Quello fa fronte e spiega con tono d'importanza l'evidenza del suo buon diritto: «Non vengo da nemico, ma in nome della scienza. Ho corso e poiché sono tutto fradicio di sudore non posso espormi a queste correnti d'aria» (scopre un istante il suo cranio nudo che riluce alla fiamma dei ceri). «Sono il solo a poter studiare il fatto religioso che si compie qui. Lasciatemi proseguire questo studio.» Questo discorso riporta una calma perfetta. Bernadette è alla seconda decina. Saluta, sorride. Il suo viso si è trasfigurato.
Antoinette Tardhivail prova «un'impressione improvvisa». Sì, «Nostra Signora è là». Alcuni uomini si inchinano e tolgono i loro berretti (tollerati dalla folla, a differenza dei cappelli).
Bernadette continua la recita del rosario ma «in modo assolutamente irregolare», osserva Dozous; in certi momenti il rapimento la ferma, non sa fare altro che ridere di gioia e salutare ancora.
Di tanto in tanto una lacrima brilla dolcemente alla luce dei ceri prima di asciugarsi sulle sue guance. Finito il rosario, che dura una buona mezz'ora, lei resta là, rapita. E si è rapiti nel vederla... La prova del fuoco Ma un'agitazione, un'inquietudine cominciano a muovere gli spettatori più vicini: «Guardate come la fiamma le esce dalle mani» mormora Antoinette, che griderebbe se non avesse la gola così serrata. In effetti è strano. Terminata la recitazione, Bernadette ha riposto il suo rosario, ha giunto le mani verticalmente lungo il cero, la cui fiamma, agitata dalle famose correnti d'aria evocate da Dozous, minacciava di spegnersi. Quando Bernadette ha alzato le mani? Il fatto è che adesso esse avvolgono lo stoppino come tra due valve di conchiglia, coi pugni che chiudono il fusto di cera. Attraverso le dita socchiuse la fiamma rischiara di luce viva le palme incurvate. «Ma si brucia!» Sembra a molti che la fiamma lambisca le dita, passi attraverso. Alcuni vogliono precipitarsi al soccorso... «Lasciate!» Con un gesto deciso Dozous arresta ogni intervento. Non credendo ai propri occhi, si concentra sul fenomeno. Vede bene anch'egli la fiamma passare tra le dita, come attraverso una griglia. E Bernadette sorride sempre. La vicina delle Tardhivail scuote la testa con le lacrime agli occhi. «Volete un miracolo? Non ne avete uno?...» Le impongono il silenzio. Ma la parola arriva fino ai confini della folla, dove non si vede niente: «Miracolo! Miracolo!» Non si osa dire di più. Ritorna il silenzio, si appesantisce, pieno di rispetto, anche d'apprensione. In che stato saranno le mani quando tutto sarà finito? Malgrado una sorta di fascinazione, il tempo sembra lungo... Quanto dura? Dieci minuti, dirà poco dopo Dozous, che di tanto in tanto getta un'occhiata al suo orologio... Allora le mani abbandonano la loro curiosa posizione. Bernadette ha ripreso il cero nel modo consueto. Si alza, saluta graziosamente verso la nicchia, avanza sotto la volta. Eccola sotto la cavità interna, vicinissima ad Antoinette che adesso vede il viso in primo piano. Vivi e brillanti, gli occhi neri della veggente sono fissi sull'imbuto roccioso. Sembra scrutare. Poi, le sue labbra si muovono senza rumore. Solo un sussurro... Si rattrista; sorride. Si vorrebbe sapere cosa sente, per condividere la sua gioia e la sua tristezza. Nessun suono passa all'esterno, ma oggi si sa di Chi lei sia lo specchio. Ci si unisce tramite la preghiera all'invisibile conversazione di Colei che ha chiamato sé stessa «l'Immacolata Concezione». Qualche minuto dopo, una sorta di velo discende sul pallore del viso. Bernadette saluta ancora una volta con un rispetto e una grazia inimitabili. Si alza. L'estasi è durata quasi un'ora. Dozous non la lascia andar via. Aspettava questo momento. Prende le mani della veggente, le rigira, asciuga una di esse col risvolto della sua manica e mormora: «Nou ya pas arré!... Non c'è nulla!...» «Non c'è nulla! Non c'è nulla!» ripetono tutt'intorno. «Io non so cosa hai visto» aggiunge il medico, sconvolto, «ma adesso credo che tu vedi qualcosa!» In mezzo ai suoi due pompieri, il carradore e il cavatore, il tenente-dottore se ne ritorna adesso ben diverso rispetto a quando era venuto: è emozionato, soggiogato da quei giochi sconcertanti della fiamma sull'epidermide di Bernadette. «Adesso ci credo!» confessa. Sì, decisamente, «la fede» gli è venuta, tumultuosamente, con tutto quel che ciò comporta in questo passionale: «Me ne vado a Saint-Pé, dirò quel che ho visto» (è medico nel seminario minore). Farà come ha detto. Infatti quanto a coraggio delle proprie opinioni non ha uguali. Lui, che qualche giorno fa al Café Français trattava le apparizioni da «farse» e Bernadette da «bricconcella», propaga il miracolo con quella sorta di virulenza che fa parte del suo personaggio. Al seminario, dove si nutrono ancora molte riserve, certi sorrideranno del suo entusiasmo turbolento. Lo stesso vescovo accoglierà ben presto i suoi discorsi come paradossi. Ma nulla turba Dozous. La sua convinzione è sempre indipendente dagli altri... L'opposizione? Se è leggera (quei sorrisi ecclesiastici amabilmente scettici) non la vede. Se è violenta se ne nutre e se ne inebria come il guerriero primitivo del sangue dei nemici. Di ritorno da Saint-Pé, i suoi discorsi riempiono la città. Dopodomani ne manterrà l'entusiasmo confuso e profetico di fronte al commissario venuto per invitarlo alla discrezione. Per Jacomet non c'è altro da fare che annotare sulle strette pagine del suo taccuino qualche campione di quelle frasi che smuovono la popolazione, al fine di redigere un rapporto per il signor Dutour, spiazzato da questo fatto nuovo. Ecco dunque, rigo per rigo, quel che ha annotato:
Ma ritorniamo alla mattinata del 7 aprile. Poco dopo le sei, Bernadette rientra alla sua topaia, seguita da una folla entusiasta ma raccolta. In tutta la giornata non sfuggirà ai curiosi. Quella sera, passando sotto le finestre delle signorine Tardhivail, eccola di nuovo chiamata, agguantata. Le tre sorelle, Marie, Théotiste e soprattutto Antoinette, la assediano con le loro domande: «Chi ti ha insegnato a salutare così bene?» domanda Marie. «Io non so come saluto.» «Ma alla grotta?» «Faccio come fa la Signora.» «E perché sei andata sotto la volta?» «La Signora è scesa per parlarmi.» «Per parlarti?» Antoinette brucia dal desiderio di saperne di più. «È là che mi parla.» «E come sai che ci devi andare?» «Mi fa segno col dito.» «Ma che cosa ti ha detto?» «Vuole sempre una cappella.» «E tu, tu avevi l'aria di parlare. Cosa dicevi?» Bernadette, sottoposta dalla mattina a un fuoco continuo di domande, dà segni di stanchezza. Antoinette ha creduto di capire che avesse chiesto un miracolo per convincere quelli che non volevano credere. Forse la fioritura delle rose per il signor curato? Insiste: «Ti ha detto altre cose?» Bernadette si ferma. Antoinette conclude che gatta ci cova, un segreto o una confidenza. «Ma perché hai messo le mani sulla fiamma?... Non avevi paura di bruciarti?» Bernadette sembra stupita. Non ha ancora ben capito perché il dottor Dozous le abbia guardato le dita in quel modo, con quell'aria di sbigottimento. Ecco Antoinette piombata sulla stessa contemplazione. Ha preso le mani di Bernadette e si stupisce di non trovarle nemmeno «ruvide», quelle dolci mani di adolescente, picchiettate solo all'indice per i lavori d'ago. No, non è quella una pelle di salamandra! Così, nella testa dell'aiuto sacrestana Tardhivail germina un'idea diabolica: «Giungi le mani come stamattina... così!» E mentre quest'atteggiamento raccolto le fa abbassare gli occhi, ella fa scivolare una candela tra le dita di Bernadette. Le mani si ritirano precipitosamente con un grido: «Qem cremy! Mi brucio!» La piccola Marie Duserm, sette anni, che è là senza dubbio per la ripetizione di catechismo, rimane pietrificata. «Via, metti bene le mani come stamattina...!» Bernadette fugge al più presto da quell'esperienza, che le tre sorelle continuano con precauzione (ma invano) sulle proprie mani. Ma che ha dunque la gente oggi? Lasciate le sorelle Tardhivail, Bernadette è di nuovo acciuffata, questa volta dalla signora Garoby, che non si consola di aver perso l'apparizione di questa mattina (suo marito era malato). Anche lei avvicina una candela. Questa volta Bernadette toglie la mano in tempo. Decisamente, la gente è pazza! Si eclissa al più presto. |