MEDITAZIONI PER OGNI DECINA

(Dal libro: La grande promessa di Fatima)

PRIMO MISTERO GAUDIOSO

L'Annunciazione

Il grande mistero invocato da secoli si compie, la Vergine diviene il tabernacolo vivente di Dio e nel mondo, intorpidito nel gelo della colpa, si accende la fiamma dell'amore infinito.

L'Arcangelo Gabriele è venuto, come ambasciatore celeste, ad offrirle la dignità sovrumana di Madre di Dio, e ne attende il supremo responso. Maria trema di umiltà, ma accetta. Il suo fiat schiude le porte del cielo e fa trasalire di gioia tutta la terra.

Anche il suo Cuore esulta. D'ora innanzi esso si struggerà, come fiaccola palpitante, davanti al tabernacolo vivo del suo seno. Quel cuore verginale, traboccante di grazia, è in giubilo, perché la divina presenza verrà a deporre il sigillo sulla sua perenne consacrazione. Quel cuore di Madre tripudia, al pensiero che il suo sangue sarà sangue e vita di Gesù. Esulta sapendo che è vicina la redenzione per tutte le anime per le quali Maria già prova quell'immenso palpito materno che Iddio vivente in lei ha acceso nel suo petto. Diventando Madre di Gesù, Maria è diventata anche madre nostra.

Uniamo il nostro gaudio a quello della Vergine e ringraziamo il Signore per aver così altamente onorato la nostra umanità da assumerla nel seno di Maria; per averci donato una madre così tenera e così adorna di privilegi divini.

Imitiamo il grande esempio di umiltà che ci porge il suo Cuore Immacolato. Proclamata Madre di Dio, Maria si protesta sua umile ancella.

«Se piacque al Signore la sua verginità, è la sua umiltà che ha attirato Iddio nel suo seno» assicura san Bernardo; e sant'Agostino aggiunge che «l'umiltà di Maria è diventata la scala celeste per cui Iddio discese sulla terra». Preghiamo ardentemente questa nostra buona Madre ad ottenerci l'umiltà del cuore, la disponibilità alla volontà divina, una fedeltà incrollabile al nostro dovere, fino alla morte.

SECONDO MISTERO GAUDIOSO

La Visitazione

«È volontà di Dio — ha scritto S. Bernardo — che ogni grazia venga a noi per mezzo di Maria».

Il Signore ha racchiuso nel suo Cuore Immacolato, come in uno scrigno prezioso, tutti i tesori del cielo, e a Lei ha affidato la distribuzione di questi tesori ad ogni anima.

Ne abbiamo in questo mistero una conferma eloquente. Appena la Vergine saluta Elisabetta, ecco che la grazia santifica Giovanni Battista, ancora nel seno materno, e una luce sovrumana, investendo lei stessa, le fa intravedere il mistero della divina maternità: onde proclama Maria beata fra tutte le donne.

Anche Maria ha preso coscienza dei misteri di grazia e di servizio che Iddio le ha elargiti, ma non per invanirsene. Quel suo Cuore ardente e umile, quel Cuore di ancella e di Regina, canta al Signore con ispirato lirismo la sua sconfinata riconoscenza: Magnificat anima mea Dominum!

A Dio solo l'onore e la gloria. Meditiamo il cantico che Maria nell'estasi della sua umiltà glorificata levò, come profumo di verginità e di amore che inebria le anime, ed impariamo a riferire al Signore ogni istante della nostra vita, ché tutto è dono di Dio.

Impariamo a disprezzare la vanità, la compiacenza di sé, che sono il tarlo dei meriti; impariamo dall'esempio della Vergine santa una carità tenera e delicata per il prossimo.

In ogni necessità, in ogni ora, rivolgiamoci al Cuore Immacolato di Maria, tesoro inesauribile e sorgente creata di grazia. O beata quella casa in cui entra il Cuore di Maria con la sua protezione! Beata l'anima che è visitata da questo Cuore magnificamente materno!

TERZO MISTERO GAUDIOSO

La Nascita di Gesù

Gesù è nato! Reclinato nel piccolo presepe, Egli contempla la Madre sua che, in ginocchio, l'adora, perduta in un'estasi d'amore. Esiliandosi su questa terra Gesù l'ha creata appositamente, perché tenesse presso di sé il posto di tutta la Corte celeste. Le ha quindi formato un cuore capace per estensione, profondità e tenerezza, di comprendere e consolare il suo.

Nella notte luminosa, il Cuore di Maria è un oceano di gaudio. Il suo Figliolo, tenero come un fiore, che Ella stringe fra le braccia, è il suo Dio, il Redentore che ha dato al mondo divenendo Madre, pur restando Vergine, «concepito per arcana potenza dalla virginea sostanza, e germogliato, come un fiore di luce e di vita, all'alito caldo dello Spirito Santo» (S. Giovanni Damasceno).

Quel Dio che i cieli non bastano a comprendere nella sua immensità s'è annientato per rivestire la nostra umanità, attratto da quell'eterna carità con cui ci ha amati.

Maria gode delle umili adorazioni dei pastori, trasalisce alla voce ed all'omaggio dei Re Magi, pensando che il suo Gesù sarà conosciuto ed amato da tante anime. Se per breve trema d'angoscia perché Erode ha sospeso la sua spada sanguinosa sul capo del Bimbo, si riconforta nella intimità di un amore materno, così umile, tenero e sconfinato che forma lo stupore degli angeli.

Rallegriamoci con il Cuore di Maria. È la salvezza che è sorta per l'umanità peccatrice. Gesù è la via al cielo per tutte le anime. Impariamo la divina lezione di Betlem. «Nell'angustia di una greppia è contenuto chi ha sede nel cielo, affinché noi potessimo espanderci nella gioia d'un regno eterno. È reclinato nel presepe Colui che è pane degli Angeli, affinché noi fossimo saziati col frumento delle sue carni — esclama Beda, il Venerabile. — Poteva venir sommovendo il cielo e scuotendo la terra. Ma viene per salvare, non per perdere. Dalla culla calpesta la superbia e le cupidigie, e nasce povero, da povera madre».

Disprezziamo anche noi gli agi, i conforti, la facile vita dei sensi. Gesù e Maria c'insegnano l'abnegazione, il sacrificio. Abbracciamo con gioia la nostra piccola croce quotidiana. Insieme a Gesù, con l'aiuto della Vergine Santissima, essa ci parrà leggera.

QUARTO MISTERO GAUDIOSO

La Presentazione di Gesù al Tempio

Come tutte le madri ebree, Maria si presenta alla porta del Tempio a chiedere la sua purificazione, ad offrire all'Eterno il suo Unigenito. Eppure la Vergine non ha bisogno di purificazione essendo per un privilegio ineffabile Vergine Madre. Non ha bisogno d'esser riscattato Gesù, che per natura è l'Unigenito del Padre, il Sacerdote Eterno del Nuovo Patto. Anche in questa occasione Maria è modello di virtù; esempio di modestia, di umiltà, di obbedienza, di fedeltà al dovere, alla legge del Signore. Quale virtù non rifulge nel cuore di Maria? È un cielo di meraviglie. «Dio ha fatto un mondo per l'uomo pellegrino ed è quello che noi abitiamo. Ha fatto un mondo per l'uomo beato ed è il paradiso: ma ne ha fatto un altro per abitarvi Egli stesso a cui ha dato il nome di Maria» (S. Luigi Grignion de Montfort).

Riflettiamo: che gioia per quel Cuore materno udire il canto del vecchio Simeone evocare i tempi avvenire! Il suo Gesù è proclamato l'Aspettato d'Israele, la salvezza di tutti. Ma insieme che strazio a quel preludio di dolorosa passione! Già la punta acuminata di una spada ricerca quel Cuore materno.

Impariamo dalla Vergine Santissima la generosità nel bene, la fedeltà costante al nostro dovere, a piegarci con umile rassegnazione alla volontà di Dio.

In un celebre quadro è dipinta la presentazione di Gesù al Tempio. Il venerando Simeone solleva Gesù sulle sue braccia scarne. L'ombra di quel gesto staglia sullo sfondo il profilo di una Croce... Maria la vede trasalendo d'angoscia, ma ripete senza esitare la sua parola d'agonia: Fiat! Apriamo anche noi il nostro cuore e le nostre braccia alla croce e portiamola come un divino retaggio, lungo il nostro Calvario. «Chi acconsente a soffrire per Iddio — dice S. Giovanni della Croce — dimostra d'essersi dato veramente a lui, e di amarlo».

Un educatore santo, Edoardo Poppe, ha scritto: «Una piccola croce sopportata con dolorosa pazienza per cinque minuti fa maggior bene che non grossi volumi ed innumerevoli scritti; perché operare è bene, pregare è meglio, ma la cosa migliore è soffrire!». Penetriamoci di queste alte verità, procuriamo di praticarle.

O Maria, come il nostro cuore è diverso dal tuo! Insegnaci, o Madre, la preziosità della docilità a Dio, della fedeltà alla legge santa, dell'amore alla sofferenza, del sacrificio riparatore.

QUINTO MISTERO GAUDIOSO

Il Ritrovamento di Gesù nel Tempio

«Abbiamo smarrito Gesù». Chi può ridire lo strazio di Maria e di Giuseppe, quando s'accorsero che Gesù non era con loro? Lo cercarono dappertutto, nelle giornate febbrili, nelle notti insonni, affacciandosi ad ogni tenda, scrutando ogni ombra, interrogando ogni viso di bimbo. Dov'era mai Gesù? Forse lungo una via a stendere esitante la mano per sfamarsi? Oh benedetta la mano che si fosse tesa ad alleviare la sua pena, con un gesto di carezza!

Gesù era nel Tempio. Insegnava ai maestri d'Israele. La Vergine lo scorse da lontano, ed il suo Cuore traboccò di gioia, indicibilmente.

Il Cuore di Maria si è rivelato: è pieno di ansia e di tenerezza per i suoi figli. Non sono forse io il figliol prodigo che si è smarrito nella notte del peccato? Forse la Vergine, nostra Madre, m'insegue palpitando d'angoscia, struggendosi nell'attesa, deplorando la mia sconsiderata ostinazione. Forse l'anima mia è lacera e sanguinante nel groviglio delle passioni, nel rovaio delle colpe. Oh mi alzerò anch'io, come il prodigo giovinetto e ritornerò al Cuore della Madre mia, per sentirmi alitare in volto il soffio del tenero perdono: Figlio, perché mi hai fatto questo?

È il peccato che ci fa perdere Gesù, che insozza la bellezza dell'anima nostra. Il Cuore Immacolato di Maria che non fu mai per un solo istante offuscato da macchia, né sfiorato da alcuna sozzura, c'ispiri un odio inestinguibile per l'offesa a Dio, ci faccia amare la purezza, l'innocenza della vita.

Il messaggio di Fatima è un accorato invito di Maria a desistere dal peccato, a far penitenza. «La Madonna ha detto che i peccati del mondo sono molto grandi, ed Ella non può più trattenere il braccio del suo amato Figlio. Bisogna far penitenza». Così Giacinta sul letto di morte.

Rallegriamoci ancora con quel Cuore ammirabile che ha saputo serbare in sé, meditando senza posa, i divini misteri della vita di Gesù, facendone nutrimento alla sua mente, fiamma al suo spirito, e chiediamogli l'amore alla vita interiore, il dono di vivere continuamente alla presenza di Dio, raccogliendoci anche nel frastuono delle occupazioni; chiediamo la grazia di ritrovare Gesù, in ogni nostro dovere, compiuto fedelmente. Oh, se le nostre famiglie saranno una copia fedele della Sacra Famiglia di Nazaret, la vita intera sarà santificata e benedetta e sarà assicurato un gran premio in cielo!

PRIMO MISTERO DOLOROSO

L'Agonia di Gesù nel Getsemani

La Vergine Santissima rivelò un giorno a santa Brigida: «Abbi per certo che io ho amato il mio Figlio così ardentemente che eravamo un cuor solo. Quando egli soffriva io ne risentivo il dolore come se il mio cuore provasse le sue medesime pene e gli stessi suoi tormenti... Il suo dolore era il mio dolore, così come il suo Cuore era il mio Cuore».

Consideriamo lo strazio della Vergine Santa. L'agonia di Gesù era la spada che frugava sanguinosamente nel suo Cuore materno. Il sangue che grondava dal corpo di Gesù sgorgava dal Cuore trafitto di Maria. Anch'ella provò una ripugnanza mortale per la passione spaventosa che avrebbe fatto scempio del suo figlio diletto, per l'abisso di sozzure e di peccati che la Giustizia divina accumulava su Gesù, vittima designata all'olocausto. Anche Maria provò l'inenarrabile sconforto di prevedere che il sangue di Gesù, versato a fiotti, non avrebbe giovato a milioni di anime e l'Inferno avrebbe continuato ad inghiottire le sue vittime. E tuttavia, anch'Ella, come Gesù, pronunziò il suo fiat. Accettò di veder lo scempio del suo Figlio, di salire il Calvario con lui, per la redenzione del mondo: «Non la mia volontà sia fatta, ma la tua!».

Impariamo ad accettare anche noi la nostra croce dalla mano di Dio. Ogni giorno è un breve calvario. Pronunziamo con cuore docile e rassegnato il nostro umile fiat. «La mortificazione e il sacrificio piacciono tanto a Gesù», diceva la piccola Giacinta. Avremo da soffrire: per le ripugnanze della natura, a causa dei nostri peccati, per l'incomprensione o la cattiveria di quanti ci circondano, e per l'inutilità dei nostri sforzi. Se saremo tentati a gemere: «Passi da me questo calice, o Signore» dovremo aver imparato pure a piegarci: «Non la mia volontà, ma la tua sia fatta». Dovremo pregare, come S. Agostino: «Non risparmiarmi, o Signore, quaggiù; qui brucia e recidi pure, purché mi risparmi nella vita eterna!».

SECONDO MISTERO DOLOROSO

La Flagellazione

Maria seppe che Gesù veniva flagellato e nel suo Cuore si ripercossero ad uno ad uno i colpi che straziavano le carni innocenti e tenerissime di Gesù.

Maria soffre per l'impotenza in cui si trova di impedire il tormento di Gesù. Vorrebbe slanciarsi ed arrestare quelle sferze micidiali; ma tace, ed offre a Dio la sua stessa impotenza, per la salvezza degli uomini.

Maria soffre per la violenza inaudita di quello strazio inumano. Ogni spruzzo di quel sangue, ogni brandello di quelle carni, sangue e carni di Lei, sono una fitta lancinante nel suo petto. Ma, divinamente illuminata, comprende che quel sangue purissimo, quelle carni immacolate devono espiare le tante impurità dei sensi e della vita, le molte sozzure della corruzione umana. Ed anch'Ella offre quel suo Cuore immacolato che Gesù aveva riscattato con gelosa tenerezza prima di qualunque colpa, unendo la sua espiazione a quella del suo divin Figlio.

Maria soffre per la durata di quel barbaro supplizio prolungato fino alla esasperazione, con diabolico furore. Il suo Cuore si frange a tanta crudeltà. Ed offre a Dio tanto strazio, ripetendo il suo incondizionato: Fiat!

Noi, forse, non abbiamo armato la mano dei carnefici, non abbiamo forse solcate le spalle di Gesù con i nostri flagelli? Fuggiamo le impurità, le lusinghe dei sensi. «I peccati che portano più anime all'Inferno sono i peccati impuri. Verranno certe mode che offenderanno molto Nostro Signore!» esclamava Giacinta sul letto di morte. Accettiamo cordialmente le sofferenze che ci manda il Signore; spesso sono castighi che Egli ci infligge per la marea di peccati che sale dalla terra. Rinnoviamo i nostri propositi di mortificazione e di riparazione. I dolori, i rovesci, le infermità, per quanto insistenti e duraturi non ci prostreranno, se li sopporteremo uniti a Gesù e a Maria. Dal Cuore addolorato di Maria attingeremo forza e coraggio e grazia di vivere nella purezza dell'anima e del corpo.

TERZO MISTERO DOLOROSO

La Coronazione di Spine

«Durante la Passione — dice S. Lorenzo Giustiniani — il Cuore di Maria divenne come lo specchio fedele dei dolori del Figlio e l'immagine perfetta della sua morte». Le spine che laceravano il capo di Gesù martoriavano, con fitte lancinanti, il tenerissimo Cuore di Lei.

Maria prova tutta l'umiliazione che viene inflitta a Gesù, trattato come re da burla, rivestito come un folle. Lui, che è la Luce increata e la Sapienza eterna, il cui regno dura nei secoli. Quale indegna commedia! Su di Lui ghignano oscenamente quelle ignobili creature, e Gesù tace. Il Cuore di Maria comprende bene il silenzio dell'Uomo spezzato dai dolori. È la espiazione di quell'orgoglio che ha travolto il mondo con il primo peccato; e Lei, partecipandovi generosamente, ripete col Salmista: Non sprezzare, o Dio, un cuore affranto ed umiliato! (Sal 50,19).

Maria sente tutto l'orrore di quel supplizio escogitato con diabolica perfidia. Ode l'urlo della folla eccitata, che non vuole suo re il Cristo, che ne chiede, a gran voce, la morte. Eccolo Gesù sfigurato e penante. Ecce homo! Quale contrasto! Pochi giorni prima acclamato tra benedizioni ed osanna, ora rinnegato, reietto, invocato a morte. Tutti l'hanno abbandonato, tutti. Persino gli apostoli sono fuggiti. Solo il Cuore intrepido della Madre è accanto a Lui.

Consideriamo: nella corona che tortura il capo di Gesù, non c'è forse la nostra spina? E nel Cuore di Maria, non c'è forse la nostra spada? Spine e spada sono la superbia, l'orgoglio della nostra vita. Ripariamo, umiliandoci dal profondo del cuore. Ripetiamo con san Bernardo: «Mi vergogno d'esser così delicato, quando il capo di Gesù è coronato di spine». Disprezziamo la superbia, fuggiamo la vanità. Diciamo alla Vergine che non vogliamo nutrire pensieri di orgoglio, quando vediamo il Signore del mondo schiacciato come un verme sotto il peso dell'umiliazione.

QUARTO MISTERO DOLOROSO

La Salita di Gesù al Calvario con la Croce

Ad una svolta della via, lungo l'erta del Calvario, Gesù e Maria si incontrarono. Gesù pallido, emaciato, ansante sotto la croce, gli occhi velati di sangue. La Vergine, impietrita dallo spasimo, gli occhi velati di pianto. Se Iddio non l'avesse sostenuta, ella ne sarebbe morta di dolore.

Maria invece, conscia della sua missione di Corredentrice, s'avanza fra la pietà e il disprezzo della folla, e segue da vicino Gesù. La prima Via Crucis.

La Vergine ode la turba degli sgherri lanciare lazzi e scherni a Gesù, coprendo di fango il suo nome, il suo onore, sente le grida sguaiate dei soldati che lo incitano a proseguire per il doloroso cammino, il pianto delle pie donne. Vede l'immensa croce che grava sulle spalle piagate di Gesù, mentre egli avanza vacillante, incespicando, cadendo, rigando le pietre con fiotti caldi di sangue. Prova nel suo Cuore tutto lo spasimo che Gesù soffre nel corpo, mentre l'anima trabocca d'amarezza smisurata.

Impariamo anche noi a soffrire qualche cosa per i peccati nostri e in riparazione delle colpe di tutti. Impariamo a portare la nostra Croce, anche se grave, anche se ci par di soccombere sotto il suo peso. Siamo fedeli a Dio, senza tentennamenti e senza rispetto umano in tutte le contingenze della vita. E non mostriamoci insensibili al dolore della Vergine. Ella soffre per noi, come una madre piange sui traviamenti dei figli. Non siamo di quei figli snaturati che fanno pianger la madre. Ricordiamoci del monito divino: «Non esser sordo al gemito di una madre» (Sir 8,29).

QUINTO MISTERO DOLOROSO

La Crocifissione e Morte di Gesù

«A chi, nella tua angoscia, ti paragonerò, o Vergine? Grande come il mare è la tua ambascia e nessuno ti può consolare!» (Lam 2,13).

Stabat Mater dolorosa iuxta crucem lacrimosa. Sul Calvario, ai piedi della croce accanto alla Vittima divina, sta Maria, la Regina dei martiri. Il suo Cuore, come il suo amore, è crocifisso. «Come Adamo ed Eva — rivelò la SS. Vergine a santa Brigida — hanno venduto il mondo, per un frutto, così il mio diletto Figlio ha voluto che io cooperassi con Lui, a riscattarlo, quasi con un sol cuore». Infatti, dice S. Bernardo: «Maria è martire, per l'immenso strazio del cuore».

«O Voi, che passate, fermatevi e considerate se vi è un dolore simile al mio dolore!» (Lam 1,12). Pensiamo che Maria è la Madre di Gesù e come tale vive nel suo cuore i dolori che straziano il corpo santissimo del Figlio. I chiodi che trafiggono i polsi e i piedi spezzando i tendini e mettendo a nudo i nervi, le membra piagate e contorte, le ossa slogate, la febbre ardente che gli inaridisce le fauci, la lancia che gli spezza il costato, l'onta degli scherni e della maledizione di tutti, l'abbandono del Padre, tutto ella prova. Maria è crocifissa con Gesù. Nessun dolore più amaro, perché nessun Figlio più caro del suo.

Maria è però anche madre nostra. È proprio sul Calvario che ella si sente proclamata solennemente madre di tutti, madre di quei medesimi peccatori che fanno strazio del suo Figliuolo, di tanti, ingrati, che nonostante il suo amore materno continueranno a offendere Iddio ed a costruirsi con le loro stesse mani l'irreparabile rovina. Quale cambio doloroso per Lei: invece di Gesù, dei poveri uomini saranno i suoi figli. Davanti al novello Adamo che dà la nuova vita all'umanità, Maria sente di essere la novella Eva, madre dei nuovi viventi, e nel dolore accetta di divenire la nostra madre!

Davanti a Gesù in croce e alla Madre dei dolori chi oserà chiedere a Dio: perché io debbo soffrire? perché il dolore sulla terra? Ogni calvario è redentore; ogni sofferenza purifica ed eleva. Soffriamo per la salvezza nostra e per la salvezza altrui. Perdoniamoci di cuore se vogliamo che Dio perdoni noi. Non turbiamoci se molti abbandonano Gesù e ripetiamogli, con entusiasmo: noi ti saremo sempre fedeli.

Nelle pene che intrecciano la nostra vita non dimentichiamo di avere una Madre che ci ama, ci compatisce, ci perdona e ci protegge.

PRIMO MISTERO GLORIOSO

La Risurrezione di Gesù

Due passioni: l'odio e la paura vegliavano al sepolcro di Gesù. Chiuso con una grossa pietra, sigillato, il sacro avello era custodito da soldati che vi alternavano la guardia. Povera saggezza umana! Dopo la notte dell'umiliazione doveva spuntare l'alba del trionfo.

L'aveva predetta il salmista: «Non permetterai che il tuo Santo veda la corruzione». L'aveva preannunziata Gesù: «Distruggete questo tempio mortale e in tre giorni lo riedificherò» (Gv 2,19). È risorto, vincitore dell'odio dei suoi nemici, vincitore del peccato, e la sua risurrezione è divenuta il fondamento della nostra fede, la causa della nostra giustificazione e ci ha aperto le sorgenti della vita.

Regina coeli, laetare, alleluia! Rallegrati, o Cuore dolcissimo di Maria! la gloria del Figlio è gloria della Madre. Unita al Figlio nella sua passione, Maria partecipa intimamente al suo trionfo e per Lei certamente fu la prima apparizione di Gesù Risorto. Il primo desiderio di un Figlio, non è forse quello di condividere con la Madre la gioia d'una grande vittoria? Ora la Vergine Santissima esulta, perché il peccato è stato finalmente debellato e le anime riscattate alla dignità di figlie di Dio.

Il trionfo della Risurrezione di Gesù deve esser il nostro trionfo, gloria della nostra fede. «La vittoria che trionfa nel mondo è la nostra fede!» dice S. Giovanni (1Gv 5,4). Risorgeremo anche noi un giorno, come Gesù, perché egli è Vita per i suoi seguaci. Ma come Gesù toccò il trionfo della Risurrezione attraverso l'umiliazione, la passione e la morte, anche noi dovremo soffrire; per trionfare, dovremo morire al peccato, alle lusinghe del mondo, per poter vivere di Cristo. Portiamo nel nostro corpo la «mortificazione di Gesù», viviamo una «vita nuova», «rivestiamoci dell'uomo novello, creato secondo Gesù Cristo» (Rm 6,4) come ci esorta S. Paolo, e ci arriderà la certezza della vittoria. Tutti dobbiamo essere dei vittoriosi nelle battaglie della vita; ed allora trionferemo con Gesù, nella gloria dell'eterna risurrezione: «Se però soffriremo con lui, da essere con lui glorificati...» (Rm 8,17).

SECONDO MISTERO GLORIOSO

L'Ascensione di Gesù al Cielo

A capo dello stuolo osannante degli eletti, sua gloriosa conquista, liberati dal Limbo, Gesù fa il suo ingresso trionfale nel cielo.

«Padre, glorifica il Figliuol tuo, affinché egli ti glorifichi!» aveva pregato Gesù (Gv 17,1). Ora Egli trasvola oltre tutti i cieli, siede alla destra del Padre, Re dei tempi e Giudice delle anime, Mediatore unico, sorgente di benedizione, di vita, di grazia.

È l'ora del trionfo di Gesù. Dopo aver compiuto con suprema fedeltà la volontà del Padre, dopo esser disceso negli abissi insondabili del dolore e dell'obbrobrio, riscattando il mondo, sgominando le potenze dell'inferno, la sua Umanità santissima è chiamata al premio, a gustare gli splendori, la beatitudine e la potenza di una eterna esaltazione.

Maria esulta, pur nella tristezza del distacco. Oltre il velo di nubi che ha rapito ai suoi occhi mortali Gesù, l'anima estatica contempla, al di sopra di tutte le schiere angeliche, il Re della gloria che prende possesso del suo regno.

Anche noi dobbiamo esultare nel trionfo di Gesù: «Se voi mi amate, vi rallegrerete che io vada al Padre» (Gv 14,28). Quanti amano Gesù, provano una gioia profonda ed intensa contemplando il mistero della sua Ascensione, nel ringraziare il Padre di avergli dato una tale gloria. Rallegriamoci, perché il trionfo di Gesù è pure nostro. La gloria del Capo legittima la speranza delle membra: il Capo è Gesù e le membra siamo noi. Anche per noi è serbata l'apoteosi del premio. Questa gioiosa speranza ci darà sempre nuovo slancio a camminare per la via dei comandamenti del Signore, senza fermarci alle piccole gioie, alle cose caduche di quaggiù. Serbiamo il nostro cuore libero da attaccamenti terreni; serbiamo una incrollabile fiducia, guardando al cielo. Lassù è il nostro destino, la nostra patria. Gesù è andato a prepararci il posto. Egli non vuole essere solo nel suo trionfo: «Padre, io voglio che dove sono io sian pure con me quelli che mi affidasti...» (Gv 17,24).

TERZO MISTERO GLORIOSO

La Discesa dello Spirito Santo

In mezzo agli apostoli, rapita nella più ardente supplica, stava la Vergine santissima, Regina degli apostoli. Nel suo cuore di Sposa in attesa dello Sposo divino, si alternavano la gioia e l'ansia, il desiderio e l'amore per Iddio e per le anime, che il Signore, sulla croce, le aveva affidato. Ella implorava agli apostoli quel dono sovrumano di zelo con cui lo Spirito Santo arse le loro anime, facendone delle fiaccole viventi, per infiammare e convertire il mondo.

E lo Spirito Santo discese su di loro: lo Spirito che è la carità che illumina, fortifica, infiamma, la carità che unisce il Verbo con il Padre, Iddio alle creature e le creature a Dio.

La Vergine santissima fu piena della grazia dello Spirito Santo fin dal momento della sua immacolata concezione: ma questa pienezza, per un prodigio divino, pur sempre traboccante, andò sempre crescendo nel suo cuore, fino a consumarlo nell'unione più perfetta con questo divino Spirito.

Anche noi abbiamo ricevuto lo Spirito Santo nel battesimo, siamo stati confermati in Lui, nel sacramento della cresima; l'anima nostra è un tabernacolo vivo, e il corpo un tempio consacrato del divino Spirito, quando conserviamo e alimentiamo in noi la grazia del Signore. «Io ho trovato il cielo sulla terra — diceva un'anima santa — perché il cielo è Dio e Dio l'ho nell'anima». È vero; insieme con lo Spirito Santo è tutta la Santissima Trinità che vive in noi, per lo stato di grazia. Supplichiamo il Cuore Immacolato di Maria che ci conceda di non aver mai la disgrazia di cader nel peccato, per non cacciar Iddio dall'anima nostra, per non profanare questo tempio dello Spirito Santo che è il nostro corpo: anzi procuriamo di accrescere senza posa in noi la grazia, con la frequenza ai sacramenti e con la corrispondenza alle ispirazioni di Dio.

Imploriamo dalla Vergine SS. i doni dello Spirito Santo: sapienza, consiglio, fortezza, pietà, timor di Dio. Chiediamo trasporto per la virtù, zelo per la salute eterna dei nostri cari, amore tenero e forte per Iddio e una devozione soda, ardente e riparatrice al suo Cuore.

QUARTO MISTERO GLORIOSO

L'Assunzione

Come la risurrezione di Gesù fu il compimento glorioso della sua vita mortale, della missione e della prova, così l'assunzione della Vergine fu la palma dopo il martirio, la corona dopo il trionfo.

Il Signore premierà ora la sua diletta Sposa, la tenerissima sua Madre. Virtù impareggiabili, dolori ineffabili, rassegnazione perfetta, operosità amorosa hanno tessuto la sua corona, veramente d'oro e tempestata di gemme. E la fine della sua giornata terrena non è una morte dolorosa, ma un intenso atto di amore che scinde, in un supremo palpito, l'involucro terreno; un transito beato che compie l'anelito insaziabile di quel Cuore Immacolato, il quale dopo l'ascensione di Gesù al cielo andò sempre consumandosi di desiderio e di struggente amore per il suo Figliuolo diletto.

La morte è vita, quando la vita è passata amando, beneficando, pregando.

Gli apostoli si recano al sepolcro che aveva accolto il corpo virgineo della Madre di Dio... Un olezzo di fiori celestiali, un'onda di arcana luce suprema annunziano che qualcosa di divino s'è compiuto là dentro.

E intanto si indovinano gli inni melodiosi di cui risuona il soggiorno degli eletti. Quanto sono belli i tuoi passi, o figlia del Re eterno, o dolce fanciulla di Iesse, che trasvoli di coro in coro, di luce in luce, fino al centro di ogni bellezza, di ogni bontà!

Ripensiamo a quel transito soavissimo, alla gloriosa incorruzione di quel corpo verginale, a quella trionfale assunzione fra il coro tripudiante degli angeli, al suo ingresso in cielo, nel giubilo di tutto il Paradiso. Quel trionfo se lo è meritato, come anche noi possiamo meritarci quaggiù il nostro trionfo nel cielo. Com'è consolante giungere alle soglie della vita eterna, con le mani piene di meriti, l'anima ricca di grazie e di opere buone, il cuore traboccante di amor di Dio.

O Cuore Immacolato di Maria, ottienimi una morte santa, come hai promesso a quanti praticheranno i tuoi Sabati. Assistimi in quell'ora estrema, difendimi contro i nemici dell'anima mia. Dammi ora slancio nel bene, fedeltà alla legge del Signore e ai miei doveri cristiani, odio al peccato, amore alla preghiera, finché dura la mia giornata terrena, ed accogli poi, nel seno della tua misericordia, il mio spirito in pace. Ottienimi coraggio e vigore davanti al sacrificio e alla tribolazione, e soprattutto il dono della santa perseveranza.

QUINTO MISTERO GLORIOSO

L'Incoronazione di Maria Vergine

«Vieni dal Libano, o mia sposa, vieni dal Libano: vieni e sarai coronata» (Ct 4,8).

Così lo Spirito Santo andava sussurrando al cuore di Maria, finché l'invito si tradusse in palpitante realtà. Ma l'ultimo mistero di predilezione nella vita della Vergine non si svolge sulla terra. Lassù, nel cielo dei cieli, fra il tripudio degli angeli e dei santi, nella luce folgorante di Dio, Maria viene incoronata dalla SS. Trinità, Regina del cielo e della terra, mediatrice universale di grazie presso il trono di Dio, dispensatrice dei divini tesori, madre tenerissima e guida di tutte le anime.

L'umile ancella che ha vissuto nel nascondimento, poveramente, operosamente, nella dedizione, in continua preghiera è ora esaltata dal «giusto Giudice» al di sopra di ogni grandezza celeste dopo Dio, oltre ogni potenza creata, e Iddio stesso si piega alla preghiera amorosa di Lei.

La Madre dolorosa che visse intrepidamente nell'anima la Passione del Figlio è ora saziata alla stessa sorgente di beatitudine di Gesù. L'affetto del suo Cuore Immacolato, tenerissimo, umile e adorante, è ora trasumanato, naufrago nell'oceano dell'Amore senza fine.

Maria corrispose con assoluta fedeltà ai disegni della Provvidenza con il suo immutabile fiat, e Dio la investe di un potere sovrano a cui sottostanno i santi del cielo, le anime sofferenti del Purgatorio, i fedeli militanti sulla terra.

Ella visse di fede, fermamente credendo alle verità rivelate, anche fra le fitte tenebre delle persecuzioni e delle apparenti delusioni cui furono soggette la vita e l'opera di Gesù, e Dio le svela il suo volto e l'ammette ai segreti della visione beatifica, nel più alto grado possibile ad una creatura.

Anche noi, figli di Maria, esultiamo della gloria e della potenza toccata in sorte alla Madre nostra. «Ricordati anche della gioia che io godo in cielo», rammentava un giorno la Vergine apparendo a S. Tommaso di Canterbury. Consideriamo spesso i trionfi di Maria SS., e siamo pronti a ricorrere in ogni occasione al suo patrocinio potentissimo.

Il nostro paradiso in terra sia nel meditare i gaudi, i dolori e le grandezze di Maria, madre nostra; sia nell'amarla teneramente e incondizionatamente. La devozione alla Vergine SS. è pegno di salvezza; saperla pregare è segno di predestinazione, amarla sia la nostra felicità.

Ma l'amore è conforto; è ammenda d'onore, è riparazione al cuore della nostra Madre, per gli oltraggi che Lei riceve direttamente, per le orribili bestemmie lanciate al suo nome ed alle sue virtù santissime e per le offese fatte al suo divin Figliuolo, che si ripercuotono, con strazio indicibile, nel suo cuore materno. Sacrifichiamoci, nell'abnegazione del nostro dovere, perseverando, sino alla fine, e non cessiamo d'implorare dal Cuore Immacolato di Maria che ci sia in vita e in morte rifugio sicuro, e via per andare a Dio.