ROSARIO

Breve storia del Rosario

Nuovo Dizionario di Mariologia

I. Storia del rosario

«Il rosario o salterio della beatissima vergine Maria è un modo piissimo di orazione e di preghiera a Dio, modo facile alla portata di tutti, che consiste nel lodare la stessa beatissima Vergine ripetendo il saluto angelico, per centocinquanta volte, quanti sono i salmi del salterio di David, interponendo ad ogni decina la preghiera del Signore, con determinate meditazioni illustranti l'intera vita del Signore nostro Gesù Cristo». Riproponiamo la definizione di Pio V, come punto di partenza della presente trattazione e come punto di riferimento, sembrandoci essa contenere in mirabile sintesi l'essenza e la configurazione del rosario stesso. La bolla Consueverunt è una pietra miliare nella complessa storia di questa devozione, segna una tappa fondamentale. In effetti la storia del rosario non nasce con essa, ma vi trova una specie di consacrazione ufficiale e vi viene fissata nelle forme che sostanzialmente sono quelle contemporanee a noi. I momenti storici dello sviluppo del rosario si possono comprendere nell'arco fra i sec. XII e XVI. All'inizio del sec. XII si diffonde in occidente la pratica della recita dell'Ave Maria. Certamente il saluto angelico era conosciuto nella cristianità prima di questo secolo: esso è contenuto nel vangelo, costituiva fino al sec. VII l'antifona offertoriale della quarta domenica d'avvento, domenica che aveva una particolare accentuazione mariana, ma si vuole qui cogliere la novità della ripetizione devota dell'Ave, analoga alla coeva litanica ripetizione dei Pater, per 150 volte, in contrappunto col salterio davidico. Questi salteri, dei Pater o delle Ave, erano nei monasteri sostitutivi del salterio biblico per i monaci illetterati. L'Ave Maria era conosciuta e recitata solo nella sua prima parte evangelica contenente il saluto dell'angelo e la benedizione di Elisabetta. Il nome di Gesù e l'Amen finale verranno introdotti solo verso la fine del sec. XV, quando, nel 1483, si diffonderà l'uso del recitare il "Santa Maria". Va ancora ricordato come particolare interessante per la storia del rosario che il salterio dei Pater era suddiviso presso i monaci conversi e laici devoti in tre cinquantine e veniva recitato a scadenze diurne a modo di liturgia delle ore. Pio V lo prescrisse con la pubblicazione del breviario nel 1586, e successivamente entrò nel rosario il "Santa Maria", sebbene con qualche eccezione.

Fu nel sec. XIV che il certosino Enrico di Kalkar operò un'ulteriore suddivisione nel salterio delle Ave, dividendolo in 15 unità, vale a dire in 15 decine, inserendo tra decina e decina la recita del Pater. Circa nel medesimo periodo prenderà un crescente credito la leggenda dell'istituzione del rosario da parte di s. Domenico, leggenda diffusa soprattutto da Alano de la Roche O.P. Tale leggenda non si può accettare nella sua assolutezza, tuttavia non può essere totalmente un falso storico. Il salterio mariano — come abbiamo visto — è documentato prima di s. Domenico (1170-1221), ma certamente s. Domenico e i suoi frati predicatori usarono di questa forma popolare di preghiera. Si pensi solo alle confraternite mariane fondate da s. Pietro da Verona, discepolo di s. Domenico, e all'influsso che ebbero queste fraternite nella divulgazione della devozione alla vergine Maria.

La semplice litanica ripetizione delle Ave e dei Pater non comportava ancora la meditazione dei misteri. Il primo documento che testimonia il tentativo di coniugare la recita delle Ave con la meditazione dei misteri evangelici principali risale al sec. XV. Negli anni tra il 1410 e il 1439 Domenico di Prussia, certosino di Colonia, proporrà ai fedeli una forma di salterio mariano, nel quale il numero delle Ave era ridotto a 50, ma a ciascuna di esse era aggiunto un riferimento verbale ed esplicito ad un avvenimento evangelico, a modo di clausola o ritornello mnemonico che chiudeva la stessa Ave Maria. Di queste clausole, formalizzate da Domenico di Prussia, 14 riguardavano la vita nascosta pre-apostolica di Cristo, 6 di esse la sua vita pubblica, 24 la sua passione e morte e le restanti 6 la glorificazione di Cristo e di Maria sua madre. A Domenico di Prussia si deve riconoscere l'avvio di quella forma rinnovata di salterio mariano che sfocerà nel rosario modernamente inteso. L'esempio del certosino di Colonia ebbe molti continuatori ed ebbe largo seguito. Il sec. XV vide proliferare molti salteri di questo genere. Le clausole riferentisi al vangelo raggiunsero numeri altissimi, come 300, variando da zona a zona, secondo le devozioni che maggiormente si volevano accentuare. Contemporaneo di Domenico di Prussia, il già citato domenicano Alano de la Roche (1428-1478) diffuse straordinariamente il salterio mariano che da questo tempo si comincerà a chiamare "rosario della beata vergine Maria", attraverso la predicazione e soprattutto attraverso le confraternite mariane da lui fondate. Il medesimo Alano de la Roche parlerà di rosario vecchio e rosario nuovo, volendo distinguere tra il semplice salterio delle Ave e il salterio incorporato nella meditazione dei misteri, proposti ordinatamente in una triplice partitura (incarnazione, passione e morte di Cristo, gloria di Cristo e di Maria).

Diffondendosi in mezzo al popolo, il rosario si semplificò poi ulteriormente, quando nel 1521 il domenicano Alberto da Castello ridusse questi misteri scegliendone 15 principali da proporre alla meditazione dei devoti del salterio mariano, concependo le relative clausole come semplici commenti al mistero o richiami mnemonici lungo la recita delle Ave.

Furono le forme esperite da Alano de la Roche e da Alberto da Castello che a poco a poco s'imposero sulle altre forme di salterio mariano. Nuove confraternite mariane sparse per tutta l'Europa adottarono e divulgarono questa devozione 'riformata'. I primi documenti pontifici sul rosario riguardavano prima di tutto la disciplina o l'encomio, privilegi, indulgenze, ecc. di queste stesse fraternite. Nel 1569 s. Pio V, con la bolla Consueverunt romani Pontifices, consacrò una forma di rosario giunto ad un momento aureo della sua evoluzione, che sostanzialmente è la forma in uso al giorno d'oggi.

Ma il rosario nel frattempo non è più retaggio e peculiarità di poche o molte confraternite mariane. Esso ormai si radica capillarmente in mezzo al popolo cristiano e diventa una forma universale di preghiera; pietà mariana e rosario si confonderanno e l'una troverà nell'altro la sua espressione orante più semplice e più ricca. Dalle più piccole parrocchie alle cattedrali, dai territori d'Europa ai territori di missione, esso raggiunge i confini della cristianità. L'epoca d'oro del rosario si estenderà fino a qualche decennio fa, quando una evoluzione critica del sentimento devozionale e, più in radice, una messa in discussione della devozione a Maria, segneranno nei confronti del rosario disaffezione e abbandono.

II. Magistero pontificio

L'"excursus" che offriamo sul magistero pontificio vuole essere non più che un sintetico sguardo, cercando di cogliere, più che l'elencazione dei documenti (d'altra parte vastissima), gli apporti originali del magistero in materia di rosario.

Di s. Pio V, proveniente dall'ordine domenicano e definito "primo papa del rosario", abbiamo già ricordato l'importante bolla Consueverunt. Ricordiamo ancora la bolla Salvatoris Domini (1572), occasionata dalla vittoria di Lepanto, che istituiva la festa liturgica a ricordo di tale vittoria. Il successore Gregorio XIII con la bolla Monet Apostolus (1573) istituì la festa solenne del rosario, inserendola nel calendario liturgico alla prima domenica di ottobre. La dottrina di Pio V si può sintetizzare: a. necessità della preghiera per superare difficoltà di guerre e altre calamità; b. il rosario inventato da s. Domenico è un mezzo semplice e alla portata di tutti; c. tale mezzo si è rivelato di grande efficacia contro le eresie e i pericoli per la fede e ha operato numerose conversioni; d. raccomanda la recita del rosario a tutto il popolo cristiano.

Da Gregorio XIII a Leone XIII sono numerosissimi i documenti pontifici riguardanti il rosario. La maggior parte di questi riguarda l'erezione di confraternite, la disciplina, i privilegi, ecc. Non sempre apportano elementi nuovi. La loro importanza risiede nel fatto che documentano una continuità di vedute da parte dei pontefici e una fiducia nel rosario come mezzo ecclesiale «pro Sedis Apostolicae et fidei catholicae exaltatione ac haeresum extirpatione, necnon pacis inter principes christianos conservatione», come si esprime, ad es., Clemente VIII nella bolla Salvatoris et Domini del 13.1.1593.

Pio IX invita alla recita del rosario con la lettera Egregiis suis (3.12.1869) per il buon esito del concilio Vat I. Leone XIII si può definire meritatamente papa del rosario al pari di Pio V. Portano la sua firma 12 lettere encicliche, 2 lettere apostoliche, che sviluppano con somma dottrina i temi del rosario. Nasce in questo periodo la pratica di consacrare il mese di ottobre a questa preghiera, «onorifico distintivo della cristiana pietà», «la più gradita delle preghiere»; inoltre il rosario «è come la tessera della nostra fede e il compendio del culto a lei (Vergine) dovuto».

Con acume Leone XIII vide nel rosario «una maniera facile per far penetrare ed inculcare negli animi i dogmi principali della fede cristiana». Riguardo ai mali della società, il papa della Rerum novarum incoraggia e invita a questa preghiera per superare l'avversione al sacrificio e alla sofferenza ponendo la propria fede e il proprio sguardo sulle sofferenze di Cristo; l'avversione alla vita umile e laboriosa si supera da parte del cristiano meditando sull'umiltà del Salvatore e di Maria; l'indifferenza verso i misteri della vita futura e l'attaccamento ai beni materiali si guariscono meditando e contemplando i misteri della gloria di Cristo, di Maria e dei santi. Leone XIII davvero non risparmiò voce e penna per elogiare ed incrementare il rosario. Tra documenti maggiori e minori si calcolano 22 interventi al riguardo.

Su di un tono minore sono gli interventi di Pio X e di Benedetto XV. Pio XI con l'enciclica Ingravescentibus malis (20.9.1937) invita a pregare nell'ora del pericolo che sovrasta il mondo la regina del cielo, soprattutto col rosario, che fra le preghiere alla Vergine «occupa il primo e principale posto» ed è inoltre validissimo strumento per suscitare le virtù evangeliche, per nutrire la fede cattolica, per ravvivare la speranza e la carità.

Pio XII scrisse sul rosario una enciclica e 8 lettere, senza contare i numerosissimi discorsi. Il rosario è «sintesi di tutto il vangelo, meditazione dei misteri del Signore, sacrificio vespertino, corona di rose, inno di lode, preghiera della famiglia, compendio di vita cristiana, pegno sicuro del favore celeste, presidio per l'attesa salvezza»; più solennemente nell'enciclica Ingruentium malorum (1951) afferma: «Benché non ci sia un unico modo di pregare per conseguire questo aiuto, tuttavia noi stimiamo che il santo rosario sia il mezzo più conveniente ed efficace: come del resto chiaramente dimostrano sia l'origine stessa, più divina che umana, di questa pratica, sia la sua intima natura... Non esitiamo ad affermare di nuovo pubblicamente che grande è la speranza che Noi riponiamo nel santo rosario per risanare i mali che affliggono i nostri tempi. Non con la forza, non con le armi, non con l'umana potenza, ma con l'aiuto divino ottenuto per mezzo di questa preghiera, forte come Davide con la sua fionda, la chiesa potrà affrontare impavida il nemico infernale...».

Giovanni XXIII onorò il rosario non solo come pontefice, ma in tutta la sua vita esso si rivela come una componente essenziale della sua spiritualità, secondo la rivelazione del Giornale dell'anima. Esplicò il suo magistero sul rosario a più riprese con encicliche e discorsi. Fra le prime ricordiamo la Grata recordatio (1959), in cui si raccomanda la devozione del mese di ottobre. In essa, dopo aver ricordato il magistero dei suoi predecessori, massimamente di Leone XIII, rinfresca la bella definizione di Pio V: «Il rosario, come è a tutti noto, è un modo eccellentissimo di preghiera meditata, costituito a guisa di mistica corona, in cui le orazioni del Pater noster, dell'Ave Maria e del Gloria s'intrecciano alla considerazione dei più alti misteri della nostra fede, per cui viene presentato alla mente come in tanti quadri il dramma dell'incarnazione e della redenzione di nostro Signore». Sempre di Giovanni XXIII la lettera apostolica Il religioso convegno (1961), trattazione toccante e paterna nei riguardi dei fedeli, che ripresenta con linguaggio nuovo il valore e l'efficacia del rosario, ed è una vera "summa" del rosario stesso.

Il Vat II, trattando del mistero di Maria, accennò alle pratiche di devozione verso di lei: «I figli della chiesa... abbiano in grande stima le pratiche e gli esercizi di pietà verso di lei, raccomandati lungo i secoli dal magistero della chiesa» (LG 67).

Paolo VI nell'enciclica Christi Matri espliciterà il testo del Vat II: «Il concilio ecumenico Vat II, sebbene non espressamente ma con chiara indicazione, ha infervorato l'animo di tutti i figli della chiesa per il rosario, raccomandando di stimare grandemente le pratiche e gli esercizi di pietà verso di lei, come sono state raccomandate dal magistero nel corso dei tempi». Nella stessa enciclica il papa ricorderà che il rosario è preghiera per ottenere la pace, presidio e alimento della fede. Sul rosario come preghiera per ottenere la pace Paolo VI ritornerà nell'esortazione apostolica Recurrens mensis october (1969): «Meditando i misteri del s. rosario noi impareremo, sull'esempio di Maria, a diventare anime di pace, attraverso il contatto amoroso e incessante con Gesù e coi misteri della sua vita redentrice». Questa grande preghiera "pubblica e universale" potrà essere detta «nella sua forma stabilita da s. Pio V» oppure «anche in quelle più recenti, che, col consenso della legittima autorità, lo adattano alle necessità odierne». Questo accenno a nuove forme di recitazione incoraggerà esperimenti nuovi di adattamento del rosario, secondo le esigenze della pastorale, esperienze che si esplicheranno in varie forme e sulle quali torneremo più avanti. Un'altra esortazione apostolica di Paolo VI tratterà diffusamente del rosario, cioè la Marialis cultus (1974). Vengono in essa ricordati gli elementi costitutivi essenziali di tale preghiera: a. la contemplazione di una serie di misteri della salvezza, distribuiti sapientemente in tre cicli; b. l'orazione del Signore o Padre nostro, che per il suo immenso valore è alla base della preghiera cristiana; c. la successione litanica delle Ave Maria nel numero fissato dalla tradizione; d. la dossologia Gloria al Padre che chiude questa devozione con la glorificazione del Dio uno e trino. Al tempo stesso il rosario è preghiera che implora, lirica e laudativa, adorante in forza dei suoi elementi costitutivi. Il rosario, poi dà origine ad esercizi di pietà ed ispira formulazioni nuove di preghiera come "celebrazioni della parola" in cui vengono svolte in maniera omiletica e meditativa più diffusa alcune sue parti.

Altri interventi si sono avuti nel magistero ordinario di Giovanni Paolo I e Giovanni Paolo II.

Il breve "excursus" fatto lascia impressionati per il numero degli interventi, per la varietà, per la costanza, e questo nell'arco di molti pontificati che vanno da Pio V a Giovanni Paolo II. Tutto ciò ci rivela una tradizione ininterrotta e il sentire continuo del magistero in materia.

(Nonostante l'età e la malattia, Giovanni Paolo II nell'ottobre 2002 prende l'iniziativa della proclamazione dell'anno del rosario [ottobre 2002-2003] e nella lettera apostolica Rosarium Virginis Mariae offre preziosi orientamenti per rinnovare il rosario e dedicarlo alla grande causa della pace [Maria. Nuovissimo Dizionario]).

III. Contenuti teologici

Diversi autori hanno esaltato il carattere teologale del rosario (Sertillanges, Guardini, Garrigou-Lagrange, Schillebeeckx, Suenens, ecc.) ed effettivamente esso è una preghiera talmente legata alla fede nell'incarnazione che può dirsi nasca da essa, tanto da far esclamare a Newman: «Il rosario è il credo fatto preghiera». Gli elementi teologici su cui è fondato il rosario sono:

1. Preghiera evangelica

Dal vangelo vengono desunte sia le preghiere, sia la formulazione dei misteri: il Padre nostro, preghiera insegnata da Gesù; l'Ave Maria, che combina il saluto dell'angelo con l'elogio di Elisabetta; il Gloria al Padre, che è lo sviluppo della formula trinitaria pronunciata da Gesù quando inviò i discepoli nel mondo (Mt 28,19); il contenuto dei misteri, che in sintesi ci presenta le tappe fondamentali del mistero di Cristo, incarnazione, passione e gloria. Sono questi gli stessi tre elementi che s. Paolo sviluppa nella lettera ai Filippesi (Fil 2,5-11). Visti e sentiti con e attraverso Maria, essi divengono i misteri gaudiosi, dolorosi e gloriosi e compongono la fisionomia inconfondibile del rosario aiutando il fedele alla conservazione e promozione della fede. Soltanto due misteri, il 4º e il 5º gloriosi, non sono documentati dalla Scrittura, ma da essa traggono l'ispirazione: l'assunzione di Maria è la rappresentazione della salita al cielo non solo di lei ma di tutti i redenti che già nella vita terrena vi salgono con la speranza e la preghiera; la glorificazione di Maria e dei santi, mistero centrale a tutta la rivelazione perché compito primo della predicazione di Cristo. Vi si parla di gloria nel regno per quanti hanno ascoltato e messo in pratica l'insegnamento del Signore. Maria è come nel cenacolo al centro della chiesa trionfante.

2. Preghiera cristocentrica

«L'interminabile lode che il rosario a lei (Maria) tributa ha il suo fondamento in Gesù, a cui ogni lode termina. Le lodi rivolte a lei vogliono soltanto proclamare e difendere con ogni severità la fede in Gesù come Dio e come uomo. Ogni Ave detta in sua eterna memoria ci ricorda che c'è stato uno il quale, per quanto beato in eterno, non disdegnò, per amore dei peccatori, il corpo della Vergine». Lodando Maria, in effetti non si fa altro che proclamare ed annunciare in continuità la grazia per la quale ella è genitrice di Dio, in definitiva annunciare e proclamare l'incarnazione del Figlio di Dio. L'Ave Maria è lode incessante a Cristo, e Cristo rimane l'oggetto centrale del rosario perché nei misteri gaudiosi è pregato nella sua vita nascosta, in quelli dolorosi nella sua passione e morte, ed in quelli gloriosi nella sua esaltazione partecipata alla madre e alla chiesa.

3. Preghiera ecclesiale

La chiesa è il popolo dei chiamati alla salvezza mediante la fede in Gesù Cristo. Il rosario offre la conoscenza di Gesù Cristo ed il suo mistero di salvezza e ne sollecita da parte nostra l'adesione umile e grata. Nello sviluppo di questa preghiera la finalità rimane l'atto di fede che vissuto con Maria è segno più evidente di ecclesialità giacché «ella è congiunta nella stirpe di Adamo con tutti gli uomini bisognosi di salvezza, anzi è veramente la madre delle membra di Cristo, perché cooperò con la carità alla nascita dei fedeli nella chiesa, i quali di quel capo sono le membra» (LG 53).

IV. Valori spirituali

Ancorati sui motivi teologici precedenti risaltano i valori spirituali.

1. Preghiera semplice

Nella sua evoluzione storica il rosario è giunto ad una essenzialità che ne traduce la semplicità di struttura. Porta chi lo prega al centro stesso del mistero cristiano, ai dati fondamentali della fede, attraverso le preghiere più universalmente conosciute; Pater, Ave, Gloria. È la preghiera dei poveri, non solo perché è praticabile dagli umili ma soprattutto perché insegna l'itinerario verso la semplicità e povertà di spirito.

2. Preghiera contemplativa

Contemplazione non è la sola applicazione della nostra intelligenza su di un determinato argomento che fa riflettere, ma è la capacità di posare lo sguardo innamorato e riconoscente su tutto ciò che ci circonda in un atteggiamento di ascolto, di apertura e di assenso. Contempliamo il sorgere del sole, i fiori, le gioie e i drammi degli uomini... Il rosario è scuola di contemplazione perché ci abitua a guardare, di volta in volta, un episodio della vita del Salvatore in un atteggiamento che produce gioia, sofferenza ed esaltazione semplice e profonda che nutre il cuore e l'intelligenza.

3. Preghiera didascalica e catechetica

Oltre che preghiera è anche un metodo semplice e popolare di predicazione e di presentazione della fede stessa. È una forma privilegiata di pedagogia e di catechesi e, come tutte le opere ispirate, unisce all'assoluta semplicità e trasparenza il valore enorme della riproposizione del kérygma che viene donato come unica salvezza. È un predicare che sollecita l'assenso dell'uomo come l'annuncio dell'angelo sollecitò l'assenso di Maria. Guida l'animo verso l'assimilazione dei misteri e delle verità evangeliche di cui è pregno.

4. Preghiera che rispetta i ritmi della vita

La ripetizione delle Ave per alcuni è un ostacolo, ma forse più immaginario che reale. Il ripetersi delle Ave è come una lunga Ave Maria che si espande all'infinito, una lode senza fine che continueremo oltre l'ora della nostra morte nella patria beata. Il ritmo vuole intrattenerci con Dio, quasi regolarne il colloquio con il compito di rendere il movimento interiore più calmo, più ordinato, più pieno. Tende a curare un'intima unione con la Vergine per penetrare con lei il mistero di Cristo, invitando a imitare lei, come lei, a sua volta, fu imitatrice di Cristo. Tutto ciò non è visto in senso sentimentale ma funzionale. Sono ripetizioni di un atto d'amore: Ave, Ave, Ave... che si prolunga e trova respiro in una contemplazione che si fa gioia e cibo dell'anima affamata ed assetata di salvezza vera e non relativa. Rappresenta ancora una trasfigurazione della vita cristiana nei suoi ritmi di gioia, di sofferenza e di gloria. Ripropone cioè la vocazione, la lotta, il sacrificio, la vittoria... evangelicamente intesi. L'anima che pratica sapientemente il rosario rigenera il tessuto dell'esistenza alla luce della vita di Cristo e di Maria.

5. Preghiera creativa

Ci porta continuamente a mettere in relazione, a verificare i nostri sentimenti sui sentimenti di Cristo, il nostro agire sul suo agire, il nostro pensare sul pensare di lui, Signore della vita e maestro dell'esistenza. In questo continuo confronto cadono le scorie della vita e si attua una purificazione che rende disponibili alla volontà di Dio. È forse un caso che i grandi missionari e gli artefici di profonde riforme nella chiesa erano persone che pregavano con il rosario (Cottolengo, don Bosco, don Orione, papa Giovanni XXIII, ecc.)?

6. Preghiera che introduce alla liturgia

Esiste tra liturgia e rosario uno stretto nesso: come la liturgia, ha indole comunitaria, si nutre della s. Scrittura, gravita intorno al mistero di Cristo. Anamnesi della liturgia e memoria contemplativa del rosario hanno per oggetto il medesimo mistero salvifico di Cristo. Il rosario partecipa del "sacrificium laudis" alla Trinità.

V. Attuale situazione dottrinale e devozionale

Il rinnovamento della mariologia causato dal risveglio delle scienze bibliche, della patristica e dell'ecclesiologia ha portato alla cristianità una grande ricchezza, ma, nel campo devozionale, anche un travaglio di gestazione che non mancherà di dare i suoi frutti. Oggettivamente tutto ciò può solo, nel nostro caso, sfociare nella riscoperta della figura di Maria come tipo ideale del cristiano. Questi movimenti di rinnovamento hanno conosciuto una loro dialettica che ha caratterizzato il post-concilio. Il diffuso bisogno di contrapposizione e di distinzione dovrebbe essere la premessa per giungere ad un momento successivo di sintesi e di unione.

Il movimento biblico riportando la parola di Dio al suo giusto primato, aiuta a vedere in Maria la benedetta "perché ha creduto"; non solo rivela la funzione provvidenziale della madre del Signore nel piano della salvezza, la sua vocazione, ma ci presenta colei che per prima riceve ed incarna il dono del vangelo. Nel rosario si è continuamente chiamati all'ascolto della parola e alla contemplazione delle "magnalia Dei" per noi.

Il movimento patristico ha rimesso in primo piano il tema dell'incarnazione, tema che è il motivo dominante del rosario.

Il movimento ecclesiologico ponendo Maria nel cuore della chiesa, "immagine e modello", ne ha messo in luce la sua funzione insostituibile. Il rosario è scuola con Maria, perché con lei si apprende e si vive il mistero della salvezza.

Il movimento liturgico ha ricondotto la devozione ad una coerenza e ad una relazione essenziali coi misteri di Cristo. Il rosario è un pio esercizio che si accorda fedelmente con la sacra liturgia: «La pratica devozionale che, meglio di tutte le altre, può essere rigenerata e riconsiderata alla luce della liturgia è certamente il rosario. La sua semplicità, la sua atmosfera di pura ed evangelica contemplazione... fanno del rosario una via facile per estendere la contemplazione liturgica attraverso tutta la vita quotidiana».

Lentamente cadono i pregiudizi verso le devozioni in genere ed il rosario in particolare, mentre si conquista un momento di maggiore lucidità ed obiettività nei riguardi di esso. Per certi aspetti, questo ci chiarisce la 'crisi' subita dal rosario. Anch'esso non è stato risparmiato dai fermenti di questi ultimi tempi così come non sono state risparmiate la preghiera comunitaria e privata. Comunità cristiane tradizionalmente affezionate al rosario (Irlanda, Italia, America Latina, Spagna, ecc.) hanno subito questa crisi. Alle origini, molteplici sono le cause che possiamo raggruppare sotto due specificazioni: la crisi della preghiera devozionale, acuita dalla secolarizzazione e dai nuovi umanesimi ideologizzanti, e la crisi del culto mariano che è il contesto vitale e naturale del rosario. La crisi ha colpito ancora il rosario nella sua struttura di preghiera mentale e vocale, nella difficoltà di contemplazione e nel rifiuto della ripetizione litanica accusata di essere meccanismo senza anima. Queste difficoltà hanno una loro serietà e non si può ad esse rispondere con ovvi luoghi comuni. A due diversi livelli va decifrata questa crisi: l'uno più radicale (crisi della preghiera in assoluto), l'altro, che potremmo definire più specifico, porta a vedere nel rosario una preghiera meccanica, arida, non viva. Per quanto riguarda il primo aspetto, basti dire che non sarà una riforma del rosario che porterà la soluzione; mentre i tentativi di aggiornamento vogliono invece ovviare alle difficoltà psicologiche e reali avvertite nei confronti del rosario da persone che ancora amano pregare.

VI. Rinnovamento del rosario

In vari luoghi, a fianco della recita tradizionale e sollecitati da preoccupazioni pastorali, hanno preso avvio altre forme di rosario con la finalità precisa di privilegiare ed esplicitare determinate potenzialità del rosario stesso; ad es., in queste nuove forme è stata sviluppata l'enunciazione biblica del mistero accompagnata da un'appropriata lettura scritturistica. La recita dell'Ave Maria viene abbreviata nella sua parte biblica, mentre il "Santa Maria" è posto alla fine della decina a modo di conclusione. Questo rimando della seconda parte dell'Ave pone maggiormente in risalto la bella implorazione mariana che esprime la pietà della chiesa verso la Vergine ed è l'invocazione del credente che ha contemplato nella parte litanica il mistero. Vengono quindi riassunte le clausole mnemoniche, già sperimentate da fra Alberto da Castello, e riassunte le intenzioni di preghiera con opportuni spazi di silenzio (il silenzio è necessario che venga rivalorizzato non solo nella liturgia ma anche nel rosario). Il Pater e il Gloria possono essere cantati ravvivando così la coralità della preghiera. In questa nuova forma non si intacca l'intima essenza del rosario, ma si vuole allargarne la visuale contemplativa.

Altra forma di rinnovamento è quella della "celebrazione del rosario", recita paraliturgica «che, pur non essendo vera e propria liturgia, trae però ispirazioni da essa ed è ordinata ad essa, cioè a preparare il cuore dei fedeli ad una partecipazione più personale e viva ai vari tempi liturgici ed a prolungarne interiormente gli effetti». Sotto questa forma risulta trasparente il ruolo di aiuto che il rosario può svolgere in preparazione ai cicli liturgici dell'avvento-natale, quaresima-pasqua e pentecoste. Queste forme si stanno diffondendo, ma ci si trova ancora ad una fase di sperimentazione. Difficile prevedere il cammino futuro, tuttavia esse hanno ricevuto autorevole approvazione nella MC 51. Si sono avute anche sperimentazioni che hanno, a nostro avviso, compromesso lo spirito di questa preghiera o con la soppressione completa dell'elemento litanico o con uno sproporzionato sviluppo della parte omiletico-scritturistica o con una discutibile proliferazione di misteri. Tali tentativi ci sembrano dirottare dallo spirito del rosario stesso, come si è venuto configurando attraverso un lunghissimo processo storico.