Ottobre 1. Al giusto non viene imposta la legge, perché è
proprio lui legge a se stesso. Ha infatti
la carità, vive sottomesso alla ragione e
quindi va dove vuole e fa ciò che vuole.
2. Secondo l'Apocalisse di Giovanni, a ogni
singola chiesa presiede in generale un
angelo, il quale, o viene encomiato per il
buon comportamento del popolo, oppure
viene interrogato sui delitti che sono stati commessi.
Questo fatto mi induce all'ammirazione
dello stupendo mistero, che ci sia in Dio tanta
sollecitudine nei nostri riguardi da permettere
che anche i suoi angeli siano interrogati e anche
rimproverati per noi (cf. Ap 1,20-3,22).
Avviene infatti come quando si affida un fanciullo
a un educatore: se risulta istruito in materie
meno convenienti ne viene incolpato l'educatore,
a meno che il fanciullo, testardo,
protervo e insolente, non abbia disprezzato le
salutari ammonizioni dell'educatore. Dio ha
maggior sollecitudine della salvezza di un'anima,
che il diavolo della sua dannazione.
3. Dice il salmo:
"È impressa su di noi, Signore,
la luce del tuo volto" (Sal 4,7). Per
volto di Dio s'intende la nostra ragione, perché
come attraverso il volto uno viene riconosciuto,
così per mezzo dello specchio della ragione si conosce Dio.
4. In cielo c'erano tutti i beni, e in grande
abbondanza: mancava solo la povertà. Invece
sulla terra questa "merce" c'era in grande
abbondanza, ma l'uomo ignorava il suo valore.
Allora venne il Figlio di Dio a cercarla, per
renderla preziosa con il suo apprezzamento...
Gli uccelli hanno il loro nido, le volpi hanno
la loro tana, ma il Figlio dell'uomo non ha un
luogo dove posare il capo... Ebbe solo la croce,
sulla quale, chinato il capo, spirò (cf. Gv 19,30).
5. Il genere umano ha qualcosa in comune
con tutte le creature, con gli angeli, con
gli animali, con le piante, con le pietre, con il
fuoco e con l'acqua, con il caldo e con il freddo,
con l'umido e con il secco: perciò l'uomo
è chiamato microcosmo, cioè un mondo in
piccolo. Quando l'apostolo, obbedendo al comando
del Signore, annuncia la buona novella
all'uomo, l'annuncia praticamente anche a
tutta la creazione.
6. Dall'inizio alla fine della sua vita, l'uomo
è sempre in movimento e mai riposa finché
non arriva al suo "luogo", cioè a Dio. Dice
infatti Agostino: "Inquieto è il nostro cuore, o
Signore, finché non riposa in te". E il salmo
aggiunge: "Nella pace è il suo luogo" (Sal 75,3).
Il "luogo" dell'uomo è Dio: non ci sarà
mai pace se non in lui, e quindi a lui si deve tornare.
7. Dice la Storia naturale che l'ape genera
senza amplesso. L'ape di buona razza è
piccola, rotonda, solida e compatta. L'ape è la
più linda tra tutti i volatili: il cattivo odore la
disturba, quello buono l'attrae. Così la Vergine
Maria generò il Figlio di Dio senza carnale
congiungimento, perché lo Spirito Santo scese
su di lei e la potenza dell'Altissimo stese su di
lei la sua ombra (Lc 1,35). Questa buona ape
fu piccola per l'umiltà, rotonda, cioè perfetta,
per la contemplazione della gloria celeste, solida
per la carità - colei che per nove mesi portò
in grembo l'Amore non poteva essere senza
amore -, compatta per la povertà, più pura di
tutti per la verginità. Perciò il fetido odore della
lussuria - neanche a dirlo - le fa ribrezzo,
mentre la delizia il soave profumo della purezza e della castità.
8. A chi è amico di Dio viene manifestata
talvolta una certa luce nella coscienza,
una luce di interiore letizia, come un lume
che, rinchiuso tra le mani, si vede e si occulta
ad arbitrio di colui che lo tiene; e questo perché
l'animo s'infiammi per giungere al possesso
della luce eterna e all'eredità della piena visione di Dio.
9. La giustizia consiste nel rendere a ciascuno
il suo, e cioè noi dobbiamo rendere la
fede a Dio, la carità al prossimo e la pratica
della disciplina a noi stessi.
10. Senza Dio nulla possiamo fare o avere,
e senza di lui neppure conservare ciò che
abbiamo avuto. Perciò dopo la grazia è necessario
che il Signore sia con noi e custodisca e
conservi ciò che egli solo ha dato. Poiché ci
previene dandoci la sua grazia, nel conservarla
diventiamo suoi cooperatori: egli non veglia,
su di noi, se insieme con lui non vegliamo anche noi.
11. L'accumulo delle ricchezze non è altro
che amarezza, tribolazione e dolore. Il
fango accumulato in casa manda fetore; invece,
se è sparpagliato, rende feconda la terra.
Così le ricchezze, quando si accumulano, e soprattutto
se sono di provenienza furtiva,
emanano fetore di peccato e di morte. Se invece
vengono distribuite ai poveri e restituite ai
loro proprietari, rendono feconda la terra della
mente e la fanno fruttificare.
12. La lingua è viva quando parlano le opere.
Vi scongiuro: cessino le parole e parlino
le opere. Siamo pieni di parole, ma vuoti di
opere, e perciò siamo maledetti dal Signore,
perché egli ha maledetto il fico nel quale non
trovò frutti, ma solo foglie. Dice san Gregorio: "C'è una legge data al predicatore, che metta
in pratica ciò che predica. Inutilmente fa conoscere
la legge colui che con le opere, con la
sua vita, distrugge quanto ha insegnato".
13. La nostra anima deve seguire la povertà,
l'umiltà e la passione di Gesù Cristo: esse
ci parlano di lui e ci dicono quale è stata la sua
vita in questo mondo. E così l'anima diviene
sua sposa, con lui impegnata, a lui legata per
mezzo dell'anello di una fede perfetta.
14. Nella mano è raffigurata la grazia dello
Spirito Santo, che viene data come aiuto
e difesa ai fedeli, i quali ne vengono sostentati
e resi capaci di operare il bene.
15. La sapienza, così chiamata da
"sapore",
consiste nell'amore e nella contemplazione
di Dio, il quale sostiene il sapiente, cioè l'anima
che gusta il sapore dell'amore. La sapienza
appaga e sazia completamente, mentre
il piacere lascia il vuoto. La sapienza procura
dolcezza, il piacere lascia l'amarezza. Chi serve
la sapienza è libero, chi serve il piacere è un
misero schiavo.
16. Chi ha ricchezze di questo mondo, e
dopo aver trattenuto da esse ciò che gli è
necessario per il vitto e il vestito, vede che il
suo fratello, per il quale Cristo è morto, si trova
nel bisogno, deve dargli ciò che gli sopravanza.
E se non glielo dà, se chiude il suo
cuore di fronte al fratello che è nell'indigenza,
io affermo che pecca mortalmente, perché
non c'è in lui l'amore di Dio; se ci fosse
in lui questo amore, darebbe volentieri al suo fratello.
Guai perciò a coloro che hanno la cantina
piena di vino e il granaio pieno di frumento,
e che hanno due o tre paia di vestiti, mentre i
poveri di Cristo con il ventre vuoto e il corpo
seminudo gridano aiuto alla loro porta.
17. Il penitente è colui che, facendosi più vicino
a Dio con la contrizione del cuore e
fiducioso nella sua misericordia, fa sentire con
fiducia la parola della confessione alle orecchie
del suo confessore.
18. I penitenti devono fare come le api. Leggiamo
nella Storia naturale che quando la
loro regina (il Santo scrive "re") vola fuori dall'alveare,
volano via con lei e la circondano
tutte ammassate: la regina sta al centro e le
api tutte all'intorno. Così Gesù Cristo, nostro
re, è volato fino a noi, fuori dall'alveare, cioè
fuori dal seno del Padre. E noi, come buone
api, dobbiamo seguirlo e volare con lui; dobbiamo
metterlo al centro, cioè conservare nel
cuore la fede in lui e difenderla con la pratica
di tutte le virtù.
19. Siamo misericordiosi, imitando le gru,
delle quali si dice che, quando vogliono
arrivare a un dato luogo, volano altissime per
meglio individuare da un osservatorio più alto
il sito da raggiungere. Quella che conosce il
percorso precede lo stormo, ne scuote la fiacchezza
del volo, lo incita con la voce; e se la
prima perde la voce o diventa rauca, subito
ne subentra un'altra. Tutte si prendono cura
di quelle stanche, in modo che se qualcuna
viene meno, tutte si uniscono, sostengono
quelle stanche finché con il riposo ricuperano le forze.
Siamo dunque misericordiosi come le gru:
posti in un più alto osservatorio della vita,
preoccupiamoci per noi e per gli altri; facciamo
da guida a chi non conosce la strada; con la
voce della predicazione stimoliamo i pigri e
gli indolenti; diamo il cambio nella fatica, perché
senza alternare il riposo alla fatica non si
resiste a lungo; carichiamoci sulle spalle i deboli
e gli infermi, perché non vengano meno
lungo la via; siamo vigilanti nell'orazione e
nella contemplazione del Signore.
20. Preghiamo il Signore Gesù Cristo, che è
padre misericordioso, perché infonda in
noi la sua misericordia, affinché anche noi la
usiamo verso noi stessi e verso gli altri, non
giudicando mai nessuno, non condannando
mai nessuno, perdonando sempre a chi ci offende
e dando sempre noi stessi e le nostre cose
a chi ce le domanda.
21. Essendo l'uomo fragile per natura e incline
al peccato, e macchiandosi di peccati ogni giorno,
e avendo poi una memoria così
debole che a mala pena si ricorda alla sera di
ciò che ha fatto al mattino, perché - sventurato! - rimanda
la confessione di un anno? Anzi, perché la rimanda
anche di un sol giorno, se
non sa che cosa porterà il giorno seguente?
Oggi sei, domani forse non sarai. Vivi dunque
oggi, come se tu dovessi morire. Niente infatti
è più certo della morte, niente più incerto dell'ora
della morte.
22. Se vuoi rimproverare qualcuno, vedi prima
se tu non sia come lui. E se lo sei,
piangi insieme con lui, non pretendere che
egli ti obbedisca, ma comandagli e ammoniscilo
che insieme con te si sforzi di emendarsi.
Se invece non sei come lui, ricordati che forse
lo sei stato in passato o saresti potuto esserlo, e
quindi sii indulgente, e rimproveralo non
spinto dall'odio, ma dalla misericordia.
23. I rimproveri e le correzioni non si devono
fare se non raramente, quando sono assolutamente
necessari, e solo nell'interesse di
Dio, dopo però aver rimosso la trave dal proprio occhio.
24. Come il timone tiene la barca nella giusta
direzione e le impedisce di deviare, e in
esso è riposta la maggiore capacità di condurre
in porto la barca, così l'amore fraterno guida
la comunità dei fedeli affinché non devii, e la
conduce al porto della sicurezza: perché dov'è
carità e amore, lì c'è anche la comunità dei santi.
25. La veste dell'anima è la fede, che è una
veste d'oro se è illuminata dalla luce della
carità. Nella veste della fede che opera per
mezzo della carità ci devono essere tutti i quattro
elementi di cui è formato il mondo intero:
il fuoco della carità, l'aria della contemplazione,
l'acqua della compunzione e la terra dell'umiltà.
26. Ti preghiamo, Padre, che tu ci faccia alberi buoni,
che tu ci conceda di produrre
frutti degni di penitenza, di modo che, radicati
e fondati nella radice dell'umiltà, e liberati
dal fuoco eterno, meritiamo di poter cogliere
il frutto dell'eterna vita.
27. Quando duole il capo, anche tutte le altre
membra soffrono. Se si secca la radice,
si seccano anche i rami; se viene meno
l'esempio della vita e l'insegnamento della verità
da parte del prelato della chiesa, anche il
popolo si corrompe, perché vengono dimenticati
i giudizi di Dio e viene tradita la causa dei poveri.
28. La prudenza si riferisce alle cose umane,
invece la sapienza a quelle divine. Fanno
parte della prudenza la conoscenza degli affari
civili, l'arte militare, la conoscenza della terra,
l'arte della navigazione. Parimenti la prudenza
è la scienza (la conoscenza) sia delle cose buone
che di quelle cattive, e di essa fanno parte la
memoria, l'intelligenza e la previdenza.
29. La pace è la libertà nella tranquillità (Cicerone).
Pace viene da patto: prima si stabiliscono
i patti e poi si consegue la pace. Chi
stabilisce quaggiù il patto di riconciliazione
con il Signore, siederà poi in una pace meravigliosa
nel regno celeste.
30. Gesù Cristo è il sole che vivifica e illumina
tutto il creato con la potenza e lo
splendore della grazia spirituale: egli sorge per
il fedele e tramonta invece per l'infedele.
La vita dei religiosi è una regola d'oro che
corregge l'uomo fuorviato e difettoso, lo riporta
alla norma del retto vivere e stabilisce la
giusta misura in tutte le cose. Quasi tutti i religiosi
hanno trasgredito questa regola, perché
non camminano più secondo la verità del vangelo,
non vivono secondo gli insegnamenti dei
padri, ma conducono una vita depravata e falsa.
I monaci trasgrediscono l'aurea regola del
beato Benedetto, i canonici quella del beato
Agostino, e così è anche dei singoli religiosi i
quali curano i propri interessi e non gli interessi di Cristo.
31. Come non esiste dolore più grande di
quello della donna che vede morire il
suo unico figlio, che ama sopra tutte le cose,
così non ci deve essere dolore più grande di
quello dell'anima penitente che, avendo un
unico figlio, cioè la fede che opera per mezzo
dell'amore, la perde a causa del peccato mortale.
L'anima della fede è la carità, che la tiene
viva: venendo meno la carità, la fede muore.
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