Marzo 1. L'abituale contemplazione di Cristo paziente,
il ricordo dei suoi patimenti, rende
insensibile alle gioie e ai piaceri della terra.
Quando il sole si eclissa, tutte le cose perdono
il colore. E così il sole, Gesù, soffrendo in croce
per noi, spegne tutte le seduzioni del mondo.
Mentre con l'occhio della fede vedo il mio
Dio sofferente in croce, trapassato dai chiodi,
abbeverato di fiele e aceto, coronato di spine,
tutte le cose di quaggiù perdono per me ogni
attrattiva e sento vivamente il mio nulla.
2. L'apostolo deve possedere costanza e pazienza:
costanza nell'annunciare la parola
di Dio, pazienza quando i cani gli latrano contro.
La vera pazienza non è sostenuta dalla preoccupazione
del favore degli uomini o dalla
paura di essi, ma dalla sola inflessibile carità.
Al contrario, la falsa pazienza per vergogna del
mondo e per timore, più che per amore di
Dio, si astiene dal vendicare l'ingiuria ricevuta.
3. Come il raggio del sole scendendo illumina il mondo,
e tuttavia dal sole non si allontana mai,
così il Figlio di Dio, scendendo
dal Padre, illumina il mondo, e tuttavia mai si
allontana dal Padre, perché è una cosa sola
con il Padre. Infatti egli stesso disse: "Io e il
Padre siamo una cosa sola" (Gv 10,30).
4. Nulla è più caro a Dio e agli uomini dell'umiltà.
A ogni molestia e insulto che ti
venga fatto, devi rispondere con mansuetudine
e con umiltà. Se ti arriva all'orecchio qualcosa
di sgradevole, guarda che non salga subito
a turbare il tuo animo; tra l'orecchio e la tua
sensibilità ci deve essere come una via tortuosa
e difficile, in modo che le parole offensive arrivino
alla tua sensibilità svigorite, e non possano
ferirti che leggermente o per nulla. È degno
veramente di essere chiamato uomo, solo
chi non si lascia sconvolgere dal vento delle
chiacchiere.
5. È mite chi non ha l'animo
inasprito o amareggiato;
ma la fede ha reso semplice
il suo cuore, tanto da sopportare con pazienza
ogni ingiuria infertagli: se gli altri sono agitati
contro di lui, il mite resta sereno. E non ha
paura di essere disprezzato.
6. Quando vuoi innalzare ed elevare qualcuno
con l'adulazione, abbassi te stesso.
Vuoi crescere? Rendi ogni lode e ogni gloria a Dio,
non all'uomo, al Creatore e non alla creatura.
Vuoi non cadere nella maldicenza? Scorda
ogni rancore e ogni invidia. Sparlando degli altri,
fai tuo il loro male. Misericordioso è
chi prova dolore per la sofferenza altrui. Ricorda che,
come triplice è la misericordia del Padre
celeste verso di te, così triplice deve essere
la tua misericordia verso il prossimo. Iddio,
nel tempo della tribolazione, infonde una grazia
che refrigera l'anima e perdona i peccati;
inoltre, la misericordia di Dio con l'avanzare
del tempo si dilata sempre più; alla fine ti incorona
di gloria eterna. Anche tu sii buono con
il prossimo: perdona se pecca contro di te;
istruiscilo, se lo vedi allontanarsi dalla verità;
se è bisognoso, soccorrilo. Sii dunque misericordioso,
come lo è il Padre tuo.
7. Siccome non sappiamo che cosa diventerà
nel futuro colui che ora ci sembra cattivo,
non dobbiamo perdere la speranza che si
corregga, né considerarlo un'anima perduta.
Non bisogna nutrire ingiustificata fiducia nella
propria virtù e guardare gli altri dall'alto in
basso. A volte, un'anima cade in qualche colpa
perché assalita e stordita dai sensi; e se tu, presuntuoso,
oserai dir male di essa, sappi che incorrerai
nel giudizio di Dio, perché Gesù ha
detto: "Non giudicare e non sarai giudicato".
8. Della morte di un nemico non dobbiamo
godere, ma dolerci e piangere. Così ha
fatto Gesù sulla croce, quando piangeva sulla umanità
uccisa dal peccato: "Figlio mio, potessi
io morire per te! Giovasse a te la mia morte!".
Quasi volendo dire che nessuno vuol concedere
a Cristo di morire per lui. Infatti, grande
dono reputa il Signore, che il peccatore gli
permetta di morire per lui.
9. Sappiamo sopportare bene
gli insulti ricevuti,
quando, nel segreto della mente, ricordiamo
i mali da noi commessi. Leggero ci
sembrerà il dolore, pensando che meritavamo
assai di peggio. Non dovremmo essere adirati
contro chi ci fa del male, ma riconoscenti, perché
con tali sofferenze rendiamo più mite la giustizia di Dio.
10.
"Chi si umilia sarà esaltato" (Lc 14,11).
Cristo si umiliò fino alla morte e fu esaltato
nella risurrezione. Preghiamolo che imprima
nei nostri cuori il suo vangelo di umiltà.
11. Il vangelo predicato da Cristo e dagli
apostoli, è l'umiltà: "Imparate da me che
sono mite e umile di cuore". Dov'è umiltà, ivi
è stabilità e salvezza: il fariseo non era umile, e
per questo cadde, e proprio mentre volle apparire
giusto, si rivelò peccatore.
12. Senza Dio nulla possiamo fare o avere, e
senza di lui neppure conservare ciò che abbiamo avuto.
Perciò dopo la grazia è necessario
che il Signore sia con noi e custodisca e
conservi ciò che egli solo ha dato. Poiché egli
ci previene dandoci la sua grazia, nel conservarla
diventiamo suoi cooperatori: egli non veglia su di noi,
se insieme con lui non vegliamo
anche noi.
13. L'uomo dedito alle cose dello spirito, dopo
aver accudito alle necessità materiali, e
dopo essersi liberato da pensieri e preoccupazioni,
rientra nella sua casa, cioè nella sua coscienza,
e chiusa la porta dei sensi, riposa con
la sapienza, dedicandosi alla contemplazione
divina, nella quale assapora la dolcezza della
quiete spirituale.
14. Sono tre le parti del corpo dalle quali
proviene la vita o la morte: il cuore, la
lingua, la mano. Dal cuore proviene il consenso,
dalla lingua la parola, dalla mano l'azione.
Se con queste tre parti abbiamo offeso il Signore,
da esse deve venire la riparazione e la
professione di fede.
15. Lo Spirito di Dio è l'umiltà: chi ne è animato è
vero figlio di Dio. Più dolce del
miele è lo spirito di umiltà, poiché chi ne è
pervaso produce frutti di dolcezza.
16. Se darai onore al Signore, egli sarà la tua forza.
Se con te stesso userai cautela e diffidenza,
il Signore sarà il tuo rifugio di salvezza.
Se amerai il prossimo come te stesso, egli
salverà il tuo fratello insieme con te.
17. Il digiuno purifica: Mosè, dopo il digiuno di
quaranta giorni, meritò di ricevere la
legge perfetta del Signore, legge che converte
e purifica l'anima. Elia meritò di sentire il soffio
di una brezza leggera. La saliva dell'uomo
digiuno uccide i serpenti. Grande è la potenza
del digiuno, che guarisce la peste dell'anima e
smaschera le insidie dell'eterno nemico.
18. Quelli che sperano non in sé, ma nel Signore
che è il Dio della speranza, riacquisteranno forza,
per essere forti in lui e deboli
di fronte al mondo. Metteranno le ali della
duplice carità, con le quali volare nel cielo come aquile.
Correranno per conquistare il premio
dell'eterna felicità e non si stancheranno,
perché per colui che ama nulla è difficile.
19. Un angelo del Signore apparve in sogno a
Giuseppe (nome che significa crescente),
e gli disse: "Alzati, prendi con te il Bambino e
sua Madre, e fuggi in Egitto". Giuseppe nel
suo sonno è lontano dal frastuono delle cose
del secolo, e riposa senza il tumulto dei pensieri.
Perciò gli appare un angelo, e gli dice: "Alzati", cioè tendi all'alto, perché tu sia veramente
uno che cresce verso l'alto, non verso il
basso, come la rapa che cresce nella terra e sotto terra,
ma come la palma che si spinge verso l'alto.
20. Copre di sputi il volto di Cristo chi copre
di disprezzo e di maldicenza i prelati
e i pastori della chiesa. E perché i pastori della
chiesa dobbiamo considerarli come il volto
del Signore? Perché per mezzo dei loro insegnamenti
noi veniamo a conoscere Gesù Cristo.
21. Nel fiore si notano: bellezza di colori,
soavità di profumo, speranza del frutto.
Così nella vera umiltà c'è bellezza di vita santa,
c'è soavità di buona fama. Come il fiore,
emanando il suo profumo, non si guasta, così l'autentico umile,
sebbene lodato per la sua
buona vita, non s'inorgoglisce. Vedendo il fiore,
spero nel frutto: quando vedo un vero
umile, spero che sarà beato nel cielo.
22. Seguimi! - invita Gesù -, perché io conosco
la strada buona per la quale condurti.
Solo la via dell'umiltà è via della sapienza:
ogni altra via è via di stoltezza, perché via di superbia.
23. Mettiamoci all'ultimo posto! Ultimo posto è
il pensiero della morte, e chi vi si
applica, non brama di salire al primo posto; e
san Girolamo dice: "Facilmente tutto disprezza,
chi sempre pensa che deve morire". Va', fratello,
raccogliti in questo ultimo posto, da
lungi guardando e salutando la celeste Gerusalemme.
Ben convinto che sei di passaggio e
ospite sulla terra, a nessuno ti preporrai, e ti
stimerai più indegno degli altri. E allora Gesù
ti dirà: "Amico, vieni più su; dall'umiltà ti riconosco
per mio amico".
24. Davvero una battaglia, una tentazione continua è
la vita d'un uomo. Corrotti
come siamo, da noi stessi scaturiscono parecchie
delle nostre molestie, e perfino nel bene
che compiamo fa capolino il male, come per
esempio la vanagloria e la pigrizia.
25. L'angelo entrò da Maria e la salutò:
"Ave, piena di grazia!"
perché, la prima fra tutte
le donne, offrì a Dio il dono sublime della verginità,
e perciò fu degna di godere della visione
dell'angelo e del suo colloquio, e diede al
mondo l'autore di tutta la grazia. "Piena di grazia", perche il profumo del tuoi unguenti
supera tutti gli aromi. Un favo stillante sono le
tue labbra, sulle quali è diffusa la grazia.
26. Spesso si usa dire a persone buone:
"Prega per me,
che sono un povero peccatore".
Certo, chiedere che si preghi per noi, è
umiltà. Eppure c'è pericolo che vi s'insinui la
pigrizia, aspettandoci da un altro ciò che è invece
dovere nostro.
27. Nessuno faccia poco conto del tempo
sciupato in parole oziose: perché prezioso
è il tempo e da esso dipendono i giorni della
salvezza. Parola detta non torna più indietro,
tempo perduto, non si recupera mai più. Alcuni
dicono: "Ma è lecito conversare, per far
passare il tempo". Fa' passare il tempo che la
bontà del Signore ci concede per ottenere il
perdono, per acquistare grazia, per fare penitenza,
per meritare la gloria!
28. Considera che la scala ha due braccia (i montanti)
e sei scalini, sui quali si fa la salita.
La scala raffigura la santificazione del
penitente, della quale l'Apostolo nell'epistola
di oggi dice: "Questa è la volontà di Dio, la
vostra santificazione, affinché ognuno di voi
sappia mantenere il proprio corpo con onore
e santità" (1 Ts 4,3-4). Le braccia di questa
scala sono la contrizione e la confessione. I sei
scalini sono quelle sei virtù, nelle quali consiste
tutta la santificazione dell'anima e del corpo:
cioè la mortificazione della propria volontà,
il rigore della disciplina, la virtù dell'astinenza,
la considerazione della propria fragilità,
l'esercizio della vita attiva e la contemplazione
della gloria celeste.
29.
"Anche se disponessimo di molto tempo,
dovremmo usarlo con oculatezza e parsimonia",
scriveva Seneca. Ora poi, avendo un
tempo così misurato, cosa non dovremmo fare?
Figlio, tieni conto del tempo come di cosa sacra!
30. Sempre dobbiamo essere all'opera attorno
alla nostra anima, affinché non ci avvenga
ciò che dice Salomone: "Sono passato attraverso
il campo del pigro, ed ecco che i rovi lo coprivano interamente". Infatti, dove è il torpore
della pigrizia, subito crescono le spine dei cattivi pensieri.
Simile a un campo la nostra anima
deve essere seminata con la parola di Dio,
piantata dagli alberi delle virtù, fornita di pascoli
e cioè di desideri della vita eterna, abbellita
di fiori diversi e cioè dagli esempi dei santi.
31. O uomo che spesso agisci a seconda delle
circostanze, osserva le api e impara la sapienza!
Le api non passano da un fiore all'altro
saltandone qualcuno, ma secondo il bisogno
fanno la raccolta da un fiore e poi ritornano
all'alveare. Anche tu, non prestare attenzione
alle molte parole che senti o che leggi, né lasciare
un pensiero per rifugiarti in un altro,
come fanno i superficiali, che rivoltano sempre libri,
ascoltano discorsi, parole, e non arrivano
mai alla scienza. Raccogli da uno ciò di
cui hai bisogno, e il succo riponilo nell'alveare
della memoria. "Non diventa rigogliosa - scrive
un filosofo - una pianta che venga spesso trapiantata".
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