Dio
Somma Teologica I, q. 3
La semplicità di Dio
Conosciuta l'esistenza di una cosa, resta da ricercare il suo modo
di essere, per giungere a conoscerne la natura. Ma siccome di Dio
non possiamo sapere che cosa è, ma piuttosto che cosa non è, non
possiamo indagare come egli sia, ma piuttosto come non sia. È quindi
necessario considerare per prima cosa i suoi modi di non essere;
secondo, come noi lo conosciamo; terzo, come lo denominiamo.
Si può dimostrare come Dio non è, scartando le cose che a lui
non convengono, come sarebbe la composizione, il movimento e
simili. Studieremo dunque: primo, la sua semplicità, per la quale viene
esclusa da lui ogni composizione. E siccome negli esseri corporali
le cose semplici sono le meno perfette e parti incomplete, secondo, la
sua perfezione; terzo, la sua infinità; quarto, la sua immutabilità; quinto,
la sua unità.
Circa la divina semplicità ci poniamo otto quesiti: 1. Se Dio sia
corpo; 2. Se in Dio vi sia composizione di materia e di forma; 3. Se
vi sia composizione di quiddità, cioè di essenza o natura, e di soggetto; 4. Se
vi sia composizione di essenza e di esistenza; 5. Se vi
sia composizione di genere e di differenza; 6. Se vi sia composizione
di sostanza e di accidenti; 7. Se sia in qualsiasi altro modo composto,
oppure totalmente semplice; 8. Se entri in composizione con gli altri esseri.
ARTICOLO
1
Se Dio sia corpo
SEMBRA che Dio sia corpo. Infatti:
1. Corpo è ciò che ha le tre dimensioni. Ora la
Sacra Scrittura attribuisce a Dio le tre dimensioni; vi si dice infatti: "Egli è più
eccelso del cielo - tu che puoi fare? è più profondo degli inferi - tu
come puoi conoscere? più esteso della terra, e per misura più
largo è del mare!". Dunque Dio è corpo.
2. Tutto ciò che ha una figura è corpo, essendo la figura una
qualità riguardante la quantità. Ora, pare che Dio abbia una figura,
essendo scritto: "Facciamo l'uomo a nostra immagine e somiglianza";
ma la figura è chiamata anche immagine, secondo il detto
di S. Paolo: "essendo (il Cristo) il riflesso della gloria di Dio e
figura, cioè immagine, della sua sostanza". Dunque Dio è corpo.
3. Tutto ciò che ha parti è corpo. Ora, la Scrittura attribuisce
a Dio delle parti corporali; infatti vi si dice: "se hai un braccio
come quello di Dio"; e nei Salmi: "Gli occhi del Signore (sono
rivolti) ai giusti"; e ancora: "La destra del Signore ha fatto
meraviglie".
Dunque Dio è corpo.
4. La positura non compete che al corpo. Ora, nelle Sacre Scritture
si affermano di Dio varie positure: p. es., in Isaia si dice: "Vidi
il Signore seduto", e sempre in Isaia: "il Signore sta in
piedi per giudicare". Dunque Dio è corpo.
5. Niente, tranne il corpo o l'essere corporeo, può essere punto
spaziale di partenza o d'arrivo. Ora, nella Sacra Scrittura Dio è considerato
come termine spaziale d'arrivo, secondo l'espressione del
Salmo: "Accostatevi a lui e sarete illuminati"; e come punto di
partenza, secondo il detto di Geremia: "Coloro che si ritirano da te
saranno scritti nella polvere". Dunque Dio è corpo.
IN CONTRARIO: In S. Giovanni è detto:
"Dio è spirito".
RISPONDO: Si deve negare assolutamente che Dio sia corpo. Il che
si può provare con tre ragioni. Primo, nessun corpo muove se non
è mosso, come appare esaminando caso per caso. Ora, sopra si è
dimostrato che Dio è il primo motore immobile. Dunque è chiaro
che Dio non è corpo.
Secondo, è necessario che il primo
ente sia in atto e in nessun
modo in potenza. Sebbene infatti in un identico e determinato essere
che passa dalla potenza all'atto, la potenza possa essere prima
dell'atto in ordine di tempo, pure, assolutamente parlando, l'atto
è prima della potenza, perché ciò che è in potenza non passa all'atto
se non per mezzo di un essere già in atto. Ora, abbiamo già dimostrato
che Dio è il primo ente. È dunque impossibile che in Dio ci
sia qualche cosa di potenziale. Ma ogni corpo è in potenza, (se non
altro) perché il continuo, in quanto tale, è sempre divisibile. Dunque
è impossibile che Dio sia corpo.
Terzo, Dio è il più nobile fra tutti quanti gli esseri come è chiaro
da quello che si è detto. Ora, è impossibile che un corpo sia il più
nobile degli esseri. Difatti ogni corpo o è vivo o non è vivo. Il corpo
vivo manifestamente è più nobile del non vivo. D'altra parte il corpo
vivo non vive in quanto corpo, altrimenti ogni corpo sarebbe vivo:
è quindi necessario che viva in forza di qualche altra cosa, come il
nostro corpo che vive in forza dell'anima. Ora, ciò per cui il corpo
vive, è più nobile del corpo. Dunque è impossibile che Dio sia corpo.
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Come abbiamo
già detto, la Sacra Scrittura
ci presenta le cose spirituali e divine sotto immagini corporee.
Perciò quando attribuisce a Dio le tre dimensioni, indica
sotto figura di estensione corporea l'estensione della sua potenza;
e cioè con la profondità il suo potere di conoscere le cose più occulte,
con l'altezza la sua superiorità su tutto, con la lunghezza la durata
della sua esistenza, con la larghelza l'effusione del suo amore su
tutti gli esseri. Oppure, come dice Dionigi "per profondità di Dio, si
intende l'incomprensibilità della sua essenza; per lunghezza,
l'estensione della sua potenza che penetra in tutte le cose; per larghezza,
la sua espansione verso tutti gli enti, nel senso cioè che tutti gli
esseri sono contenuti sotto la sua protezione".
2. Si dice che l'uomo è
a immagine di Dio, non già secondo il
corpo, ma secondo quello per cui l'uomo sorpassa gli altri animali.
Per questo, alle parole: "Facciamo l'uomo a nostra immagine e somiglianza",
seguono le altre: "affinché egli domini sui pesci del
mare, ecc.". Ora, l'uomo sorpassa tutti gli altri animali con la ragione
e l'intelligenza. Quindi l'uomo è a immagine di Dio secondo
l'intelletto e la ragione che sono cose incorporee.
3. Si attribuiscono a Dio nella Sacra Scrittura organi corporei a
motivo delle loro operazioni che si prestano a certe analogie. L'atto
dell'occhio, p. es., consiste nel vedere: quindi l'occhio attribuito a
Dio indica la sua potenza a vedere in maniera intelligibile, non già
sensibile. E lo stesso è per altri organi.
4. Anche le positure non si attribuiscono a Dio se non per una
certa analogia: così, si dice seduto per significare la sua immobilità
e la sua autorità; si dice che sta in piedi, per indicare la sua
forza nel debellare tutto ciò che gli si oppone.
5. A Dio non ci si avvicina con i passi corporali, essendo egli dovunque;
ma con l'affetto dell'animo, ed allo stesso modo ci si allontana
da lui. E così, avvicinamento e allontanamento sotto la metafora
del moto locale designano l'affetto spirituale.
ARTICOLO
2
Se in Dio vi sia composizione di materia e di forma
SEMBRA che in Dio vi sia composizione di forma e materia.
Infatti:
1. Tutto ciò che ha un'anima è composto di materia e di forma,
perché l'anima è forma del corpo. Ora, la Scrittura attribuisce
l'anima a Dio, quando in persona di Dio dice: "Il giusto mio vivrà
per la fede; ma se indietreggia, non ha gradimento in lui l'anima mia".
Dunque Dio è composto di materia e di forma.
2. La collera, la gioia, ecc., sono passioni del composto, come insegna
Aristotele. Ora, tali passioni sono attribuite a Dio nella Scrittura,
infatti è detto nei Salmi: "S'accese d'ira il Signore contro il
suo popolo". Dunque Dio è composto di materia e di forma.
3. Principio d'individuazione è la materia. Ma Dio pare che sia individuo: Dio
infatti (come ogni essere individuale) non si può predicare
di più soggetti. Dunque è composto di materia e di forma.
IN CONTRARIO: Ogni composto di materia e forma è corpo, perché
la quantità spaziale è il primo attributo inerente alla materia. Ora, Dio
non è corpo, come si è dimostrato. Dunque Dio non è composto
di materia e di forma.
RISPONDO: È impossibile che in Dio ci sia materia. Primo, perché
la materia è potenzialità, mentre Dio, come si è provato, è atto puro,
non avente in sé potenzialità alcuna. Dunque è impossibile che Dio
sia composto di materia e di forma.
Secondo, perché ogni composto di materia e forma è perfetto e
buono in forza della sua forma; perciò, siccome la materia viene a partecipare la forma, ne segue che è buono per partecipazione.
Ora, l'ente che nella bontà e nella perfezione è primo, cioè Dio, non
può essere buono per partecipazione; perché il bene per essenza è
anteriore al bene per partecipazione. È impossibile perciò che Dio
sia composto di materia e di forma.
Terzo, perché ogni agente agisce in forza della sua forma; cosicché
il rapporto di un ente al suo agire è determinato dal suo rapporto
alla forma. L'ente perciò, che è primo come agente e che agisce in forza della sua natura, deve essere primo anche come forma,
e forma per natura sua. Ora, Dio è il primo agente, essendo la prima
causa efficiente, come si è già dimostrato. Egli è dunque forma in
forza della sua essenza e non composto di materia e di forma.
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. A Dio è attribuita l'anima per l'analogia
di certe azioni. Siccome quando desideriamo a noi stessi qualche cosa,
ciò proviene dall'anima nostra, così diciamo che piace all'anima
di Dio quello che è gradito alla sua volontà.
2. Parimente si attribuisce a Dio la collera e le altre passioni per
una certa somiglianza di effetti: siccome è proprio dell'irato il punire,
così la punizione divina si chiama metaforicamente ira di Dio.
3. Le forme che la materia può ricevere sono rese individuali per
mezzo della materia, che non può essere ricevuta in un altro soggetto,
essendo essa stessa il primo sustrato (della realtà corporea);
la forma invece, di suo, se non vi sono ostacoli, può essere ricevuta
in più soggetti. Ma quella forma, che non può essere ricevuta dalla
materia ed è per sé sussistente, ha la sua individuazione per il fatto
stesso che non può essere ricevuta in un altro soggetto. Ora, Dio è
una forma di questo genere. Quindi non segue che abbia una materia.
ARTICOLO
3
Se Dio sia la stessa cosa che la sua essenza o natura
SEMBRA che Dio non sia la stessa cosa che la sua essenza o natura.
Infatti:
1. Di nessuna
cosa si dice che è in essa medesima. Ora, dell'essenza
o natura di Dio, che è la divinità, si afferma che è in Dio. Dunque
non pare che Dio si identifichi con la sua essenza o natura.
2. L'effetto assomiglia alla sua causa; perché ogni agente produce
cose simili a sé. Ora, nelle cose create il supposito non si identifica
con la sua natura; difatti l'uomo non è la stessa cosa che la sua
umanità. Dunque nemmeno Dio è identico alla sua divinità.
IN CONTRARIO: Di Dio si afferma che è la vita e non
soltanto che è
vivo, come appare dal Vangelo: "Io sono la via, la verità e la vita". Ora, tra divinità e Dio c'è lo stesso rapporto che tra vita e
vivente. Dunque Dio si identifica con la stessa divinità.
RISPONDO: Dio è la stessa cosa che la sua essenza o natura. Per
capire bene questa verità, bisogna sapere che nelle cose composte di
materia e di forma l'essenza o natura e il supposito necessariamente
differiscono tra loro. Perché l'essenza o natura comprende in sé soltanto
ciò che è contenuto nella definizione della specie; così umanità
comprende solo quel che è incluso nella definizione di uomo; solo per
questo infatti l'uomo è uomo, e precisamente questo indica il termine
umanità, quello cioè per cui l'uomo è uomo. Ora, la materia individuale
con tutti gli accidenti che la individuano non entra nella definizione
della specie; nella definizione dell'uomo infatti non sono
incluse queste determinate carni, e queste ossa, o il colore bianco o
quello nero, o qualche altra cosa di simile. Quindi queste carni,
queste ossa e tutti gli accidenti che servono a determinare tale materia
non sono compresi nella umanità. E tuttavia sono incluse in
ciò che è l'uomo; conseguentemente la realtà uomo ha in sé qualche
cosa che umanità non include. Ed è per questo che uomo e umanità
non sono totalmente la stessa cosa; ma umanità ha il significato
di parte formale dell'uomo; perché i principi (essenziali), da cui si
desume la definizione, rispetto alla materia individuante hanno carattere
di forma.
Perciò in quegli esseri che non sono composti di materia e di
forma, e in cui l'individuazione non deriva dalla materia individuale,
cioè da questa determinata materia, ma le forme s'individuano
da sé, bisogna che le forme stesse siano suppositi sussistenti.
Quindi in essi supposito e natura non differiscono. E così, non essendo
Dio composto di materia e di forma come si è dimostrato, è
necessario che sia la sua divinità, la sua vita e ogni altra cosa che di
lui in tal modo enunciata.
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Non possiamo parlare delle cose
semplici se non al modo delle composte, dalle quali traiamo le nostre
conoscenze. E perciò, parlando di Dio, ci serviamo di termini concreti (Dio,
Sapiente, Buono...) per significare la sua sussistenza,
perché per noi soltanto i composti sono sussistenti; e per indicare
la sua semplicità adoperiamo termini astratti (Divinità, Sapienza,
Bontà...). Se quindi si dice che vi sono in Dio la deità, la vita,
ecc., deve ciò riferirsi a diversità esistenti nel nostro modo di concepire,
e non a distinzioni esistenti nella realtà.
2. Gli effetti di Dio somigliano a lui non perfettamente ma per
quanto è possibile. E tale imitazione è imperfetta, proprio perché
non si può rappresentare ciò che è semplice ed uno se non per mezzo
di molte cose; e per lo stesso motivo si ha nelle creature quella composizione
dalla quale proviene che in esse non s'identificano supposito e natura.
ARTICOLO 4
Se in Dio essenza ed esistenza siano la stessa cosa
SEMBRA che in Dio non siano la stessa cosa essenza ed esistenza.
Infatti:
1. Se così fosse, niente si aggiungerebbe (come determinante) all'essere
di Dio. Ma l'essere senza determinazioni successive è l'essere
generico che si attribuisce a tutte le cose. Ciò posto ne segue che
Dio è l'essere astratto predicabile di tutte le cose. Il che è falso,
secondo il detto della Sapienza: "imposero alle pietre e al legno l'incomunicabile
nome (di Dio)". Dunque l'essere di Dio non è la sua essenza.
2. Di Dio, come si è detto, possiamo sapere se sia, non che cosa
sia. Dunque non è la stessa cosa l'esistenza di Dio e la sua essenza,
quiddità o natura.
IN CONTRARIO: Scrive
S. Ilario:
"In Dio l'esistenza non è accidentalità,
ma verità sussistente". Dunque quello che sussiste in Dio
è la sua esistenza.
RISPONDO: Dio non è soltanto la sua essenza, come è già stato provato,
ma anche il suo essere (o esistenza). Il che si può dimostrare
in molte maniere. Primo, tutto ciò che si riscontra in un essere
oltre la sua essenza, bisogna che vi sia causato o dai principi dell'essenza
stessa, quale proprietà della specie, come l'avere la facoltà
di ridere proviene dalla natura stessa dell'uomo ed è causato dai principi
essenziali della specie; o che venga da cause estrinseche,
come il calore nell'acqua è causato dal fuoco. Se dunque l'esistenza
di una cosa è distinta dalla sua essenza, è necessario che l'esistenza
di tale cosa sia causata o da un agente esteriore, o dai principi
essenziali della cosa stessa. Ora, è impossibile che l'esistere sia causato
unicamente dai principi essenziali della cosa, perché nessuna
cosa può essere a se stessa causa dell'esistere, se ha un'esistenza
causata. È dunque necessario che le cose le quali hanno l'essenza
distinta dalla loro esistenza, abbiano l'esistenza causata da altri.
Ora, questo non può dirsi di Dio; perché diciamo che Dio è la prima
causa efficiente. È dunque impossibile che in Dio l'esistere sia qualche
cosa di diverso dalla sua essenza.
Secondo, perché l'esistere è l'attualità di ogni forma o natura;
difatti la bontà o l'umanità non è espressa come cosa attuale se non
in quanto dichiariamo che esiste. Dunque l'esistenza sta all'essenza,
quando ne sia distinta, come l'atto alla potenza. E siccome in Dio
non v'è niente di potenziale come abbiamo dimostrato sopra, ne
segue che in lui l'essenza non è altro che il suo esistere. Perciò la
sua essenza è la sua esistenza.
Terzo, allo stesso modo che quanto è infocato e non è fuoco, è
infocato per partecipazione, così ciò che ha l'essere e non è l'essere,
è ente per partecipazione. Ora, Dio, come si è provato, è la sua essenza.
Se dunque non fosse il suo (atto di) essere, sarebbe ente per
partecipazione e non per essenza. Non sarebbe più dunque il primo ente; ciò che è assurdo affermare. Dunque Dio è il suo essere e non
soltanto la sua essenza.
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. L'espressione
"qualche cosa cui non
si può aggiungere niente" si può intendere in due maniere. Prima
maniera: qualche cosa che (positivamente) di sua natura importi
l'esclusione di aggiunte (o determinazioni); così è proprio dell'animale
non ragionevole di essere senza ragione. Seconda maniera:
qualche cosa che non riceva aggiunte (o determinazioni); perché di
suo non le include; così l'animale preso come genere non include
la ragione, perché non è del genere animale come tale avere la
ragione; ma il concetto di animale neppure lo esclude. Dunque essere
senza aggiunte nella prima maniera è l'essere divino; nella
seconda maniera è l'essere generico o comune.
2. Del verbo essere si fa un doppio uso: qualche volta significa
l'atto dell'esistere, altre volte indica la copula della proposizione formata
dalla mente che congiunge il predicato col soggetto. Se essere
si prende nel primo senso noi (uomini) non possiamo dire di conoscere
l'essere di Dio come non conosciamo la sua essenza; ma lo
conosciamo soltanto nel secondo significato. Sappiamo infatti che la
proposizione che formuliamo intorno a Dio, quando diciamo "Dio è" è vera.
E ciò sappiamo dai suoi effetti, come già abbiamo detto.
ARTICOLO 5
Se Dio sia contenuto in qualche genere
SEMBRA che Dio sia contenuto in qualche genere. Infatti:
1. La sostanza è di per sé sussistente. Ora, sussistere così conviene
soprattutto a Dio. Dunque Dio è nel genere sostanza.
2. Ogni cosa si misura per mezzo di qualche dato del suo medesimo
genere, come le lunghezze con la lunghezza, e i numeri col numero.
Ora, Dio è misura di tutte le sostanze, come dice il Commentatore.
Dunque Dio è compreso nel genere sostanza.
IN CONTRARIO: Il genere logicamente si concepisce come anteriore
a ciò che è contenuto sotto di esso. Ora, niente è anteriore a Dio, né
realmente, né idealmente. Dunque Dio non è in alcun genere.
RISPONDO: Una cosa può esser contenuta in un genere in due maniere.
In primo luogo in senso proprio e assoluto, come le specie
che sono comprese nel genere. In secondo luogo per riduzione, come
avviene per i principi e le privazioni: così il punto e l'unità si riducono
al genere di quantità, quali principi di essa; la cecità ed ogni
altra privazione si riportano al genere positivo corrispondente. Ebbene,
Dio in nessuno dei due modi è incluso in un genere.
E innanzi tutto, che Dio non possa essere specie di un genere qualsiasi
si può dimostrare in tre modi. Primo, la specie è costituita
dal genere e dalla differenza; ora l'elemento da cui si desume la
differenza costitutiva della specie sta sempre in rapporto all'elemento
da cui si desume il genere, come l'atto alla potenza. Così animale (nella
classica definizione dell'uomo: animale ragionevole) si
prende dalla natura sensitiva senza determinazione alcuna; difatti
si chiama animale l'essere che ha la natura sensitiva; ragionevole si
prende dalla natura intellettiva, perché ragionevole è (l'animale) che
ha la natura intellettiva: ora, intellettivo sta a sensitivo come
l'atto alla potenza. Ugualmente avviene negli altri casi. Quindi, siccome
in Dio l'atto è senza potenzialità, ne segue che Dio non può
essere in un genere come una delle specie.
Secondo, siccome l'essere di Dio è la sua stessa essenza, come si è
dimostrato, ne viene che se Dio fosse in qualche genere, bisognerebbe
dire che il suo genere è l'ente: infatti il genere designa l'essenza,
poiché è attributo essenziale (per la cosa di cui si dice). Ora, Aristotele
dimostra che l'ente non può essere genere di cosa alcuna; perché
ogni genere ha (come determinanti) differenze specifiche che sono
estranee all'essenza di tale genere, mentre non si può trovare nessuna
differenza estranea all'ente dal momento che il non ente non
può essere una differenza. Resta dunque che Dio è fuori di ogni genere.
Terzo, tutte le cose appartenenti a un dato genere partecipano
della quiddità o essenza di quel genere, che è un loro attributo essenziale.
Ora, esse differiscono quanto all'essere (esistenziale); infatti
non è identico l'essere (esistenziale), p. es., dell'uomo e del cavallo,
e neppure di quest'uomo o di quell'altro. E così ne viene per
necessità che in tutte le cose appartenenti a un dato genere differiscono
l'esistere e la quiddità, o essenza. Ora, in Dio, come s'è dimostrato,
non c'è questa differenza. È chiaro, dunque, che Dio
non è in qualche genere come una delle specie.
Da ciò appare che Dio non ha né genere, né differenze: e non
è definibile; e non è dimostrabile, se non (a posteriori) dagli effetti;
perché ogni definizione è data dal genere e dalla differenza, ed il
termine medio della dimostrazione (deduttiva e a priori) è la definizione.
È chiaro poi che Dio in quanto principio (o causa) non è contenuto
in un dato genere per riduzione, perché il principio che si riduce
a un qualche genere, non oltrepassa tale genere: così il punto
non è principio che della quantità continua, e l'unità della quantità
discreta (aritmetica), Dio invece è causa di tutto l'essere, come si
dimostrerà più innanzi. Dunque Dio non è contenuto da nessun genere
quale principio (esclusivo) di esso.
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Il nome di sostanza non significa
soltanto essere di per sé, perché l'essere, come abbiamo visto,
di suo non è genere; sostanza indica piuttosto l'essenza a cui compete
essere in tal modo, cioè esistere di per sé; tuttavia questo (suo
modo di) essere non è la sua essenza medesima. È chiaro perciò che
Dio non è nel genere di sostanza.
2. La seconda difficoltà è giusta per ciò che riguarda misure proporzionate;
esse certo devono essere omogenee col misurato. Ma Dio
non è misura proporzionata per nessuna cosa: si dice però misura
di tutto, perché ogni cosa tanto partecipa dell'essere quanto si
avvicina a lui.
ARTICOLO 6
Se in Dio vi siano accidenti
SEMBRA che in Dio vi siano accidenti. Infatti:
1. Una sostanza non può essere accidente di nessuna cosa, come
dice Aristotele. Dunque ciò che in uno è accidente, non può essere sostanza
in un altro: così si prova che il calore non è forma sostanziale
del fuoco, perché nelle altre cose è accidente. Ora, la sapienza, la
virtù e simili, che in noi sono accidenti, si attribuiscono a Dio. Dunque
anche in Dio esse sono accidenti.
2. In ogni genere di cose vi è un primo. Ora, vi sono molti generi
di accidenti. Se dunque i primi di quei generi non sono in Dio vi saranno
molti primi fuori di Dio. E ciò non è ammissibile.
IN CONTRARIO: Ogni accidente è in un soggetto: ora, Dio non può
essere un soggetto; perché una forma semplice non può essere soggetto,
come dimostra Boezio. Dunque in Dio non può esservi accidente.
RISPONDO: Da ciò che precede risulta chiaro che in Dio non può
esservi accidente. Primo, perché il soggetto sta all'accidente come
potenza all'atto; infatti il soggetto riceve dall'accidente una certa
attualità (p. es., è reso bianco, sapiente, ecc.). Ora, ogni potenzialità
in Dio è assolutamente da escludersi, come appare da ciò che è stato già
detto.
Secondo, perché Dio è il suo stesso essere; ora,
"sebbene ciò che è,
come dice Boezio, possa avere qualche altra cosa di aggiunto, l'essere
stesso non comporta aggiunta alcuna": allo stesso modo una
cosa calda potrà avere un'altra qualità diversa dal caldo, p. es., la
bianchezza; ma il calore stesso non potrà avere nient'altro che calore.
Terzo, perché tutto ciò che ha l'essere di per sé (cioè essenzialmente) è prima
di ciò che esiste solo accidentalmente (cioè in forza
di altri o per partecipazione). Quindi, essendo Dio assolutamente il
primo ente, non può esservi in lui alcunché di accidentale. Non solo,
ma in lui non possono esserci accidenti propri, come la risibilità
che è accidente proprio dell'uomo, perché sono causati dai principi
essenziali del soggetto; mentre in Dio, causa prima, non vi può essere
niente di causato. Perciò rimane che in Dio non può esservi
nessun accidente.
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Potenza, sapienza e così via, non si
attribuiscono a Dio e a noi univocamente, come si chiarirà in seguito.
Quindi non segue che in Dio ci siano degli accidenti come in noi.
2. Siccome la sostanza è anteriore agli accidenti, i principi degli
accidenti si riducono ai principi della sostanza come a qualche cosa
di antecedente. E del resto Dio non è primo nell'ambito del genere
sostanza, ma primo fuori di ogni genere, rispetto a tutto l'essere.
ARTICOLO
7
Se Dio sia del tutto semplice
SEMBRA che Dio non sia del tutto semplice. Infatti:
1. Le opere di Dio sono imitazione di Dio: tutte le cose sono enti
perché derivano da lui primo ente, sono buone perché derivano da
lui primo bene. Ora, tra le cose provenienti da Dio nessuna è del
tutto semplice. Dunque Dio non è del tutto semplice.
2. Tutto quanto vi
è di meglio
deve essere attribuito a Dio. Ora,
presso di noi, i composti sono migliori delle cose semplici; come i
corpi misti sono migliori degli elementi e gli elementi delle loro parti.
Non bisogna dire, quindi, che Dio sia del tutto semplice.
IN CONTRARIO: S. Agostino dice che Dio è veramente e sommamente
semplice.
RISPONDO: Si prova in più modi che Dio è del tutto semplice:
Primo, da quel che si è detto sopra. Siccome in Dio non vi è composizione
alcuna, non quella di parti quantitative, perché non è corpo;
né quella di forma e materia; non distinzione tra natura e supposito; né
tra essenza ed esistenza; né vi è composizione di genere e di
differenza; né di soggetto e di accidente; è chiaro che Dio non è
composto in nessun modo, ma è del tutto semplice.
Secondo, perché ogni composto è posteriore ai suoi componenti e
da essi dipende. Ora, Dio, come abbiamo dimostrato sopra, è il primo
ente.
Terzo, perché ogni composto è causato; infatti, cose per sé diverse
non vengono a costituire una qualche unità se non in forza di una
causa unificatrice. Ora, Dio non è causato, come si è già dimostrato, essendo la prima causa efficiente.
Quarto, perché in ogni composto è necessario che vi sia la potenza
e l'atto, ciò che non può verificarsi in Dio. Infatti, o una delle parti
è atto rispetto all'altra, o per lo meno tutte le parti sono in potenza
relativamente al tutto.
Quinto, perché ogni composto è un qualche cosa che non conviene
ad alcuna delle sue parti. Ciò è evidentissimo nei composti di parti
eterogenee; infatti nessuna parte dell'uomo è uomo, e nessuna parte
del piede è piede. Nei composti invece di parti omogenee, qualche
cosa che si dice del tutto, si dice anche della parte, come una parte
dell'aria è aria, ed una parte dell'acqua è acqua; tuttavia, qualche
cosa si dice del tutto, che non conviene alla parte: come se tutta la
massa dell'acqua è di due cubiti, altrettanto non può dirsi delle sue
parti. E così abbiamo che in ogni composto vi è sempre qualche cosa
che non gli è identico. Ora, se ciò può dirsi di un essere il quale ha
la forma (ma non è la sua forma), che cioè abbia qualche cosa che
non è esso stesso (p. es., in un essere bianco vi è qualche cosa che
non appartiene alla natura del bianco); tuttavia nella forma stessa
non vi è niente di eterogeneo. E perciò essendo Dio la sua stessa
forma, o meglio, il suo stesso essere, in nessun modo può dirsi composto.
Accenna a questa ragione S. Ilario quando dice: "Dio, che è potenza,
non è costituito di debolezze; lui, che è luce, non è composto di oscurità".
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Quel che deriva da Dio è imitazione
di Dio, come le cose causate possono imitare la causa prima. Ora, è
proprio della natura dell'ente causato essere in qualche modo composto,
perché per lo meno il suo essere è distinto dalla sua essenza,
come vedremo più innanzi.
2. Quaggiù tra noi, i composti sono più perfetti degli esseri semplici,
perché la bontà perfetta della creatura non può trovarsi nell'uno
ma richiede la molteplicità; mentre la perfezione della bontà
divina si ritrova tutta nell'unità e nella semplicità. Ciò vedremo in seguito.
ARTICOLO
8
Se Dio entri in composizione con gli altri esseri
SEMBRA che Dio entri in composizione con gli altri esseri. Infatti:
1. Dice Dionigi:
"La deità, che è sopra l'essere, è l'essere di tutte
le cose". Ora, l'essere di tutte le cose entra nella composizione di
ciascuna. Dunque Dio viene in composizione con altri esseri.
2. Dio è forma, asserendo S. Agostino che
"il Verbo di Dio (che è
Dio) è una certa forma non formata". Ora, la forma è parte del
composto. Dunque Dio è parte di qualche composto.
3. Le cose che esistono e in nulla differiscono, sono un'identica realtà.
Ora, Dio e la materia prima esistono e non differiscono in nessun modo.
Dunque si identificano totalmente. Ma la materia prima
entra nella composizione delle cose. Quindi anche Dio. Prova della
minore: tutte le cose che differiscono, differiscono per qualche differenza,
e perciò è necessario che siano composte; ma Dio e la materia
prima sono del tutto semplici; dunque non differiscono in nessun modo.
IN CONTRARIO: Dice Dionigi che
"non vi è né contatto di lui, (cioè
di Dio), né qualsiasi altra comunanza con parti da mescolare insieme".
Inoltre nel libro De Causis si dice: "La causa prima governa
tutte le cose, ma non si mischia con esse".
RISPONDO: Su questo punto son corsi tre errori. Alcuni, come riferisce
S. Agostino, hanno detto che Dio è l'anima del mondo; e a
questo si riduce l'errore di altri i quali dissero che Dio è l'anima
del primo cielo. Altri hanno affermato che Dio è il principio formale
di tutte le cose. Tale, si dice, fu l'opinione dei discepoli di
Almarico. Ma il terzo errore è quello di David di Dinant, il quale
stoltissimamente affermò che Dio è la materia prima. Tutto ciò contiene
una falsità manifesta; e non è possibile che Dio entri in qualche
modo nella composizione di cosa alcuna né come principio formale,
né come principio materiale.
Innanzi tutto, perché già dicemmo che Dio è la prima causa efficiente.
Ora, la causa efficiente non (può mai) coincidere numericamente
con la forma dell'effetto, ma solo secondo la specie; difatti un
uomo genera (non se stesso ma) un altro uomo. La materia poi non
coincide con la causa efficiente né numericamente, né specificamente,
giacché quella è in potenza, questa invece è in atto.
In secondo luogo, perché essendo Dio la prima causa efficiente,
l'agire gli appartiene primieramente e di per sé. Ora, ciò che viene
in composizione con qualche cosa, non è agente di per sé e come
causa principale; ché tale è piuttosto il composto: non è la mano
che opera, ma l'uomo mediante la mano, e chi riscalda è il fuoco
mediante il calore. Perciò Dio non può essere parte di un composto.
In terzo luogo, perché nessuna parte di un composto può in modo
assoluto essere prima realtà tra gli esseri: neanche la materia e la
forma, che pure sono le prime parti del composto. Infatti la materia
è in potenza; e la potenza, assolutamente parlando, è posteriore
all'atto, come è chiaro da quello che si è già detto. E la forma, quando
è parte del composto, è forma partecipata; ora, la cosa che viene partecipata,
e l'essere che la partecipa, è posteriore a ciò che è per essenza; così
il fuoco (che troviamo) nelle cose infocate è posteriore
al fuoco per essenza. Invece si è già dimostrato che Dio è l'essere
assolutamente primo.
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Si dice che la divinità è l'essere di
tutte le cose come causa efficiente ed esemplare; non già per la sua
essenza (come se fosse causa materiale o formale delle cose).
2. Il Verbo è forma esemplare, non già forma che fa parte del composto.
3. Le cose semplici non differiscono tra di loro per altre differenze;
perché ciò è proprio dei composti. Difatti l'uomo e il cavallo (che sono composti)
differiscono per le differenze di razionale e di irrazionale;
ma queste differenze non differiscono alla loro volta per altre
differenze. Perciò a rigore di termini, più che differenti debbono dirsi
diverse; infatti secondo Aristotele diverso dice (disuguaglianza) assoluta;
ma ciò che è differente, differisce soltanto per qualche cosa.
Se, quindi, si vuole far forza sulla parola, la materia prima e Dio
non differiscono, ma sono cose del tutto diverse. Perciò non segue
che siano una stessa cosa.
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