Dio
Somma Teologica I, q. 6
La bontà di Dio
Passiamo ora a trattare della bontà di Dio. Su questo argomento
poniamo quattro quesiti: 1. Se a Dio convenga la bontà; 2. Se Dio
sia il sommo bene; 3. Se egli solo sia buono per essenza; 4. Se tutte
le cose siano buone della bontà di Dio.
ARTICOLO
1
Se la bontà convenga a Dio
SEMBRA che la bontà non convenga a Dio. Infatti:
1. La bontà consiste nel modo, nella specie e nell'ordine. Ora, tali
attributi non pare che convengano a Dio, perché Dio (è senza modo
e misura) è l'immenso e non dice ordine a nessuna cosa. Dunque
a lui non si addice di esser buono.
2. Il bene è ciò che tutte le cose appetiscono. Ora, non tutte le cose
desiderano Dio, perché non tutte le cose lo conoscono, e non si dà
desiderio di ciò che s'ignora. Dunque a Dio non si addice la bontà.
IN CONTRARIO: È detto nelle Lamentazioni di Geremia:
"Il Signore
è buono con quelli che sperano in lui, con l'anima che lo ricerca".
RISPONDO: L'esser buono conviene principalmente a Dio. Infatti,
una cosa è buona nella misura che è desiderabile. Ora, ogni ente
desidera la propria perfezione. Ma la perfezione e la forma di un
effetto non è altro che una somiglianza partecipata della causa agente,
poiché ogni agente produce qualche cosa di simile a sé. Di qui segue
che lo stesso agente è desiderabile (da parte dell'effetto) e ha natura
di bene: infatti quello che si desidera è di parteciparne la somiglianza.
Siccome dunque Dio è la prima causa produttiva di tutte le
cose, è evidente che a lui compete la natura di bene e di appetibile.
Perciò Dionigi attribuisce il bene a Dio, come alla prima causa efficiente,
affermando che si dice buono "come colui in forza del quale
tutte le cose sussistono".
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Avere modo, specie e ordine è proprio
del bene causato. In Dio invece il bene è come nella (sua propria) causa;
quindi a lui spetta imprimere nelle cose il modo, la
specie e l'ordine. Perciò queste tre cose sono in Dio come nella loro
causa.
2. Tutte le cose tendendo alla propria perfezione tendono a Dio
stesso, in quanto che le perfezioni di tutte le cose altro non sono che
delle somiglianze dell'Essere divino, come è chiaro da ciò che si è
detto. E così tra gli esseri che tendono a Dio, alcuni lo conoscono in
se stesso, e questo è proprio della creatura razionale; altri conoscono
certe partecipazioni della sua bontà, e questo va esteso fino
alla conoscenza sensitiva. Altri, finalmente, hanno tendenze naturali
senza consapevolezza, inclinati come sono verso i loro fini da
un essere superiore dotato di conoscenza.
ARTICOLO
2
Se Dio sia il sommo bene
SEMBRA che Dio non sia il sommo bene. Infatti:
1. Sommo bene aggiunge qualche cosa a bene, ché altrimenti converrebbe
ad ogni bene. Ora, tutto ciò che è così costituito come per
addizione, è composto. Il sommo bene sarebbe perciò composto. Ma
Dio è sommamente semplice, come s'è già visto. Dunque Dio non
è il sommo bene.
2. Il bene è ciò che è desiderato da tutti gli esseri, come dice Aristotele.
Ora, non c'è nient'altro che sia da tutti gli esseri desiderato,
all'infuori di Dio, il quale è il fine di tutte le cose. Dunque non
c'è altro bene che Dio. Come sembra anche da ciò che è detto nel Vangelo: "Nessuno è buono, se non il solo Dio". Ora, sommo si dice
in confronto di altri: p. es., sommo caldo in confronto di tutti gli
altri corpi caldi. Dunque Dio non può dirsi sommo bene.
3. Sommo importa comparazione. Ora, cose che non sono di uno
stesso genere non sono tra loro paragonabili; così sarebbe strano
dire che la dolcezza è più grande o più piccola della linea. Non essendo
dunque Dio nel medesimo genere degli altri beni, come si è
visto sopra, non pare che Dio possa dirsi sommo bene in confronto
di essi.
IN CONTRARIO: S. Agostino dice che la Trinità delle divine persone
"è
il sommo bene, che solo le menti del tutto pure possono conoscere".
RISPONDO: Dio è il sommo bene in modo assoluto, e non soltanto
in qualche genere od ordine di cose. Infatti, il bene si attribuisce a Dio,
come abbiamo visto, in quanto che tutte le perfezioni desiderate
emanano da lui come da prima causa. Ora, tali perfezioni non
scaturiscono da Dio come da causa univoca, come si è già detto; ma
come da agente che non ha in comune con i suoi effetti né la specie,
né il genere. Ora, nella causa univoca la somiglianza dell'effetto
si trova in modo uniforme; ma in una causa equivoca (analoga) vi
si trova in grado più eminente, come (p. es.) il calore si trova a un
grado più alto nel sole che nel fuoco. Così dunque è necessario che
in Dio il bene si trovi in grado eccellentissimo, essendo in lui come
nella causa non univoca di tutti gli esseri. E per questo motivo si
chiama il sommo bene.
SOLUZIONE
DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Sommo bene non aggiunge al bene
un qualche cosa di reale, ma soltanto una relazione. Ora, la relazione
che passa tra Dio e le creature è reale nella creatura, non già
in Dio; in Dio è soltanto di ragione; così un oggetto si dice scibile
in ordine alla scienza, non perché abbia (una reale inclinazione o)
rapporto alla scienza, ma perché la scienza (è ordinata e) ha un
rapporto ad esso. E così non è necessario (concludere) che nel sommo
bene ci sia una qualche composizione, ma solo che tutte le altre cose
(in bontà) sono al di sotto di lui.
2. La definizione
"il bene è ciò che tutti desiderano" non s'intende
nel senso che qualunque bene sia da tutti desiderato; ma nel senso
che tutto ciò che è desiderato ha ragione di bene. - L'espressione evangelica
"nessuno
è buono, se non il solo Dio" va spiegata così: buono
per essenza, come si dirà appresso.
3. Cose che non appartengono al medesimo genere, e che tuttavia
sono contenute ciascuna in generi diversi, non si possono tra loro
confrontare. Ma di Dio si nega che sia nel medesimo genere delle
altre cose, non perché egli sia in qualche altro genere; ma perché è
fuori di ogni genere ed è principio di tutti i generi. E così può
esser messo a confronto con le creature in quanto le trascende. E tale è
la relazione che importa il sommo bene.
ARTICOLO
3
Se esser buono per essenza sia proprio di Dio
SEMBRA che esser buono per essenza non sia proprio di Dio. Infatti:
1. Come
l'uno si identifica con l'ente, così, e si è visto, anche il
bene. Ora, secondo Aristotele, ogni ente è uno per essenza. Dunque
ogni ente è buono per essenza.
2. Se il bene è ciò che tutte le cose desiderano, siccome proprio
l'essere è da tutti desiderato, ne viene che l'essere stesso di ciascuna
cosa è il suo bene. Ora, ciascuna cosa è ente in forza della propria
essenza. Dunque ciascuna cosa è buona per la sua essenza.
3. Ogni cosa è buona per la sua bontà. Se dunque vi è qualche cosa
che non sia buona per essenza, bisognerà che la sua bontà non sia
la sua essenza. Ma siccome questa bontà è un ente, bisogna che
anch'essa sia buona; e se lo è per un'altra bontà, la stessa questione
si farà di quest'altra bontà. E quindi o bisognerà andare
all'indefinito o giungere a qualche bontà che è buona (in se stessa, per
essenza e) non per un'altra bontà. Ma allora per la stessa ragione
dobbiamo arrestarci al primo caso. Perciò ogni cosa è buona per essenza.
IN CONTRARIO: Dice Boezio che ogni altra cosa distinta da Dio è
buona per partecipazione. Dunque non per essenza.
RISPONDO: Soltanto Dio è buono per essenza. Infatti, ogni cosa si
dice buona secondo che è perfetta. Ora, ogni cosa ha una triplice
perfezione. La prima consiste nella costituzione del suo essere (sostanziale).
La seconda consiste nell'aggiunta di alcuni accidenti richiesti
per la sua perfetta operazione. La terza nel raggiungimento
di qualche cosa come proprio fine. P. es., la prima perfezione del
fuoco consiste nell'essere medesimo che ha in virtù della sua forma
sostanziale; la seconda consiste nel suo calore, nella sua levità e
secchezza, ecc.; la terza nel cessare dal suo moto di ascesa raggiunto
che abbia il luogo.
Ora, questa triplice perfezione a nessun essere creato compete per
essenza, ma soltanto a Dio: perché in lui soltanto l'essenza si identifica
col suo essere, e in lui non sopraggiungono accidenti; ma le
stesse cose che degli altri esseri si dicono accidentalmente, a lui convengono
essenzialmente, come essere potente, sapiente e così via,
ed è chiaro da quel che si è detto. Egli inoltre non è ordinato ad
alcun fine; ma è egli stesso il fine di tutte le cose. Perciò è chiaro che
soltanto Dio ha l'assoluta perfezione nella sua essenza, e perciò egli
solo è buono per essenza.
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. L'uno non importa l'idea di perfezione,
ma solo di indivisione, la quale conviene ad ogni cosa per la
sua essenza. Le essenze delle cose semplici, poi, sono indivise tanto
attualmente che potenzialmente; quelle dei composti invece sono
indivise soltanto attualmente. E perciò è necessario che ogni cosa
per la sua essenza sia una, non già buona, come si è dimostrato.
2. Sebbene ogni cosa sia buona in quanto ha l'essere, tuttavia l'essenza
della creatura non è (come Dio) lo stesso suo essere; perciò
non segue che la creatura sia buona per la sua essenza.
3. La bontà di una cosa creata non è la sua stessa essenza, ma
un qualche cosa di aggiunto; cioè la sua propria esistenza, o qualche
perfezione accidentale, o il suo ordinamento ad un fine. Tuttavia
questa stessa bontà così aggiunta si dice buona nel senso stesso
che si dice ente: ora, si dice ente perché per mezzo di essa qualche
cosa viene ad essere, ma non perché essa sia in forza di altra cosa.
Quindi alla stessa guisa si dirà buona, perché per mezzo di essa
qualche cosa è buona, non già che essa abbia (bisogno di) qualche
altra bontà per esser buona.
ARTICOLO 4
Se tutte le cose siano buone della bontà di Dio
SEMBRA che tutte le cose siano buone della bontà di Dio. Infatti:
1. Dice
S. Agostino: "Considera questo e quel bene, togli questo e
quello, e, se puoi, guarda il bene stesso: così vedrai Dio, non buono
per altro bene, ma bene di ogni bene". Ora, ogni essere è buono della
propria bontà. Dunque ogni essere è buono di quella stessa bontà, che è Dio.
2. Al dire di Boezio tutte le cose si dicono buone in quanto ordinate
a Dio, e ciò a motivo della divina bontà. Dunque tutti gli esseri
sono buoni della bontà divina.
IN CONTRARIO: Tutte le cose sono buone in quanto esistono. Ora, le
cose tutte non si dicono esistenti per l'essere divino, ma per il proprio
essere. Dunque non sono buone della bontà divina, ma della
propria bontà.
RISPONDO: Niente impedisce, se si tratta di attributi che importano
relazione, che un ente si denomini da qualche cosa di estrinseco,
come un oggetto dal luogo si dice collocato, e dalla misura misurato.
Ma riguardo agli attributi assoluti delle cose ci fu diversità di opinioni.
Infatti Platone affermò l'esistenza di specie separate di tutte
le cose: e disse che da esse si denominano gli individui, come se
partecipassero delle specie separate; così, p. es., Socrate si dice uomo
precisamente perché partecipa dell'idea separata di uomo. E come
poneva l'idea separata di uomo e di cavallo, ch'egli chiamava uomo
per sé, cavallo per sé, così poneva l'idea separata di ente e di uno,
chiamandola ente per sé, uno per sé; e dalla partecipazione di queste
idee ogni cosa diceva chiamarsi ente o una. E questo ente per sé e
uno per sé affermava essere il sommo bene. E siccome il bene, ed
anche l'uno, si identifica con l'ente, lo stesso bene per sé lo chiamava
Dio, dal quale tutte le cose si dicono buone per partecipazione. - Sebbene
quest'opinione, come ripetutamente dimostra Aristotele, sia irragionevole
nell'ammettere le specie degli esseri fisici in stato di separazione
e per sé sussistenti, tuttavia è assolutamente vero che vi
è una prima realtà che per sua essenza è ente e bene, e che noi chiamiamo Dio,
come si è dimostrato sopra. E su questo punto anche
Aristotele è d'accordo.
Dalla prima realtà
dunque, che è ente e bene per essenza, ogni
cosa può dirsi buona e ente in quanto partecipa di essa secondo una
certa somiglianza, sia pure alla lontana e in misura limitata, come
si è detto. Così, per conseguenza, ogni cosa si dice buona dalla bontà
divina, come da prima causa esemplare, efficiente e finale di ogni
bontà. Tuttavia ogni cosa si dice buona per una somiglianza sua
propria della divina bontà ad essa inerente, che è formalmente la
sua bontà, e dalla quale si denomina. E così abbiamo una bontà
sola di tutte le cose, e anche molte bontà.
E con ciò è evidente la risposta da darsi agli argomenti presentati.
|