La Legge Evangelica
Somma Teologica I-II, q. 107
Confronto tra la legge nuova e l'antica
Veniamo ora a considerare
il confronto tra la legge nuova e l'antica. Sull'argomento si pongono quattro quesiti: 1. Se la
legge nuova
sia una legge distinta da quella antica; 2. Se la legge nuova completi
l'antica; 3. Se la legge nuova sia contenuta nella legge antica;
4. Se sia più gravosa la legge nuova o quella antica.
ARTICOLO
1
Se la legge nuova sia distinta dalla legge antica
SEMBRA che la nuova legge non sia distinta da quella antica. Infatti:
1. Sia l'una che l'altra è data per coloro che credono in Dio: poiché,
a detta di S. Paolo, "senza la fede è impossibile piacere a Dio". Ora, la Glossa afferma che la fede degli antichi è identica a
quella dei tempi nuovi. Dunque è identica anche la legge.
2. S. Agostino scrive, che
"tra Legge e Vangelo è breve la distanza,
quella cioè che passa tra il timore e l'amore". Ma le due
leggi ricordate non possono distinguersi su questo punto; poiché
anche nell'antica legge troviamo i precetti della carità: "Amerai
il prossimo tuo", e "Amerai il Signore Dio tuo". - Così pure non
possono distinguersi secondo l'altra differenza proposta da S. Agostino,
cioè per il fatto "che l'antico Testamento presentava promesse temporali,
mentre il nuovo presenta promesse spirituali ed eterne". Poiché anche nel nuovo Testamento si fanno delle promesse temporali,
come in quel passo di S. Marco: "Riceverà il centuplo adesso,
in questo tempo, in case, fratelli, ecc.". Mentre anche
nell'antico Testamento si aveva la speranza di cose spirituali
ed eterne, come si rileva dalle parole di S. Paolo: "Aspirano ad
una patria migliore, cioè ad una patria celeste". E ciò vien detto
degli antichi Patriarchi. Quindi sembra che la nuova legge non si
distingua da quella antica.
3. Sembra che l'Apostolo voglia distinguere le due leggi col chiamare
l'antica "legge delle opere", e la nuova "legge della fede".
Ma l'antica legge fu anch'essa della fede, secondo l'espressione
paolina che si riferisce agli antichi Padri: "Tutti costoro ebbero
testimonianza per la fede". D'altra parte la nuova legge è una legge
di opere; poiché si legge nel Vangelo: "Fate del bene a quelli
che vi odiano"; "Fate questo in mio ricordo". Dunque la nuova
legge non si distingue da quella antica.
IN CONTRARIO: L'Apostolo insegna:
"Mutato il sacerdozio, di necessità
avviene anche il mutamento della legge". Ma il sacerdozio
del nuovo Testamento, come S. Paolo dimostra nel brano citato, è
distinto da quello dell'antico Testamento. Dunque è distinta anche
la legge.
RISPONDO: Come abbiamo già visto, qualsiasi legge ordina la vita
umana a un determinato fine. Ora le cose che dicono ordine a un
fine possono differenziarsi tra loro in rapporto al fine, per due motivi.
Primo, perché sono ordinate a fini diversi: e allora si ha una differenza specifica, soprattutto se si tratta del fine immediato. Secondo,
in base alla vicinanza o alla lontananza del fine. I vari moti,
p. es., differiscono specificamente tra loro in quanto sono indirizzati
verso termini differenti: invece per il fatto che una fase del
moto è più vicina al termine di un'altra, determina una differenza
nel moto stesso, come ciò che è imperfetto differisce dalla sua perfezione.
Perciò due leggi si possono distinguere tra loro in due maniere.
Primo, come del tutto diverse, perché ordinate a fini diversi: la legge
di uno stato, p. es., ordinato a regime popolare differisce specificamente
da quella di uno stato a regime aristocratico. - Secondo,
due leggi possono distinguersi tra loro per il fatto che l'una è ordinata
al fine più immediatamente dell'altra. In un medesimo stato, p. es.,
la legge imposta alle persone mature, che sono già capaci
di eseguire quanto è richiesto dal bene comune, è diversa dalla legge
per l'educazione dei bambini, i quali devono essere formati
ad eseguire in seguito le azioni dei grandi.
Dobbiamo quindi concludere che la nuova legge non differisce
dalla legge antica nella prima maniera: essendo unico il fine di entrambe,
cioè la sottomissione degli uomini a Dio; e d'altra parte
unico è il Dio del nuovo e del vecchio Testamento, secondo l'espressione
paolina: "Unico è il Dio che giustifica i circoncisi per la fede
come i non circoncisi mediante la fede". - Ma la legge nuova è
distinta dalla legge antica nell'altra maniera. Poiché l'antica legge è
come il pedagogo dei bambini, secondo le parole dell'Apostolo:
mentre la nuova legge è una legge di perfezione perché legge della carità,
di cui l'Apostolo afferma che è "il vincolo della perfezione".
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. L'unità della fede dei due Testamenti
dimostra l'unità del fine: infatti sopra abbiamo spiegato che oggetto
delle virtù teologali, tra le quali c'è la fede, non è che il fine ultimo.
Tuttavia la fede ebbe stati diversi nell'antica e nella
nuova legge: poiché quanto allora si credeva come cosa futura, oggi
si crede come cosa avvenuta.
2. Tutte le difterenze. che si è soliti stabilire tra l'antica
e la nuova legge, sono concepite in base ai rapporti tra una cosa imperfetta
e la sua perfezione. Infatti i precetti di qualsiasi legge riguardano
sempre atti di virtù. Ma a compiere codesti atti non sono
spinti allo stesso modo gli uomini imperfetti, che non hanno ancora
l'abito della virtù, e quelli già perfetti per i loro abiti virtuosi.
Poiché chi è privo dell'abito virtuoso è spinto ad agire virtuosamente
da una causa estrinseca: cioè dalla minaccia del castigo, o
dalla promessa di un premio, dagli onori, p. es., dalle ricchezze,
o da altre cose del genere. Ecco perché l'antica legge, che fu data
ad uomini imperfetti, cioè privi della grazia spirituale, è stata chiamata
"legge
del timore", poiché induceva all'osservanza dei precetti
con la minaccia di determinati castighi. E si afferma che essa
aveva delle promesse di beni temporali. - Invece gli uomini provvisti
di virtù sono spinti all'esercizio delle azioni virtuose dall'amore
delle virtù, e non dal castigo, o dal premio estrinseco ad esse.
Ecco perché la nuova legge, la quale principalmente consiste nella
grazia divina infusa nei cuori, viene chiamata "legge dell'amore".
E si dice che ha promesse di beni spirituali ed eterni, che sono l'oggetto
stesso della virtù, specialmente della carità. Perciò ad essi le
persone virtuose sono portate per se stesse, non come verso cose
estranee, ma come verso il proprio oggetto. - Per questo stesso motivo
si dice che l'antica legge "tratteneva la mano e non l'animo":
poiché quando uno si astiene dal peccato per paura del castigo, la
sua volontà non desiste dalla colpa in senso assoluto, come la volontà
di colui che se ne allontana per amore dell'onestà. Ed ecco
perché si dice che la nuova legge, legge dell'amore, "trattiene l'animo".
Tuttavia nell'antico Testamento ci furono anime ripiene di carità
e della grazia dello Spirito Santo, le quali guardavano principalmente
alle promesse spirituali ed eterne. E sotto tale aspetto costoro
appartenevano alla nuova legge. - Così nel nuovo Testamento ci
sono degli uomini carnali che ancora non hanno raggiunto la perfezione
della nuova legge, e che bisogna indurre alle azioni virtuose
con la paura del castigo, o con la promessa di beni temporali.
Però l'antica legge, anche se dava i precetti della carità, non era
in grado di offrire la grazia dello Spirito Santo, in virtù del quale,
come dice S. Paolo, "la carità di Dio si è riversata nei nostri cuori".
3. Come sopra abbiamo detto, la nuova legge viene denominata
"legge della fede", in quanto il suo elemento principale consiste nella
grazia interiore concessa ai credenti: tanto che è denominata anche "grazia
della fede". Invece come elemento secondario troviamo
in essa delle azioni sia morali che sacramentali: ma esse non
costituiscono l'aspetto principale della nuova legge, come invece lo
costituiscono per quella antica. Quelli però che nell'antico Testamento
furono accetti a Dio per la fede, sotto questo aspetto appartenevano
al nuovo Testamento: infatti essi non venivano giustificati
che dalla fede in Cristo, artefice del nuovo Testamento. Ecco
perché a proposito di Mosè così si esprime l'Apostolo: "Stimò maggior
ricchezza dei tesori egiziani l'obbrobrio di Cristo".
ARTICOLO
2
Se la nuova legge dia compimento a quella antica
SEMBRA che la nuova legge non dia compimento a quella antica. Infatti:
1. L'impletio è il contrario dell'evacuatio. Ora, la nuova legge
evacua, ovvero abolisce le osservanze dell'antica. Infatti l'Apostolo
scrive: "Se vi circoncidete, Cristo non vi giova a nulla". Dunque
la nuova legge non dà compimento alla legge antica.
2. Il contrario di una cosa non può esserne il compimento. Ma il
Signore nella nuova legge ha dato dei precetti contrari ai precetti
della legge antica: "Voi avete udito che fu detto agli antichi:
Chiunque rimanda la propria moglie, le dia il libello del ripudio. Io invece vi dico: Chiunque manda via la propria moglie la rende adultera". E così fece col proibire il giuramento, la legge del contrappasso,
e l'odio dei nemici. Inoltre il Signore mostra di abrogare
i precetti dell'antica legge sulla distinzione dei cibi: "Quello che
entra dalla bocca non contamina l'uomo". Perciò la nuova legge
non è il compimento dell'antica.
3. Chi agisce contro una legge non le dà compimento. Ora, Cristo
in certi casi ha agito contro la legge. Infatti egli toccò un lebbroso
come narra S. Matteo: il che era proibito dalla legge. Così sembra
che abbia violato più volte il sabato; tanto che gli ebrei dicevano: "Non
può venire da Dio quest'uomo che non osserva il sabato".
Dunque Cristo non ha adempiuto la legge. E quindi la nuova
legge data da lui non è il compimento di quella antica.
4. La legge antica abbracciava precetti morali, cerimoniali e giudiziali,
come sopra abbiamo visto. Ma il Signore nell'enunziare il
compimento di certi precetti della legge, nel capitolo 5 di S. Matteo,
non accenna affatto ai precetti giudiziali e cerimoniali. Quindi
la legge nuova non sembra essere il compimento di tutta l'antica legge.
IN CONTRARIO: Il Signore afferma:
"Non sono venuto per abolire
la legge, ma per completarla". E aggiunge: "Non passerà dalla legge
neppure un iota o
un segno, senza che tutto sia compiuto".
RISPONDO: La nuova legge, come abbiamo detto, sta alla legge antica,
come una cosa perfetta sta alla sua imperfezione. Ora, tutto
ciò che è perfetto dà compimento a quanto manca nella cosa imperfetta.
E dunque in tal senso la nuova legge compie la legge antica,
colmandone le deficienze.
Ora, nell'antica legge si possono considerare due cose: il fine e i
precetti della legge. Ebbene, come abbiamo già spiegato, il fine di
ogni legge è rendere gli uomini giusti e virtuosi. Quindi il fine della
legge antica era la giustificazione degli uomini, la quale ultima
superava la capacità di essa, ma veniva soltanto prefigurata da certe
sue cerimonie, e promessa dalle sue parole. E da questo lato la nuova
legge dà compimento alla legge antica, giustificando in virtù della
passione di Cristo. Così infatti si esprime l'Apostolo: "Quello
che era impossibile alla legge, Dio, mandando suo Figlio in carne
simile a quella del peccato, condannò il peccato nella carne, affinché
la giustificazione della legge si adempisse in noi". - E da questo
lato la legge nuova dà quello che l'antica aveva promesso,
secondo le parole di S. Paolo: "Quante sono le promesse di Dio,
si avverano in lui", cioè in Cristo. - Inoltre da questo lato essa
dà compimento a quanto l'antica legge prefigurava. S. Paolo infatti
afferma, a proposito dei precetti cerimoniali, che erano "ombra
delle cose future, ma il corpo", cioè la verità, "è Cristo".
Ecco perché la legge nuova si denomina "legge della verità"; mentre
quella antica si dice "dell'ombra" o "delle figure".
Quanto poi ai precetti dell'antica legge Cristo ha dato loro compimento
con l'opera e con la dottrina. Con l'opera, perché volle essere
circonciso, ed osservare tutte le altre pratiche legali che erano allora
in vigore, secondo l'espressione paolina: "Fatto sotto la legge". - Col
suo insegnamento, poi, diede compimento alla legge in tre modi.
Primo, spiegandone il vero significato. Ciò è evidente nel caso
dell'omicidio e dell'adulterio, la cui proibizione gli Scribi e i Farisei
riducevano al solo atto esterno: e quindi il Signore diede
compimento alla legge, mostrando che anche gli atti interni ricadono
sotto quella proibizione. - Secondo, indicando la maniera
più sicura per osservare le norme date dall'antica legge. Quest'ultima, p. es.,
ordinava di non fare spergiuri: ma questo si osserva
con maggior sicurezza, se ci si astiene del tutto dal giurare, eccetto
casi di necessità. - Terzo, aggiungendovi certi consigli di
perfezione; il che è evidente là dove il Signore, in risposta a chi
gli diceva di aver osservato i precetti della legge antica, replicava: "Una
sola cosa ti manca. Se vuoi essere perfetto, va', vendi
tutto ciò che hai, ecc.".
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. La nuova legge abolisce l'osservanza
della legge antica solo per i precetti cerimoniali, come sopra abbiamo
dimostrato. Ma questi servirono soltanto a prefigurare le cose future.
Quindi per il fatto stesso che i precetti cerimoniali hanno
avuto compimento con l'attuazione di quanto prefiguravano, non sono
più da osservarsi: poiché se venissero osservati, indicherebbero
che qualche cosa deve avvenire e non è ancora compiuta. La promessa
di un dono, p. es., non ha più ragion d'essere, una volta che la
promessa è adempiuta con l'offerta del dono. Ecco perché le cerimonie
figurali dell'antica legge sono abrogate dal loro compimento.
2. Come spiega S. Agostino, codesti precetti del Signore non sono
contrari ai precetti dell'antica legge. "Infatti quando il Signore comanda
di non rimandare la moglie, non è contrario a ciò che comanda
la legge. Poiché la legge non dice: Chi vuole, rimandi la
moglie; che sarebbe contro il comando di non rimandarla. Ché anzi
non voleva certo si rimandasse la moglie chi imponeva un ritardo,
perché l'animo infiammato dal dissidio avesse modo di calmarsi,
riflettendo nello scrivere il libello del ripudio". "Ecco perché il Signore,
a conferma di questa prescrizione di non rimandare facilmente la moglie,
eccettuò il solo caso di fornicazione". - Lo stesso si dica
per la proibizione del giuramento, come abbiamo già spiegato. Così
pure per la proibizione del contrappasso. Infatti la legge impose
delle norme alla vendetta, perché non ci si abbandonasse ad una
vendetta esagerata: e il Signore distoglie perfettamente da codesto
pericolo, esortando ad astenersi da qualsiasi vendetta. Rispetto all'odio
verso i nemici egli corregge la falsa interpretazione dei Farisei,
esortandoci a odiare non la persona, ma la sua colpa. - E a
proposito dei cibi, trattandosi di leggi cerimoniali, il Signore non
comandava che allora non si osservassero: ma voleva dimostrare
che quei cibi non erano affatto immondi per la loro natura, bensì
per quello che significavano, secondo le spiegazioni da noi date in precedenza.
3. Il contatto dei lebbrosi era proibito dalla legge, perché l'uomo
contraeva in esso una specie di irregolarità, come nel contatto con
un morto, secondo le spiegazioni date. Ma il Signore che era il guaritore
dei lebbrosi non poteva contrarre la lebbra. - Inoltre non
si può dire che realmente egli abbia violato il sabato con le opere
da lui compiute in esso, come dimostra il Maestro medesimo nel
Vangelo: sia perché compiva i miracoli con la potenza divina, la
quale opera continuamente nel mondo; sia perché compiva opere
necessarie alla salvezza degli uomini, mentre gli stessi Farisei in
giorno di sabato provvedevano a salvare gli animali; sia anche per
ragione di necessità, come quando ebbe a scusare gli apostoli, che
raccoglievano le spighe in giorno di sabato. Ma sembrava che egli
lo violasse secondo la superstiziosa interpretazione dei Farisei, i
quali credevano che in giorno di sabato bisognava astenersi anche
dalle opere richieste per la salute: il che era contrario alle intenzioni
della legge.
4. I precetti cerimoniali non sono ricordati nel capitolo 5 di S. Matteo,
perché la loro osservanza è del tutto abolita dal loro adempimento,
come si è detto. - Invece tra i precetti giudiziali viene ricordata
la legge del contrappasso: perché quanto si dice di essa si
possa intendere di tutte le altre. Ora a proposito di codesto precetto
egli insegna che non era intenzione della legge esigere la pena del
taglione, per sfogare il livore della vendetta che egli proibisce, ma
solo per amore della giustizia; ricordando che si deve essere disposti
a soffrire ingiurie anche più gravi. E ciò rimane anche nella nuova legge.
ARTICOLO
3
Se la nuova legge sia contenuta nella legge antica
SEMBRA che la nuova legge non sia contenuta nella legge antica.
Infatti:
1. La nuova legge consiste principalmente nella fede: tanto è vero
che S. Paolo la chiama "legge della fede". Ma nella nuova legge
vengono insegnati molti dogmi di fede che non sono contenuti in
quella antica. Dunque la nuova legge non è contenuta in essa.
2. Un autore, nel commentare quel passo evangelico:
"Chi violerà uno di questi minimi precetti", afferma che i precetti
della legge sono minori, mentre quelli del Vangelo sono più grandi.
Ora, una cosa più grande non può essere contenuta in una più piccola.
Quindi la legge nuova non è contenuta in quella antica.
3. Una cosa che è contenuta in un'altra è simultanea a quella che
la contiene. Perciò, se la legge nuova fosse contenuta nell'antica,
posta l'antica legge, ne seguirebbe la presenza anche della legge nuova.
E quindi era inutile dare la nuova legge essendovi già quella
antica. Dunque la legge nuova non è contenuta nell'antica.
IN CONTRARIO: In Ezechiele si legge, che
"una ruota era dentro l'altra ruota";
e San Gregorio spiega: "Il nuovo Testamento era dentro quello vecchio".
RISPONDO: Una cosa può essere contenuta in un'altra in due maniere.
Primo, in maniera attuale: cioè come un corpo in un luogo.
Secondo, in maniera virtuale, come un effetto nella sua causa, o
come il completamento in una cosa incompleta: cioè come il genere
contiene virtualmente le specie, e come il seme contiene l'albero intero.
E in questa seconda maniera la legge nuova è contenuta
nell'antica: infatti abbiamo già visto che la legge nuova sta a quella antica,
come una cosa perfetta alla sua imperfezione. Ecco perché il Crisostomo,
nel commentare quel passo evangelico: "La terra
produce da se stessa il frutto; prima l'erba, poi la spiga, poi il
grano nella spiga", fa questa applicazione: "Prima produce l'erba
con la legge naturale; poi le spighe, con la legge di Mosè; quindi il
grano perfetto col Vangelo". Perciò la legge nuova è contenuta
nell'antica legge come il frutto nella spiga.
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Tutti i dogmi che il nuovo Testamento
propone a credere in modo chiaro ed esplicito sono insegnati
anche dall'antico Testamento, però in maniera implicita e figurale.
Perciò anche da questo lato dei dogmi la legge nuova è contenuta nell'antica.
2. I precetti della legge nuova sono maggiori di quelli contenuti
nell'antica per una più esplicita chiarezza. Ma quanto alla sostanza
sono già tutti contenuti nel vecchio Testamento. Infatti S. Agostino nota,
che "quasi tutti gli ammonimenti e i precetti dati dal Signore
là dove ripete: "Io invece vi dico", si trovano anche in quegli antichi
libri. Ma poiché per omicidio ci si limitava a intendere l'uccisione
del corpo umano, il Signore spiegò che ogni moto cattivo, il
quale tende a danneggiare un fratello, rientra nel genere dell'omicidio".
Ebbene, i precetti della legge nuova si dicono maggiori dei
precetti dell'antica legge per codeste chiariflcazioni. Tuttavia niente
impedisce che una cosa più grande sia contenuta virtualmente in
una più piccola: come l'albero, p. es., è contenuto nel seme.
3. Ciò che è implicito ha bisogno di essere dichiarato. Ecco perché
dopo la legge antica era necessaria la promulgazione della nuova legge.
ARTICOLO
4
Se la nuova legge sia più gravosa di quella antica
SEMBRA che la nuova legge sia più gravosa di quella antica. Infatti:
1. Il Crisostomo così commenta quel passo di S. Matteo:
"Chi violerà
uno di questi minimi precetti": "I precetti di Mosè, "Non
uccidere", "Non
commettere adulterio", nella pratica sono facili. Mentre i precetti
di Cristo, "Non ti adirare", "Non desiderare", in pratica sono difficili".
Dunque la legge nuova è più gravosa dell'antica.
2. È più facile godere la prosperità, che sopportare le tribolazioni.
Ora, nell'antico Testamento l'osservanza della legge era accompagnata
dalla prosperità terrena, come appare dal Deuteronomio. Invece
quelli che osservano la nuova legge sono perseguitati da molteplici
avversità, come appare dall'esortazione di S. Paolo: "Mostriamoci
quali ministri di Dio pronti alla costanza, in mezzo alle
afflizioni, alle necessità, alle angustie, ecc.". Quindi la legge nuova
è più gravosa dell'antica.
3. Ciò che perfeziona e completa una norma è più difficile di essa.
Ora, la nuova legge completa così quella antica. Infatti l'antica
legge proibiva lo spergiuro, la legge nuova proibisce anche il giuramento;
l'antica legge proibiva il divorzio, fatto senza il libello del
ripudio, la legge nuova lo proibisce del tutto; come appare dal testo
di S. Matteo, secondo le spiegazioni di S. Agostino. Dunque la
legge nuova è più gravosa dell'antica.
IN CONTRARIO: Nel Vangelo si legge:
"Venite a me voi tutti che
siete affaticati e oppressi". E S. Ilario spiega: "Egli chiama a sé
coloro che sono affaticati per la difficoltà della legge, e oppressi dai
peccati del mondo". E applica al giogo della legge evangelica le parole
che seguono: "Il mio giogo è dolce, e il mio peso è leggero".
Perciò la nuova legge è più leggera dell'antica.
RISPONDO: Nelle azioni virtuose, oggetto delle norme di legge, si
possono considerare due tipi di difficoltà. Il primo deriva dalle opere
esterne, che in se stesse presentano una certa difficoltà e gravezza.
E quanto a questo la legge antica è molto più gravosa della nuova:
poiché l'antica legge obbligava a un maggior numero di atti esterni
per la complessità delle cerimonie, a differenza della legge nuova,
la quale, nell'insegnamento di Cristo e degli Apostoli, aggiunge ben
poche cose ai precetti della legge naturale; sebbene in seguito siano
state aggiunte alcune prescrizioni per iniziativa dei Santi Padri. Ma
in queste ultime norme S. Agostino stesso dice che si deve usare
moderazione, affinché la vita dei fedeli non risulti gravosa. Infatti
egli critica certuni, i quali "aggravano di pesi servili anche
la nostra religione, che la misericordia di Dio ha voluto rendere libera
nella pratica di pochi ed evidentissimi sacramenti, così da
rendere più tollerabile la condizione dei Giudei, i quali nell'osservanza
dei sacramenti legali non sono soggetti a presuntuose invenzioni umane".
Il secondo tipo di difficoltà deriva nelle opere virtuose dalle disposizioni
interiori: è difficile, p. es., compiere un atto di virtù
prontamente e con piacere. È questa la difficoltà delle virtù: infatti
per chi non ha la virtù ciò è molto difficile; mentre la virtù
lo rende facile. E quanto a questo i precetti della nuova legge sono
più gravosi dei precetti della legge antica: poiché nella nuova legge
vengono proibiti i moti interiori dell'animo, che invece non erano
espressamente proibiti dalla legge antica, sebbene lo fossero in materie
particolari; però senza un castigo che rafforzasse codesta proibizione.
Ora, questa è una cosa difficilissima per chi non ha la
virtù: e il Filosofo stesso afferma che compiere le opere del giusto è cosa
facile; ma compierle nel modo che il giusto le compie,
cioè con piacere e prontezza, è cosa difficile per chi non possiede
l'abito della giustizia. Ecco perché S. Giovanni poteva affermare
che "i suoi comandamenti non sono gravosi": "Non sono gravosi
per chi ama", spiega S. Agostino, "ma sono tali per chi non ama".
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. In quel passo si parla espressamente
della difficoltà della nuova legge, relativa alla repressione
diretta dei moti interiori.
2. Le tribolazioni che soffrono coloro i quali
osservano la nuova
legge non sono imposte dalla legge stessa. E tuttavia mediante
l'amore, in cui codesta legge consiste, sono facilmente sopportate:
poiché, come dice S. Agostino, "l'amore riduce quasi a nulla ogni
crudeltà e ogni barbarie".
3. Le aggiunte fatte ai precetti dell'antica legge sono ordinate a
renderne più facile l'adempimento, come nota S. Agostino. Perciò
questo non dimostra che la nuova legge è più gravosa, ma che è più facile.
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