La Speranza
Somma Teologica II-II, q. 18
Il soggetto della speranza
Passiamo a considerare il soggetto della speranza.
Sull'argomento si pongono quattro quesiti: 1. Se la virtù della
speranza risieda nella volontà; 2. Se si trovi nei beati; 3. Se si
trovi nei dannati; 4. Se nei viatori essa abbia la dote della certezza.
ARTICOLO
1
Se la speranza risieda nella volontà
SEMBRA che la speranza non risieda nella volontà. Infatti:
1. Come abbiamo già visto, oggetto della speranza è il bene
arduo. Ora, l'arduo non è oggetto della volontà, ma dell'irascibile.
Dunque la speranza non è nella volontà, ma nell'irascibile.
2. Quando per una funzione basta una cosa sola, è superfluo
aggiungerne un' altra. Ebbene, a perfezionare la volontà basta la
carità, che è la più perfetta delle virtù. Perciò la speranza non
è nella volontà.
3. Una facoltà non può emettere simultaneamente due atti: l'intelletto,
p. es., non può intendere simultaneamente più cose.
Invece l'atto della speranza può essere simultaneo all'atto della
carità. Ora, dal momento che l'atto della carità appartiene senza
dubbio alla volontà, non può appartenere a questa l'atto della
speranza. E quindi la speranza non risiede nella volontà.
IN CONTRARIO: L'anima è capace di possedere Dio solo con la
mente; la quale abbraccia, a detta di S. Agostino, memoria, intelligenza
e volontà. Ma la speranza è una virtù teologale, che ha
Dio per oggetto. Perciò non trovandosi essa nell'intelligenza o
nella memoria, che sono facoltà conoscitive, rimane che debba
trovarsi nella volontà.
RISPONDO: Come fu già da noi dimostrato, gli abiti sono conosciuti
dai loro atti. Ora, l'atto della speranza è un moto della
parte appetitiva, avendo il bene per oggetto. Ma trovandosi nell'uomo
due tipi di appetito, come abbiamo visto nella Prima Parte:
quello sensitivo che si divide in irascibile e concupiscibile, e quello
intellettivo che si chiama volontà; i moti analoghi che nell'appetito
inferiore sono accompagnati dalla passione, in quello superiore
sono senza le passioni, come abbiamo spiegato in precedenza.
Ora, gli atti della virtù della speranza non possono appartenere
all'appetito sensitivo: poiché il bene che è l'oggetto principale
di questa virtù non è un bene sensibile, ma è il bene divino.
Dunque la speranza risiede nell'appetito superiore, cioè nella volontà: non
già nell'appetito inferiore al quale appartiene l'irascibile.
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Oggetto dell'irascibile è il bene
arduo di ordine sensitivo. Invece oggetto della virtù della speranza
è l'arduo di ordine intellettivo; o piuttosto è l'arduo che trascende
lo stesso intelletto.
2. La carità basta a perfezionare la volontà rispetto all'atto di
amare. Ma si richiede un'altra virtù rispetto a quell'altro atto di
essa, che è l'atto di sperare.
3. Il moto della speranza e il moto della carità sono ordinati tra
loro, come sopra abbiamo notato. Perciò niente impedisce che
possano appartenere a un'unica potenza. Al pari dell'intelletto,
il quale è in grado d'intendere simultaneamente più cose ordinate
tra loro, come abbiamo visto nella Prima Parte.
ARTICOLO
2
Se la speranza si trovi nei beati
SEMBRA che la speranza si trovi nei beati.
Infatti:
1. Cristo fin dall'inizio del suo concepimento fu un perfetto comprensore.
Ora, egli aveva la speranza; poiché, stando alla Glossa
(interlineare), sono attribuite a lui quelle parole del Salmo: "In
te, Signore, io spero". Dunque nei beati può esserci la speranza.
2. Come è un bene arduo il conseguimento della beatitudine, lo
è pure la sua continuazione. Ma gli uomini prima di raggiungere
la beatitudine ne hanno la speranza. Perciò, dopo avere raggiunto
la beatitudine, possono sperare la continuazione di essa.
3. Con la virtù della speranza uno può sperare la beatitudine
non solo per sé, ma anche per gli altri. Ora, i beati che sono nella
patria sperano la beatitudine degli altri: diversamente non pregherebbero
per loro. Quindi nei beati può esserci la speranza.
4. Alla beatitudine dei santi appartiene non soltanto la gloria
dell'anima, ma anche quella del corpo. Ma le anime dei santi
che sono nella patria aspettano ancora la gloria del corpo, come
appare dalle parole dell'Apocalisse. e di S. Agostino. Dunque la
speranza può trovarsi nei beati.
IN CONTRARIO: Scrive
l'Apostolo: "Chi già vede una cosa, che
spera più?". Ora, i beati godono la visione di Dio. Dunque in essi
non esiste la speranza.
RISPONDO: Eliminato ciò che dà la specie a una cosa, la specie
svanisce, e la cosa non può rimanere identica: se eliminiamo,
p. es., la forma di un corpo fisico, esso non rimane della medesima specie. Ora, come si è detto sopra, la speranza riceve la specie dal
suo oggetto principaie, al pari delle altre virtù. Ma il suo oggetto
principale è la beatitudine eterna, in quanto è raggiungibile con
l'aiuto di Dio, come sopra abbiamo dimostrato. E poiché il bene
arduo raggiungibile è oggetto della speranza solo in quanto futuro,
quando la beatitudine non è ormai più futura, ma presente, la
virtù della speranza non può sussistere. Ecco perché la speranza,
come pure la fede, viene a cessare nella patria; e sia l'una che
l'altra non possono trovarsi nei beati.
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Cristo, pur essendo comprensore,
e quindi beato, per la fruizione di Dio; tuttavia era simultaneamente
un viatore per la passibilità della natura assunta. Perciò
allora egli poteva sperare la gloria dell'impassibilità e dell'immortalità.
Però non nel senso che avesse la virtù della speranza, la
quale ha come oggetto primario non la gloria del corpo, ma la fruizione di Dio.
2. La beatitudine dei santi si chiama vita eterna, perché nel
godimento di Dio partecipano in qualche modo dell'eternità divina,
che trascende tutti i tempi. Quindi la continuazione della
beatitudine non ammette distinzioni di presente, passato e futuro.
Perciò i beati non hanno la speranza di questa continuazione della
beatitudine, ma ne hanno la stessa realtà: poiché in essa manca
l'aspetto di cosa futura.
3. Mentre dura la virtù della speranza, uno spera la beatitudine
per sé e per altri con una medesima speranza. Ma svanita nei beati
la speranza con la quale speravano la propria beatitudine, continuano
a sperare la beatitudine altrui, ma non con la virtù della
speranza, bensì con l'amore di carità. Del resto chi ha la carità
di Dio ama con essa anche il prossimo: eppure egli può amare il
prossimo, senza avere più la carità, con un amore di altro genere.
4. Essendo la speranza una virtù teologale, avente Dio per oggetto,
l'oggetto principale di essa è la gloria dell'anima, che consiste
nella fruizione di Dio, e non la gloria del corpo. - Inoltre la
glorificazione del corpo, sebbene si presenti come cosa ardua rispetto
alla natura umana, non è più tale per chi possiede la gloria
dell'anima. Sia perché la gloria del corpo è una cosa minima a
confronto della gloria dell'anima. E sia perché chi ha la gloria
dell'anima possiede già la causa della glorificazione del corpo.
ARTICOLO
3
Se la speranza si trovi nei dannati
SEMBRA che nei dannati ci sia la speranza. Infatti:
1. Il diavolo è dannato e capo dei dannati, come risulta da
quelle parole evangeliche: "Andate, maledetti, nel fuoco eterno,
che è preparato per il diavolo e i suoi angeli". Ma nel diavolo non
manca la speranza; poiché sta scritto: "La speranza di lui rimarrà delusa". Perciò è evidente che i dannati hanno la speranza.
2. La speranza, come la fede, può essere formata ed informe.
Ma la fede informe può trovarsi nei demoni e nei dannati, come
appare da quel detto di S. Giacomo: "I demoni credono e tremano".
Dunque nei dannati può esserci anche la speranza informe.
3. Dopo la morte nessuno può acquistare un merito o un demerito,
che non avesse già in vita; poiché sta scritto: "Se un albero
cade a mezzodì o a settentrione, là dove cade ivi resterà". Ora,
molti di quelli che si dannano hanno avuto in vita la speranza,
senza mai disperare. Perciò avranno la speranza anche nella vita
futura.
IN CONTRARIO: La speranza causa la gioia, secondo l'espressione
paolina: "Godendo nella speranza". Ora, i dannati non sono nella
gioia, ma nel dolore e nel pianto; poiché sta scritto: "I miei servi
canteranno per la gioia del cuore, e voi griderete per il dolore, e
nella costernazione del vostro spirito urlerete". Dunque la speranza
non si trova nei dannati.
RISPONDO: Come il concetto di beatitudine implica il quietarsi
della volontà, così il concetto di pena implica la ripugnanza di
essa alla volontà. Ma ciò che non si conosce non può né quietare
né contrariare la volontà. Ecco perché S. Agostino afferma che gli angeli nel loro stato primitivo non potevano essere né beati prima
della confermazione (in grazia), né infelici prima del peccato, non
essendo a conoscenza del loro destino. Infatti per una vera e perfetta
beatitudine si richiede che uno sia certo della perpetua durata
di essa. Altrimenti la volontà non può quietarsi. Parimente, facendo
parte la durata perpetua della dannazione della pena dei
dannati, essa non sarebbe un vero castigo, se la volontà non ne
sentisse la ripugnanza; e questo è impossibile, se uno non conosce
la perpetuità della propria dannazione. Ecco perché la condizione
di infelicità dei dannati implica il fatto di conoscere che essi sono
nell'impossibilità di evadere la pena, e di raggiungere la beatitudine;
perciò in Giobbe sì legge: "Non ha fiducia di potersi ritrarre
dalle tenebre alla luce". È quindi evidente che essi non
possono concepire la beatitudine quale bene possibile; come i
beati non possono concepirla quale bene futuro. Perciò nei beati
e nei dannati non può esserci la speranza. Può trovarsi invece
nei viatori, sia in questa vita, che nel purgatorio: poiché costoro
possono concepire la beatitudine come un bene futuro raggiungibile.
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Si può rispondere con S. Gregorio
che l'affermazione vale non per il diavolo, ma per i suoi adepti la
cui speranza sarà frustrata. - Oppure, se si intende del diavolo
stesso, va riferita alla speranza con la quale egli conta di ottenere
vittoria sui santi, come sembrano indicare le parole precedenti: "Ha fiducia che il Giordano si riversi nella sua
bocca". Ma questa
non è la speranza di cui parliamo.
2. Come insegna S. Agostino,
"la fede ha per oggetto cose buone
e cattive, cose passate, presenti e future, cose proprie e cose altrui:
invece la speranza si limita alle cose buone, future riguardanti
il soggetto". Perciò nei dannati può esserci la fede informe, ma
non la speranza; poiché i doni di Dio non sono per essi raggiungibili
nel futuro, ma del tutto negati.
3. Il difetto di speranza non aggrava il demerito nei dannati,
come non accresce il merito dei beati la dissoluzione di essa: ma
queste due cose accompagnano il mutamento di stato.
ARTICOLO 4
Se la speranza dei viatori abbia la dote della certezza
SEMBRA che la speranza dei viatori non abbia la dote della certezza. Infatti:
1. La speranza risiede nella volontà. Ora, la certezza non appartiene
alla volontà, ma all'intelletto. Dunque la speranza è priva di
certezza.
2. Come sopra abbiamo ricordato,
"la speranza deriva dalla
grazia e dai meriti". Ma in questa vita non possiamo conoscere
con certezza di avere la grazia, secondo le spiegazioni date. Quindi
la speranza dei viatori non ha la dote della certezza.
3. Non può esserci certezza di ciò che può mancare. Ora, molti
viatori che hanno la speranza mancano di raggiungere la beatitudine.
Dunque la speranza dei viatori è priva di certezza.
IN CONTRARIO: Come dice il Maestro delle Sentenze,
"la speranza
è l'attesa certa della futura beatitudine". E ciò si può arguire da
quelle parole di S. Paolo: "So in chi ho riposto la mia fiducia, e
sono certo che egli ha il potere di conservare il mio deposito".
RISPONDO: La certezza può trovarsi in una cosa in due maniere:
essenzialmente, e per partecipazione. Essenzialmente essa si trova
nelle facoltà conoscitive; per partecipazione si trova in ogni facoltà
mossa infallibilmente verso il proprio fine da una potenza
conoscitiva. In tal senso si dice che opera con certezza la natura,
perché è mossa dall'intelletto divino, il quale muove ogni cosa al
proprio fine con certezza. E in questo stesso senso si dice che le
virtù morali operano con maggior certezza delle arti, perché la
ragione muove ai loro atti come una seconda natura. Ed è così
che la speranza tende anch'essa con certezza al proprio fine, partecipando
in qualche modo la certezza della fede, che risiede in una
facoltà conoscitiva.
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Così è risolta anche la prima obiezione.
2. La speranza si fonda principalmente non sulla grazia già posseduta,
ma sulla divina onnipotenza e misericordia, con la quale
può conseguire la grazia anche chi non la possiede ancora, in modo
da giungere alla vita eterna. Ora, chiunque abbia la fede ha certezza
dell'onnipotenza e misericordia di Dio.
3. Il fatto che alcuni, pur avendo la speranza, mancano di raggiungere
la beatitudine, deriva da una mancanza del libero arbitrio,
che mette l'ostacolo del peccato: non già da una mancanza
della divina onnipotenza, o misericordia, su cui si fonda la speranza.
Perciò questo fatto non pregiudica la certezza della speranza.
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