L'Eucarestia
Somma Teologica III, q. 80
L'uso o consumazione di questo sacramento
Dobbiamo ora considerare l'uso o consumazione di questo
sacramento. Primo, in genere; secondo, l'uso che ne fece Cristo
direttamente.
Sul primo argomento si pongono dodici quesiti:
1. Se ci siano
due modi di ricevere l'Eucarestia, cioè sacramentale e spirituale;
2. Se l'uomo soltanto possa cibarsene spiritualmente; 3. Se soltanto l'uomo in grazia possa cibarsene sacramentalmente; 4. Se
pecchi il peccatore che la riceve sacramentalmente; 5. La gravità
di questo peccato; 6. Se il peccatore che si accosta a questo sacramento debba essere
respinto; 7. Se la polluzione notturna
impedisca all'uomo di accedere a questo sacramento; 8. Se l'Eucarestia
debba essere ricevuta solo a digiuno; 9. Se si debba accordare a
chi non ha l'uso di ragione; 10. Se si debba ricevere quotidianamente; 11. Se sia lecito astenersene del tutto; 12. Se sia lecito
ricevere il corpo senza il sangue.
ARTICOLO
1
Se si debbano distinguere due modi di ricevere il corpo di Cristo, cioè
quello spirituale e quello sacramentale
SEMBRA che non si debbano distinguere due modi di ricevere
il corpo di Cristo, cioè sacramentale e spirituale. Infatti:
1. Come il battesimo, secondo le parole
evangeliche, "Se uno non
rinasce dall'acqua e dallo Spirito Santo...", è una rigenerazione
spirituale; così l'Eucarestia è un cibo spirituale; tanto è vero che
il Signore riferendosi alla promessa di questo sacramento affermava: "Le parole che vi ho rivolto, sono spirito e
vita". Ma
per il battesimo non si distingue un duplice modo di riceverlo,
sacramentale e spirituale. Dunque tale distinzione non va fatta
neppure per l'Eucarestia.
2. Non devono contrapporsi tra loro due cose, di cui l'una è
ordinata all'altra: perché la prima viene specificata dalla seconda.
Ora, la comunione sacramentale è ordinata alla comunione spirituale, come a suo fine. Perciò la comunione sacramentale non va
distinta da quella spirituale.
3. Non devono contrapporsi tra loro cose che sono inseparabili.
Ebbene, nessuno può comunicarsi spiritualmente senza comunicarsi anche sacramentalmente; altrimenti anche gli antichi
patriarchi avrebbero mangiato spiritualmente questo sacramento. Inoltre
la refezione sacramentale sarebbe inutile, se quella spirituale si
potesse avere senza di essa. Dunque non è giusto distinguere due
refezioni: quella sacramentale e quella spirituale.
IN CONTRARIO: Spiegando le parole di S. Paolo,
"Chi mangia
e beve indegnamente, ecc.", la Glossa afferma: "Precisiamo che
ci sono due modi di mangiare: uno sacramentale e l'altro spirituale".
RISPONDO: Nel cibarsi di questo sacramento si
devono considerare due cose: il sacramento stesso e il suo effetto; di ambedue
abbiamo già parlato sopra. Il modo perfetto di ricevere l'Eucarestia è quello di chi riceve il sacramento così da riceverne
l'effetto. Capita però a volte, come si è già detto, che uno sia
impedito dal ricevere l'effetto di questo sacramento: e allora la
comunione eucaristica è imperfetta. Perciò, come quanto è perfetto si
contrappone a ciò che è imperfetto, così la pura refezione sacramentale in cui si riceve solo il sacramento, senza il suo effetto, si
contrappone alla refezione spirituale per cui si riceve l'effetto di
questo sacramento, effetto che consiste nell'unire l'uomo a Cristo
per mezzo della fede e della carità.
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ:
1. Tale distinzione si applica
anche al battesimo e agli altri sacramenti, perché alcuni ricevono
il sacramento soltanto, altri invece il sacramento con il suo effetto.
C'è tuttavia questa differenza, che compiendosi gli altri sacramenti nell'uso della materia, in essi ricevere il sacramento equivale
a compiere il sacramento; l'Eucarestia invece si compie consacrando la materia, e quindi il suo uso sacramentale e spirituale è
posteriore al sacramento. Inoltre, nel battesimo e negli altri sacramenti che imprimono il carattere, coloro che ricevono il
sacramento, ricevono sempre un effetto spirituale, ossia il carattere;
non così nell'Eucarestia. Ecco perché la distinzione tra il modo
sacramentale e quello spirituale di ricevere il sacramento si usa
di più per l'Eucarestia che per il battesimo.
2. La refezione sacramentale che giunge ad essere spirituale non
si contrappone a questa, ma è inclusa in essa. Invece si contrappone
alla refezione spirituale quella comunione sacramentale che
non raggiunge il suo effetto: come si contrappone alla cosa
perfetta quell'essere imperfetto che non raggiunge la perfezione
della specie.
3. L'effetto di un sacramento, come si è detto sopra, può essere
ottenuto da uno che riceve il sacramento col desiderio, senza riceverlo di fatto. Perciò come alcuni ricevono il battesimo di
desiderio, per la brama del battesimo prima di essere battezzati con
l'acqua, così alcuni si cibano spiritualmente dell'Eucarestia prima
di riceverla sacramentalmente. Questo però può avvenire in due
modi. Primo, per il desiderio di ricevere il sacramento stesso: e
in tal modo si battezzano e si comunicano spiritualmente e non sacramentalmente quelli che adesso desiderano di ricevere questi
sacramenti dopo la loro istituzione. Secondo, per il desiderio di
riceverne la figura: l'Apostolo dice appunto in tal senso che gli
antichi Patriarchi "furono battezzati nella nube e nel mare", e
che "mangiarono il cibo spirituale e bevvero la bevanda spirituale". - Tuttavia non è inutile la comunione sacramentale;
perché questa produce l'effetto del sacramento più perfettamente
del solo desiderio, come sopra abbiamo notato a proposito del
battesimo.
ARTICOLO
2
Se l'uomo soltanto, oppure anche gli angeli, possano ricevere
spiritualmente questo sacramento
SEMBRA che non l'uomo soltanto, ma anche gli angeli possano
ricevere spiritualmente questo sacramento. Infatti:
1. Commentando le parole del Salmista:
"L'uomo mangiò il
pane degli angeli", la Glossa spiega: "Ossia il corpo di Cristo, che
è il vero cibo degli angeli". Ma ciò sarebbe falso, se gli angeli
non si cibassero spiritualmente di Cristo. Dunque gli angeli si
cibano spiritualmente di Cristo.
2. S. Agostino così spiega un passo di S. Giovanni:
"Con questo
cibo e con questa bevanda vuole indicare la società del suo corpo
e delle sue membra, che è la Chiesa dei predestinati". Ma a questa
società non appartengono solo gli uomini, bensì anche gli angeli.
Dunque anche gli angeli santi si cibano spiritualmente dell'Eucarestia.
3. S. Agostino scrive:
"Di Cristo dobbiamo cibarci spiritualmente, avendo detto egli stesso:
Chi mangia la mia carne e beve
il mio sangue, rimane in me e io in lui". Ora, questo è vero
non solo degli uomini, ma anche degli angeli santi, perché per la
carità Cristo è in loro ed essi in Cristo. Dunque cibarsi spiritualmente non è solo degli uomini, ma anche degli angeli.
IN CONTRARIO: S. Agostino raccomanda:
"Mangiate il pane
dell'altare spiritualmente; portate l'innocenza all'altare". Ma non
è degli angeli accostarsi all'altare per ricevere qualche cosa da esso.
Dunque non appartiene agli angeli comunicarsi spiritualmente.
RISPONDO: Nell'Eucarestia è presente Cristo stesso, non già nel
suo stato naturale, ma sotto le specie sacramentali. Perciò ci si
può cibare spiritualmente di lui in due modi. Primo, fruendo di
Cristo nel suo stato naturale. Ed è così che si nutrono spiritualmente di Cristo gli angeli, unendosi a lui con il godimento della
carità perfetta e con la visione manifesta (ed è questo il pane che
ci attende nella patria): non già con la fede che ci unisce a lui
qui sulla terra.
Secondo, ci si può cibare spiritualmente di Cristo in quanto è
presente sotto le specie di questo sacramento: cioè credendo in
Cristo e desiderando di ricevere questo sacramento. E ciò non è
soltanto nutrirsi spiritualmente di Cristo, ma è anche nutrirsi
spiritualmente del sacramento dell'Eucarestia. E questo va escluso
per gli angeli. Agli angeli quindi, sebbene si cibino spiritualmente
di Cristo, non spetta ricevere spiritualmente questo sacramento.
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ:
1. Il cibarsi di Cristo in questo
sacramento ha per fine la fruizione di lui nella patria, di cui già
godono gli angeli. Ora, poiché le cose destinate a un fine, sono
subordinate al fine stesso, ne segue che la comunione di Cristo con
la quale lo riceviamo sotto il sacramento in qualche modo è subordinata alla comunione con la quale godono di lui gli angeli in
patria. Ecco perché si dice che l'uomo mangia "il pane degli
angeli"; perché Cristo appartiene prima e principalmente agli
angeli, che godono di lui com'è nel suo stato naturale; e secondariamente appartiene agli uomini che lo ricevono nel sacramento.
2. Alla società del corpo mistico appartengono gli uomini
mediante la fede, e gli angeli mediante la visione immediata. Ora, i
sacramenti si addicono alla fede, che offre la verità "di riflesso e
nel mistero". Perciò, parlando con proprietà, non agli angeli ma
agli uomini spetta cibarsi spiritualmente di questo sacramento.
3. Cristo è presente negli uomini durante la vita terrena per
mezzo della fede; mentre negli angeli beati è presente per manifesta visione. Perciò il
paragone, come si è spiegato, non regge.
ARTICOLO
3
Se solo il giusto riceva Cristo sacramentalmente
SEMBRA che nessuno possa ricevere sacramentalmente Cristo
all'infuori dell'uomo giusto. Infatti:
1. Dice S. Agostino:
"Perché tu prepari i denti e lo stomaco?
Abbi fede, e allora avrai già mangiato. Credere in lui: ecco cos'è
mangiare il pane vivo". Ma chi è in stato di peccato, non crede
in lui, perché non ha la fede formata cui spetta credere in Dio (in Deum), come abbiamo visto nella Seconda Parte. Il peccatore
dunque non è in grado di mangiare questo sacramento che è "il
pane vivo".
2. Questo sacramento si dice più di ogni altro
"il sacramento
della carità", come abbiamo già spiegato. Ma alla maniera che
gli infedeli mancano di fede, così tutti i peccatori mancano di carità.
Ora, non sembra che gli infedeli possano ricevere sacramentalmente
l'Eucarestia; poiché nella sua forma questo sacramento è chiamato "mistero di fede". Dunque per lo stesso motivo nessun peccatore
può sumere sacramentalmente il corpo di Cristo.
3. Il peccatore è più abominevole a Dio della creatura priva
di ragione, cosicché nei Salmi si riferiscono a lui quelle parole: "L'uomo, non avendo compreso la propria dignità, si abbassa al
livello dei giumenti irragionevoli e diviene simile ad essi". Ma gli
animali bruti, p. es., un topo o un cane, non possono ricevere
questo sacramento, come non possono ricevere il sacramento del
battesimo. Dunque per la stessa ragione neppure i peccatori ricevono questo sacramento.
IN CONTRARIO: S. Agostino commentando le parole evangeliche,
"Affinché chi ne mangia non muoia", osserva:
"Molti sumono
dall'altare, e sumendo muoiono; cosicché l'Apostolo afferma che mangiano e bevono la propria
condanna". Ora, per questa
refezione non muoiono se non i peccatori. Dunque sacramentalmente
ricevono il corpo di Cristo anche i peccatori, e non i giusti soltanto.
RISPONDO: Sulla presente questione errarono alcuni antichi
dicendo che il corpo di Cristo dai peccatori non viene ricevuto
neppure sacramentalmente, ma che esso, appena viene a contatto
delle labbra del peccatore, subito cessa di essere presente sotto le
specie sacramentali. - Ma questa è un'opinione erronea. Menoma
infatti la verità di questo sacramento, la quale esige, come si disse
sopra, che per tutta la durata delle specie il corpo di Cristo non
cessi di essere presente sotto di esse. Ora, le specie rimangono,
come abbiamo visto, fin tanto che sono adatte per la sostanza del
pane, se fosse ivi presente. Ma, è evidente che la sostanza del
pane, ricevuta da un peccatore, non cessa subito di essere, bensì
dura fino a che per il calore naturale non venga digerita. Perciò
altrettanto perdura il corpo di Cristo sotto le specie sacramentali
ricevute da un peccatore. Quindi si deve concludere che il peccatore, e non soltanto il giusto, può ricevere sacramentalmente
il corpo di Cristo.
SOLUZIONI DELLE DIFFICOLTÀ:
1. Quelle e altre affermazioni consimili vanno intese della comunione spirituale che non è possibile
ai peccatori. E quindi da una falsa interpretazione di tali parole
sembra essere nato l'errore precedentemente esposto, per non
aver saputo distinguere tra sunsione corporale e sunsione spirituale.
2. Anche un infedele, se riceve le specie sacramentali, riceve il
corpo di Cristo nel sacramento. Quindi riceve Cristo sacramentalmente, se questo avverbio sacramentalmente si riferisce a ciò di cui
si ciba. Se invece lo riferiamo a colui che si ciba, allora parlando
con proprietà egli non mangia sacramentalmente, perché ciò che
riceve non lo usa come sacramento, ma solo come cibo materiale.
A meno che ipoteticamente l'infedele non intenda ricevere proprio
ciò che la Chiesa distribuisce, pur non avendo la vera fede, o riguardo agli altri articoli, o a questo stesso sacramento.
3. Anche nell'ipotesi che un topo o un cane mangi un'ostia
consacrata, la sostanza del corpo di Cristo non cessa di essere
sotto le specie finché quelle specie rimangono, ossia nelle condizioni
adatte per la sostanza del pane; come resterebbe, se l'ostia fosse
gettata nel fango. E questo non può menomare la dignità di Cristo,
che volle essere crocifisso dai peccatori, senza compromettere per
questo la propria dignità; tanto più che il topo o il cane vengono
a contatto con il corpo di Cristo non nel suo stato naturale, ma
solo secondo le specie sacramentali.
Alcuni
al contrario hanno sostenuto che appena il sacramento
viene toccato da un topo o da un cane, cessa la presenza del corpo
di Cristo. Ma è un'opinione, che, come abbiamo già notato, compromette la verità di questo
sacramento.
Tuttavia non si può dire che un animale bruto sume
sacramentalmente il corpo di Cristo, essendo incapace per natura di usarne
come sacramento. Perciò lo mangia non sacramentalmente, ma
casualmente, cioè come lo mangerebbe chi prendesse un'ostia consacrata senza sapere che è consacrata. E poiché ciò che accade
accidentalmente non si classifica in alcun genere, ne segue che
questo modo di sumere il corpo di Cristo non si considera come
un terzo modo tra il modo sacramentale e il modo spirituale.
ARTICOLO 4
Se il peccatore che riceve il corpo di Cristo sacramentalmente commetta
peccato
SEMBRA che il peccatore nel ricevere sacramentalmente il corpo
di Cristo non commetta peccato. Infatti:
1. Cristo non ha maggiore dignità sotto le specie sacramentali
che sotto la specie propria. Ma i peccatori toccando il corpo di
Cristo sotto la specie propria non peccavano, anzi ricevevano il
perdono dei peccati, come si legge della donna peccatrice e di altri: "Quanti toccavano l'orlo della sua veste, guarivano". Perciò, i
peccatori, ricevendo il sacramento del corpo di Cristo non peccano
affatto, ma piuttosto conseguono la salvezza.
2. Questo sacramento è come gli altri una medicina spirituale.
Ora, la medicina si dà agli infermi perché guariscano secondo le
parole evangeliche: "Non i sani hanno bisogno del medico, ma
i malati". Ora, spiritualmente infermi o ammalati sono i peccatori.
Essi dunque possono ricevere senza colpa questo sacramento.
3. Questo sacramento, contenendo in sé il Cristo, è tra i massimi
beni. Ora, secondo S. Agostino, i massimi beni sono quelli "di
cui nessuno può usar male". D'altra parte non si pecca se non
usando male di qualche cosa. Perciò nessun peccatore pecca ricevendo questo sacramento.
4. Questo sacramento, come è oggetto del gusto e del tatto,
così lo è anche della vista. Se dunque il peccatore peccasse gustando e toccando questo sacramento, dovrebbe peccare anche
guardandolo. Ma ciò è falso, perché la Chiesa lo espone alla vista e
all'adorazione di tutti. Quindi il peccatore non pecca cibandosi di
questo sacramento.
5. Capita a volte che un peccatore non abbia coscienza del suo
peccato. E tuttavia non pecca ricevendo il corpo di Cristo, perché
altrimenti peccherebpero tutti coloro che si comunicano, esponendosi al pericolo di peccare; poiché l'Apostolo afferma:
"Non ho
coscienza di alcun mancamento, ma non per questo mi sento
giustificato". Non è dunque una colpa per il peccatore ricevere
questo sacramento.
IN
CONTRARIO: L'Apostolo asserisce: "Mangia e beve la propria
condanna, chi mangia e beve indegnamente". E la Glossa spiega: "Mangia e beve indegnamente, chi è in stato di peccato grave o
chi lo tratta in modo irriverente". Chi dunque è in peccato mortale,
se riceve questo sacramento, merita la dannazione, commettendo un peccato mortale.
RISPONDO: In questo come negli altri sacramenti il rito
sacramentale è segno della cosa prodotta dal sacramento. Ora, la cosa
prodotta dal sacramento dell'Eucarestia è duplice, come sopra
abbiamo detto: la prima, significata e contenuta nel sacramento,
è Cristo stesso; la seconda, significata e non contenuta, è il corpo
mistico di Cristo, ossia la società dei santi. Chi dunque si accosta
all'Eucarestia, per ciò stesso dichiara di essere unito a Cristo e
incorporato alle sue membra. Ma questo si attua per mezzo della
fede formata, che nessuno ha quando è in peccato mortale. È
chiaro dunque che chi riceve l'Eucarestia con il peccato mortale
commette una falsità nei riguardi di questo sacramento. Perciò si
macchia di sacrilegio come profanatore del sacramento. E quindi
pecca mortalmente.
SOLUZIONE DELLE
DIFFICOLTÀ: 1. Cristo, quando viveva visibilmente tra noi nella sua specie, si lasciava toccare dagli uomini non in
segno della loro unione spirituale con lui: è così invece che si offre in
questo sacramento. Perciò i peccatori toccandolo nella sua propria
specie non commettevano un peccato di falsità contro le cose divine, come lo commettono i peccatori che ricevono questo sacramento.
Inoltre Cristo possedeva allora una carne
"simile a quella di peccato": perciò era giusto che si lasciasse toccare dai peccatori.
Ma una volta eliminata dalla gloria della risurrezione la somiglianza
con la carne di peccato, non volle essere toccato dalla donna, che
mancava di fede nei suoi riguardi, dicendole: "Non mi toccare,
perché non sono ancora salito al Padre mio", cioè "nel tuo cuore",
come spiega S. Agostino. Così i peccatori, che nei riguardi di lui
mancano di fede formata, sono esclusi dal contatto di questo
sacramento.
2. Non tutte le medicine vanno bene per tutte le malattie.
Infatti una medicina che si dà agli sfebbrati come ricostituente,
farebbe male se venisse data a coloro che sono febbricitanti. Similmente il battesimo e la penitenza sono come dei purganti che si
somministrano per togliere la febbre del peccato. L'Eucarestia è
invece un ricostituente che non dev'essere concesso, se non a
quanti sono già liberi dal peccato.
3. Per
"massimi beni" S. Agostino intende le virtù dell'anima,
e di esse "nessuno usa male" nel senso che non possono essere
principii di cattivo uso. Tuttavia possono essere oggetto di cattivo uso, com'è evidente in coloro che s'insuperbiscono delle loro
virtù. Allo stesso modo anche questo sacramento direttamente
non può essere causa di cattivo uso, ma può esserne oggetto. Di
qui le parole di S. Agostino: "Il fatto che molti ricevono indegnamente il corpo del Signore ci avverte quanto dobbiamo guardarci
dal ricevere male il bene. Ecco qua: il bene diventa un male
quando il bene si riceve male; come al contrario per l'Apostolo
il male diventò un bene, avendo ricevuto bene il male, ossia avendo pazientemente tollerato il pungolo di Satana".
4. La vista non percepisce il corpo stesso di Cristo, ma solo
il suo sacramento, non raggiungendo l'occhio la sostanza del corpo
di Cristo, bensì solamente le specie sacramentali, come si disse
sopra. Chi invece si comunica, non riceve soltanto le specie sacramentali, ma anche Cristo medesimo che è sotto di esse. Quindi
nessuno viene escluso dal vedere il corpo sacramentale di Cristo
tra quanti hanno ricevuto il sacramento di Cristo, cioè il battesimo; i non battezzati invece non si devono ammettere neanche
a guardare questo sacramento, come insegna Dionigi. Ma alla
comunione non si devono ammettere se non coloro che sono uniti
a Cristo non solo sacramentalmente, ma anche realmente.
5. Il fatto che uno non abbia coscienza del proprio peccato può
accadere in due modi. Primo, colpevolmente: o perché si ignora
la legge, per un'ignoranza che non scusa dalla colpa, cosicché uno
ritiene che non sia peccato ciò che è peccato, p. es., se un fornicatore non ritenesse peccato mortale la semplice fornicazione;
oppure perché è negligente nell'esaminare se stesso, contro l'avvertimento dell'Apostolo:
"Esamini ciascuno se stesso prima di mangiare di quel pane e di bere di quel
calice". In tali condizioni
il peccatore ricevendo il corpo di Cristo pecca, sebbene non abbia
coscienza del proprio peccato: perché l'ignoranza stessa è per lui
un peccato.
Secondo, senza una colpa personale: quando uno, p. es., si è
pentito del peccato, ma non è sufficientemente contrito. In tal
caso non pecca ricevendo il corpo di Cristo, perché l'uomo non
può sapere con certezza se sia veramente contrito. Basta tuttavia
che trovi in sé i segni della contrizione: cioè che "si dolga dei
peccati passati" e proponga di "guardarsi dai peccati futuri".
Se
poi uno non sa che l'azione commessa è peccato per ignoranza di fatto, la quale ignoranza scusa, accostandosi, p. es., a
un'altra donna che credeva fosse la sua, non per questo è da
considerarsi peccatore.
Parimenti, se uno si è dimenticato affatto del suo peccato,
basta a cancellarlo la contrizione generale, come si dirà in seguito.
Quindi non è più da considerarsi peccatore.
ARTICOLO 5
Se accostarsi a questo sacramento con la coscienza di peccato sia il
più grave di tutti i peccati
SEMBRA. che accostarsi a questo sacramento con la coscienza
di peccato sia il più grave di tutti i peccati. Infatti:
1. L'Apostolo afferma:
"Chi mangia il pane e beve il calice del
Signore indegnamente, è reo del corpo e del sangue del Signore".
E la Glossa commenta: "Sarà punito, come se avesse ucciso Cristo". Ma il peccato degli uccisori di Cristo fu il più grave di
tutti. Dunque anche accostarsi alla mensa del Signore con la
coscienza di peccato, è evidentemente il più grave dei peccati.
2. S. Girolamo scrive:
"Tu che all'altare parli con Dio, perché
ti confondi con le donne? Dimmi sacerdote, dimmi, o chierico,
come ti è possibile baciare il Figlio di Dio con le stesse labbra con
le quali hai baciato la figlia di una meretrice? O Giuda, con un
bacio tradisci il Figlio dell'uomo!". Cosicché il fornicatore, accostandosi alla mensa di Cristo, pecca al pari di Giuda, il cui
peccato fu gravissimo. Eppure molti altri peccati sono più gravi del
peccato di fornicazione, specialmente il peccato d'incredulità.
Perciò la colpa di qualunque peccatore che si accosta alla mensa
di Cristo è il più grave dei peccati.
3. Dinanzi a Dio è più abominevole l'immondezza spirituale di
quella corporale. Ora, se uno gettasse il corpo di Cristo nel fango
o nel letame, si considererebbe gravissimo il suo peccato. Quindi
pecca più gravemente, se lo riceve in stato di peccato che è
un'immondezza spirituale. Perciò questo è il più grave dei peccati.
IN CONTRARIO:
S. Agostino spiegando le parole di Cristo: "Se non fossi venuto e non avessi parlato loro, essi non sarebbero
in peccato", dice che esse devono intendersi del peccato d'incredulità, il quale
"include tutti gli altri". Perciò il peccato più
grave non è il peccato di cui si parla, ma piuttosto il peccato
d'incredulità.
RISPONDO: Come si è detto nella Seconda Parte, in due modi
un peccato può essere più grave di un altro: primo di per sé;
secondo, per le circostanze. È più grave di per sé secondo la sua
natura, che si desume dall'oggetto. Sotto questo aspetto, quanto
più grande è ciò contro cui si pecca, tanto più grave è il peccato.
E poiché la divinità di Cristo è superiore alla sua umanità e l'umanità stessa è superiore ai sacramenti della sua umanità, i peccati
più gravi sono quelli che si commettono direttamente contro la
divinità, come i peccati d'incredulità e di bestemmia. Al secondo
posto per gravità vengono i peccati che si commettono contro
l'umanità di Cristo, tanto che si legge: "Chi pecca contro il Figlio
dell'uomo, otterrà il perdono; ma chi pecca contro lo Spirito
Santo, non otterrà il perdono né in questo secolo né in quello futuro". Al terzo posto ci sono i peccati che si commettono
contro i sacramenti, i quali si ricollegano all'umanità di Cristo. Dopo
di essi vengono gli altri peccati contro le semplici creature.
Per le circostanze poi un peccato è più grave di un altro in
rapporto al soggetto che lo commette: un peccato d'ignoranza
o di debolezza, p. es., è più leggero di un peccato di disprezzo e
di piena consapevolezza, e così si dica delle altre circostanze.
Sotto questo secondo aspetto il peccato di cui parliamo in alcuni
può essere più grave: p. es., in coloro che per disprezzo si accostano a questo sacramento con la coscienza di peccato; in altri
invece esso è meno grave: p. es., in coloro che ricevono questo
sacramento con la coscienza di peccato per paura di passare da peccatori.
Perciò è evidente che questo peccato è per natura sua più grave
di molti altri peccati, ma non è il più grave di tutti.
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ:
1. Il peccato di coloro che ricevono indegnamente questo sacramento viene paragonato al
peccato degli uccisori di Cristo per una certa somiglianza, perché
entrambi sono commessi contro il corpo di Cristo, ma non per la
sua gravità. Infatti il peccato degli uccisori di Cristo fu molto
più grave. Primo, perché esso fu contro il corpo di Cristo nella
sua specie propria, mentre questo è contro il corpo di Cristo nelle
specie sacramentali. Secondo, perché quel delitto fu commesso
con l'intenzione di far del male a Cristo; non così invece questo
peccato.
2. Il fornicatore che riceve il corpo di Cristo viene paragonato
a Giuda che bacia il Cristo, per la somiglianza dei due peccati,
perché l'uno e l'altro offendono Cristo mediante il segno dell'amore;
ma non per la loro gravità, come abbiamo notato sopra. Tale rapporto di somiglianza negli altri peccatori non è meno marcato che
nei lussuriosi, perché anche con gli altri peccati mortali si agisce
contro la carità di Cristo, della quale è simbolo questo sacramento,
e tanto maggiormente quanto più gravi sono i peccati. Tuttavia
sotto un certo asretto il peccato di lussuria è quello che più di
ogni altro rende l'uomo indisposto a ricevere l'Eucarestia, poiché
da codesto peccato più che da ogni altro lo spirito viene assoggettato alla carne, e così viene impedito il fervore della carità
che è richiesto in questo sacramento.
Nondimeno è più grave l'impedimento della carità stessa che
l'impedimento del suo fervore. Di conseguenza il peccato d'incredulità che separa radicalmente l'uomo dall'unità della Chiesa,
parlando in senso assoluto, indispone l'uomo più di ogni altro
peccato a ricevere l'Eucarestia, che è il sacramento di tale unità,
come si è detto. Quindi un incredulo pecca più gravemente ricevendo questo sacramento che un credente peccatore, e più gravemente
oltraggia Cristo presente in questo sacramento, specialmente se non crede alla sua reale presenza; perché, per quanto
dipende da lui, sminuisce la santità di questo sacramento e la virtù
di Cristo che opera in esso: ciò equivale a disprezzare il sacramento in se stesso. Il fedele invece, che si comunica cosciente
di essere in peccato, non profana questo sacramento in se stesso,
ma ne profana l'uso, ricevendolo indegnamente. Ecco perché l'Apostolo, dando la ragione di questo peccato, dice:
"Non distinguendo
il corpo del Signore", cioè "non facendo differenza tra esso e gli
altri cibi"; e ciò lo fa massimamente chi non crede alla presenza
di Cristo in questo sacramento.
3. Chi gettasse questo sacramento nel fango peccherebbe molto
più gravemente di chi si accostasse ad esso cosciente di essere in
peccato mortale. Primo, perché farebbe ciò con l'intenzione di
oltraggiare questo sacramento: intenzione che è estranea al peccatore il quale riceve indegnamente il corpo di Cristo.
Secondo, perché l'uomo peccatore è capace della grazia e quindi
più di ogni creatura priva di ragione è adatto a ricevere questo
sacramento. Perciò userebbe nel peggior modo questo sacramento
chi lo gettasse in pasto ai cani, o lo buttasse nel fango perché
fosse calpestato.
ARTICOLO 6
Se il sacerdote debba rifiutare il corpo di Cristo quando
lo chiede un
peccatore
SEMBRA che il sacerdote debba rifiutare il corpo di Cristo quando
lo chiede un peccatore. Infatti:
1. Non si può violare un precetto di Cristo per evitare lo
scandalo o l'infamia di qualcuno. Ma il Signore ha comandato:
"Non
date le cose sante ai cani". Ora, questo avviene specialmente
quando si amministra questo sacramento ai peccatori. Neppure
quindi per evitare lo scandalo o l'infamia di qualcuno, si deve
dare questo sacramento, se lo chiede un peccatore.
2. Di due mali si deve scegliere il minore. Ma è minor male
l'infamia di un peccatore, o la sostituzione con un'ostia non consacrata che il peccato mortale che egli commetterebbe ricevendo
il corpo di Cristo. Perciò si deve preferire, o che il peccatore,
quando chiede il corpo di Cristo, subisca l'infamia, o che riceva
un'ostia non consacrata.
3. Il corpo di Cristo viene dato talvolta per scoprire coloro che
sono sospettati di un delitto. In proposito nei canoni si legge: "Accade spesso che nei monasteri maschili si compiano dei furti.
Stabiliamo perciò che, dovendosi i monaci stessi scagionare da tali
imputazioni, venga celebrata una messa dall'abate o da un altro
dei monaci presenti, e al termine della messa tutti ricevano la
comunione con queste parole: Il corpo di Cristo sia oggi per te
una verifica". E poco più sotto: "Se a un vescovo o a un
sacerdote viene imputato un maleficio, deve celebrare una messa
per ogni imputazione e comunicarsi, dimostrandosi così innocente
di qualunque addebito". Ora, non è bene che i peccatori occulti
siano scoperti; perché, come dice S. Agostino, se perdono il pudore, peccheranno più sfacciatamente. Dunque ai peccatori occulti
non si deve dare il corpo di Cristo, anche se lo chiedono.
IN CONTRARIO: Commentando le parole del
salmista: "Mangiarono e adorarono tutti i pingui della terra", S. Agostino osserva:
"Il dispensatore non escluda dalla mensa del Signore i pingui
della terra", ossia i peccatori.
RISPONDO: Riguardo ai peccatori bisogna distinguere. Alcuni
sono occulti; altri manifesti o per l'evidenza dei fatti, come i
pubblici usurai e i rapinatori; oppure per la sentenza di un
tribunale ecclesiastico o civile. Ebbene, ai peccatori manifesti non
si deve dare la santa comunione, neanche se la chiedono. Scrive
in proposito S. Cipriano: "Per la tua gentilezza hai creduto di
dovermi chiedere il parere sugli istrioni e su quello stregone che,
stabilitosi in mezzo a voi, continua ancora nel suo vergognoso
mestiere: se a costoro si debba dare la comunione come agli altri
cristiani. Credo che disdica e alla maestà divina e alla disciplina
evangelica lasciar contaminare la santità e l'onore della Chiesa
da contagi così turpi e infami".
Invece se i peccatori non sono notori ma occulti, non si può
negare la santa comunione quando la chiedono. Perché, essendo
ogni cristiano ammesso alla mensa del Signore per il fatto che è
battezzato, non gli si può togliere il suo diritto se non per una
ragione manifesta. Per questo, commentando le parole di S. Paolo, "Se uno tra voi, chiamandosi fratello, ecc.", S. Agostino afferma:
"Noi non possiamo escludere nessuno dalla comunione, se non nel
caso che abbia spontaneamente confessato la sua colpa, o sia stato
processato e condannato da un tribunale ecclesiastico o civile".
Nondimeno il sacerdote che è al corrente della colpa, può
ammonire privatamente il peccatore occulto, oppure avvertire
genericamente tutti in pubblico di non accostarsi alla mensa del Signore
prima di essersi pentiti dei propri peccati e riconciliati con la
Chiesa. Poiché dopo il pentimento e la riconciliazione, non si può
negare la comunione neppure ai peccatori pubblici, specialmente
in punto di morte. Tanto che in un Concilio di Cartagine si
legge: "Agli uomini di teatro, agli istrioni e alle altre persone
della stessa risma, come agli apostati, quando si convertono a
Dio, non si neghi la riconciliazione".
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ:
1. È proibito dare le cose sante "ai cani", ossia ai peccatori notori. Ma le colpe occulte non si
possono punire pubblicamente, bensì rimetterle al giudizio di Dio.
2. Sebbene per un peccatore occulto sia peggio peccare
mortalmente ricevendo il corpo di Cristo che essere infamato, tuttavia
per il sacerdote che lo amministra è peggio peccare mortalmente
infamando ingiustamente un peccatore occulto, che permettergli
di peccare mortalmente; perché nessuno deve commettere un peccato mortale per evitare la colpa di un altro. Perciò S. Agostino
ha scritto: "È una compensazione pericolosissima commettere noi
qualche cosa di male allo scopo che un altro non faccia un male
più grave". Il peccatore occulto però da parte sua è tenuto a
preferire l'infamia alla comunione sacrilega.
Tuttavia in nessun caso si deve dare un'ostia non consacrata
al posto di un'ostia consacrata, perché ciò facendo il sacerdote si
renderebbe colpevole per parte sua dell'idolatria, commessa da
quanti crederebbero consacrata quell'ostia, cioè o dai presenti, o
dallo stesso comunicando: infatti, come dice S. Agostino, "nessuno
mangi la carne di Cristo senza prima adorarla". In proposito nei
Canoni si legge: "Quantunque pecchi gravemente accostandosi
senza rispetto all'Eucarestia chi per coscienza di crimine sa di
essere indegno, tuttavia peccherebbe più gravemente chi ingannandolo osasse simulare il sacramento".
3. Quei decreti sono stati abrogati dai Romani Pontefici. Infatti
il Papa Stefano dice: "I sacri canoni non consentono di estorcere
a nessuno la confessione con la prova del ferro infuocato o dell'acqua bollente. Perché i pubblici delitti vengono demandati al
giudizio della nostra autorità per spontanea confessione o per
certa testimonianza; invece i delitti occulti e ignoti si devono
lasciare a colui che solo conosce i cuori degli uomini". Le stesse
norme si trovano ripetute nei Canoni. Infatti in tutte queste
prove si ha una tentazione di Dio, e quindi non si possono fare
senza peccato. Più grave poi sarebbe se in questo sacramento,
istituito come mezzo di salvezza, qualcuno dovesse incorrere una
sentenza di morte. Perciò il corpo di Cristo non si deve dare
assolutamente a nessuno che sia sospettato di delitto come mezzo
d'inquisizione.
ARTICOLO
7
Se la polluzione notturna possa impedire di ricevere il corpo di Cristo
SEMBRA che la polluzione notturna non possa mai impedire di
ricevere il corpo di Cristo. Infatti:
1. A nessuno è proibita la comunione del corpo di Cristo se non
per un peccato. Ma la polluzione notturna avviene senza peccato;
infatti S. Agostino spiega: "Dalla fantasia stessa che serve il pensiero di chi parla, quando nella visione di chi sogna opera così
da non lasciare differenza tra la copula carnale sognata e quella
vera, la carne viene eccitata e a tale eccitazione segue ciò che
suole seguire; ed è talmente senza peccato, come senza peccato
sarebbe da svegli quel dato discorso, anche se per parlare bisogna
pur pensare a una data cosa". Dunque la polluzione notturna
non impedisce all'uomo di ricevere questo sacramento.
2. S. Gregorio Magno scrive:
"Se qualcuno usa della propria
moglie non per desiderio di piacere, ma solo per la procreazione
dei figli, deve essere lasciato alla sua coscienza giudicare se è
degno di entrare in chiesa o di partecipare al mistero del corpo
del Signore; poiché noi non dobbiamo proibirlo a colui che posto
nel fuoco non riesce a non bruciare". Da qui risulta che la stessa
polluzione avuta da svegli, se avviene senza peccato, non proibisce
all'uomo di ricevere il corpo di Cristo. Molto meno quindi lo
proibisce la polluzione notturna capitata nel sonno.
3. La polluzione notturna compromette soltanto la pulizia del
corpo. Ma tutte le altre impurità corporali, che impedivano secondo la legge mosaica l'ingresso nel tempio, quali l'impurità della
puerpera, o della donna mestruata o soggetta a flusso di sangue,
non impediscono nella legge nuova la comunione eucaristica, come
scrisse S. Gregorio a S. Agostino vescovo degli Angli. Dunque
neppure la polluzione notturna impedisce all'uomo la comunione
eucaristica.
4. Il peccato veniale non proibisce all'uomo la comunione
eucaristica, anzi non la proibisce neanche il peccato mortale dopo la
penitenza. Ora, anche ammesso che la polluzione notturna sia
derivata da una colpa precedente o di crapula o di turpi pensieri,
questo peccato il più delle volte è veniale: e se eventualmente
fosse mortale, la mattina uno può pentirsene e confessarsi. Quindi
non deve essergli proibito di ricevere questo sacramento.
5. È più grave il peccato di omicidio che quello di fornicazione.
Ma se uno di notte sogna di commettere un omicidio o un furto
o qualsiasi altro peccato, non per questo gli è proibito di accostarsi alla Eucarestia. Tanto meno quindi deve proibirglielo la
fornicazione sognata con il seguito della polluzione.
IN CONTRARIO: Si legge nella Scrittura:
"È immondo fino alla
sera l'uomo che abbia avuto emissione di sperma". Ma agli immondi non è libero l'accesso ai sacramenti. Perciò la polluzione
notturna impedisce l'accesso a questo che è il massimo dei sacramenti.
RISPONDO: Riguardo alla polluzione notturna vanno considerate
due cose: l'una che impedisce necessariamente all'uomo di ricevere
l'Eucarestia; l'altra che glielo impedisce non necessariamente, ma
solo per una ragione di convenienza.
Necessariamente impedisce all'uomo di ricevere questo
sacramento solo il peccato mortale. Ora, la polluzione notturna,
sebbene considerata in se stessa non possa essere peccato mortale,
tuttavia, in dipendenza della causa da cui proviene, può essere
connessa con un peccato mortale. Deve quindi ponderarsi la causa
della polluzione notturna. Talora essa proviene da una causa
estrinseca spirituale, cioè da suggestione diabolica: i demoni, come
si è detto nella Prima Parte, possono movimentare i fantasmi e
al comparire di questi talvolta segue la polluzione. Altre volte
invece la polluzione proviene da cause intrinseche spirituali, ossia
dai pensieri precedenti. E finalmente talora essa proviene da
cause intrinseche corporali, cioè da sovrabbondanza di seme, da
debolezza di natura, o da eccesso di cibo o di bevande. Ciascuna
di queste tre cause può esser senza peccato, o con peccato veniale,
o con peccato mortale. Se è senza peccato, o solo con peccato
veniale, non impedisce necessariamente la comunione eucaristica,
cioè nel senso che comunicandosi l'uomo si renda "reo del corpo
e del sangue del Signore". Se invece implica un peccato mortale,
l'impedisce necessariamente.
La suggestione diabolica infatti proviene talora dalla negligenza
nel disporsi alla devozione, e questa negligenza può essere peccato
veniale o mortale. - A volte invece proviene solo dalla nequizia
dei demoni, desiderosi di distogliere l'uomo dall'uso di questo
sacramento. Si legge appunto nelle Collationes Patrum che soffrendo un monaco la polluzione sempre in coincidenza con le feste nelle
quali c'era da comunicarsi, i monaci più anziani, appurato che
egli non aveva alcuna responsabilità nella cosa, decisero che per
questo non si ritraesse dalla comunione, e così cessò la suggestione
diabolica.
Allo stesso modo anche i precedenti pensieri lascivi possono
essere del tutto senza peccato: p. es., quando uno deve pensare
a certe cose per necessità di insegnamento o di discussione. Se
ciò si fa senza concupiscenza e compiacimento, non saranno pensieri
immondi ma onesti, nonostante che possano provocare la
polluzione, come risulta dal testo di S. Agostino citato sopra. -
Talora invece quei pensieri sono accompagnati dalla concupiscenza
e dal compiacimento: e allora, se c'è il consenso, sono peccato
mortale, e se manca il consenso, sono peccato veniale.
Così anche le cause corporali a volte sono senza peccato: p. es.,
quando la cosa proviene da debolezza di natura, per cui alcuni
subiscono la polluzione anche da svegli senza peccato; oppure
quando dipende da sovrabbondanza di seme: come infatti capita
un sovrappiù di sangue senza peccato, così può capitare un sovrappiù di seme, che secondo Aristotele deriva dal sangue superfluo. -
Altre volte codeste cause implicano un peccato: p. es., quando la
cosa dipende da un eccesso nel mangiare e nel bere. E anche
questo può essere peccato veniale o mortale: sebbene il peccato
mortale si commetta più frequentemente nei pensieri lascivi, per
la facilità del consenso, che nell'uso dei cibi e delle bevande. Ecco
perché S. Gregorio, scrivendo a S. Agostino vescovo degli Angli,
dice che ci si deve astenere dalla comunione quando la polluzione
proviene da turpi pensieri, non già quando proviene da abbondanza di cibi e di bevande, specialmente quando uno ne ha bisogno.
In conclusione dunque si deve tener conto della causa della
polluzione, per giudicare se la polluzione notturna impedisca necessariamente la comunione eucaristica.
Per una ragione di convenienza poi la polluzione notturna
impedisce l'accesso al sacramento eucaristico per due cose. La prima,
che sempre l'accompagna, è una certa sozzura fisica, e per rispetto
al sacramento non è conveniente accostarsi con essa all'altare;
tanto è vero che quegli stessi che vogliono toccare qualche cosa
di sacro, si lavano le mani; a meno che tale impurità non sia
perpetua o diuturna, come la lebbra, l'emorragia, o cose simili. -
L'altra cosa è la distrazione mentale che segue la polluzione notturna, specie quando questa è accompagnata da immaginazioni
oscene.
Tuttavia questo impedimento imposto dalla convenienza è da
posporsi a ragioni di necessità: p. es., "quando", come dice San
Gregorio, "la ricorrenza di una festa lo esige, o lo richiede un
ministero sacerdotale, in mancanza di un altro sacerdote".
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ:
1. A rigore a nessuno è proibita
la comunione eucaristica, se non a causa del peccato mortale; ma
uno può essere impedito dall'accostarvisi per altre ragioni, come
abbiamo detto, secondo un certo motivo di convenienza.
2. La copula coniugale, quando è senza peccato, ossia quando
si compie per la generazione della prole o per rendere il debito,
non impedisce la comunione eucaristica se non nella misura in cui
la impedisce, come si è detto, la polluzione notturna avvenuta
senza peccato, ossia per la sozzura del corpo e per la distrazione
della mente. In relazione a questo S. Girolamo scrive: "Se i pani
della proposizione non potevano essere mangiati da coloro che
avevano avuto contatto con la moglie, quanto meno è lecito a
coloro che poco prima si sono stretti nell'amplesso coniugale violare o toccare il pane disceso dal cielo! Non è che noi
condanniamo le nozze, ma non dobbiamo darci a opere carnali nel tempo
in cui ci disponiamo a mangiare le carni dell'Agnello". Tuttavia,
poiché questo è dettato da motivi di convenienza e non di necessità, S. Gregorio insegna che costoro
"vanno lasciati al loro criterio
personale". - "Se invece non predomina l'amore della procreazione, bensì il piacere", come si esprime ivi stesso S. Gregorio,
allora si deve proibire di accedere a questo sacramento.
3. Nell'antico Testamento, come nota S. Gregorio nella lettera
a S. Agostino vescovo degli Angli sopra citata, alcune impurità
avevano un significato simbolico, che il popolo della nuova legge
interpreta in senso spirituale. Quindi tali impurità corporali, se
sono perpetue o diuturne, non impediscono l'accesso a questo
sacramento di salvezza come impedivano l'accesso ai sacramenti
prefigurativi. Se cessano presto, come la polluzione notturna,
impediscono per una certa convenienza la comunione eucaristica
nel giorno in cui la polluzione è avvenuta. Si legge infatti nel
Deuteronomio: "Se vi sarà qualcuno tra voi che sia divenuto
immondo la notte nel sonno, esca dagli alloggiamenti e non vi
ritorni la sera prima di essersi lavato con acqua".
4. Con la contrizione e la confessione, sebbene si tolga il reato
della colpa, tuttavia non si toglie l'impurità corporale e la distrazione mentale che accompagna la polluzione.
5. Il sogno di un omicidio non comporta impurità corporale né
tanta distrazione della mente quanta ne produce la fornicazione
sognata, data l'intensità del piacere. Nondimeno un sogno di
omicidio, se proviene da una causa peccaminosa, specialmente
mortale, impedisce di ricevere l'Eucarestia in ragione della sua
causa.
ARTICOLO
8
Se il cibo e la bevanda presi in precedenza impediscano la comunione
eucaristica
SEMBRA che il cibo e la bevanda presi in precedenza non
impediscano la comunione eucaristica. Infatti:
1. Questo sacramento fu istituito dal Signore nella Cena. Ma
il Signore distribuì ai suoi discepoli questo sacramento dopo che
ebbe cenato, come risulta da S. Luca e da S. Paolo. Dunque
anche noi dobbiamo prendere questo sacramento dopo aver consumato altri cibi.
2. Dice l'Apostolo:
"Radunandovi per mangiare", il corpo del
Signore, "aspettatevi gli uni gli altri, e se uno ha fame, mangi
a casa sua". Da ciò risulta che dopo aver mangiato a casa uno
può mangiare in chiesa il corpo di Cristo.
3. In un Concilio di Cartagine è prescritto:
"Il sacramento dell'altare si celebri solo a digiuno, eccetto il solo giorno
anniversario in cui si commemora la Cena del Signore". Dunque almeno
quel giorno si può ricevere il corpo di Cristo dopo altri cibi.
4. Prendere dell'acqua o una medicina, o altro cibo o liquido
in minima quantità, o deglutire i resti del cibo rimasti in bocca,
non viola il digiuno ecclesiastico né la sobrietà richiesta dalla
riverenza verso questo sacramento. Perciò le cose suddette non
impediscono la comunione eucaristica.
5. Alcuni mangiano o bevono a notte fonda, e forse dopo una
notte insonne la mattina ricevono i sacri misteri, senza aver ancora
ben digerito. Quindi si salverebbe meglio la sobrietà, se la mattina
uno mangiasse un poco, e poi verso le tre pomeridiane ricevesse
questo sacramento; perché talvolta ci sarebbe anche maggiore
distanza di tempo. Il cibo quindi preso in tal modo non può
impedire la comunione eucaristica.
6. Non minor riverenza si deve a questo sacramento dopo la
comunione di quella che gli si deve prima. Ma dopo la comunione
è lecito prendere cibi e bevande. Dunque anche prima.
IN CONTRARIO: S. Agostino afferma:
"Piacque allo Spirito Santo
che, a onore di tanto sacramento, il corpo del Signore entrasse
nella bocca dei cristiani prima di ogni altro cibo".
RISPONDO: Una cosa può impedire di ricevere questo
sacramento per due motivi diversi. Primo, per la sua stessa natura:
e di tal genere è il peccato mortale che contraddice al significato
di questo sacramento, come sopra abbiamo visto.
Secondo, per la proibizione della Chiesa. E questa vieta la
comunione eucaristica dopo che uno ha mangiato o bevuto, per tre
ragioni. Primo, "per il rispetto verso questo
sacramento", come
si esprime S. Agostino: ordinando che esso entri nella bocca dell'uomo prima che questa venga contaminata da ogni cibo e
bevanda. - Secondo, per insegnare che Cristo, il quale è la realtà
contenuta in questo sacramento, e la sua carità devono impiantarsi nei nostri cuori prima di ogni altra cosa, conforme alle
parole evangeliche: "Cercate prima di tutto il regno di
Dio". -
Terzo, per il pericolo di vomito e di ubriachezza, che a volte
capita perché gli uomini si cibano senza moderazione secondo
l'osservazione dell'Apostolo: "C'è chi patisce la fame, e c'è invece
chi è ubriaco".
Da questa regola generale tuttavia sono esentati gli infermi,
ai quali si deve dare la comunione anche subito dopo che hanno
mangiato, quando sono in pericolo, affinché non abbiano a morire
senza la comunione: poiché "la necessità non ha legge". Di qui
la prescrizione dei Canoni : "Il sacerdote comunichi subito l'infermo, perché non muoia senza comunione".
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ:
1. Rispondiamo con S. Agostino: "Per il fatto che il Signore diede l'Eucarestia dopo la cena, non
per questo i fedeli devono radunarsi a ricevere questo sacramento
dopo aver pranzato o cenato, né devono mescolare l'Eucarestia
alle loro mense, come facevano coloro che l'Apostolo rimprovera
e condanna. Il Salvatore infatti per far risaltare con evidenza
maggiore l'altezza di quel mistero, lo volle imprimere per ultimo
profondamente nei cuori e nella memoria dei discepoli. Per questo
però non prescrisse che lo si dovesse ricevere nello stesso ordine,
lasciando tale compito agli Apostoli, per opera dei quali voleva
che si organizzassero le Chiese".
2. Il testo di S. Paolo è
così spiegato dalla Glossa: "Se uno
ha fame e per impazienza non vuole aspettare gli altri, mangi a
casa i propri alimenti, cioè si nutra di pane terreno, e si astenga
dal ricevere l'Eucarestia".
3. Quella norma si riferisce alla consuetudine che un tempo si
osservava in qualche luogo, nella commemorazione della Cena del
Signore, di ricevere in quel giorno il corpo di Cristo dopo aver
mangiato. Ma ora questa consuetudine è abrogata. Poiché, come
nota S. Agostino, "è seguito dal mondo intero quest'uso", cioè di
ricevere il corpo di Cristo a digiuno.
4. Come si disse nella Seconda Parte, il digiuno è di due specie.
Il primo è il digiuno naturale, che importa l'esclusione di qualunque cosa presa come cibo o bevanda. E tale digiuno è richiesto
per questo sacramento secondo le ragioni addotte. Perciò né dopo
aver preso dell'acqua né dopo altro cibo, bevanda o medicina, per
piccola che ne sia la quantità, è lecito ricevere questo sacramento.
E non conta che la cosa nutra o non nutra, né che si prenda da
sola o con altro: basta che si prenda a modo di cibo o di bevanda. - Tuttavia i resti del cibo che rimangono in bocca, se
fortuitamente s'inghiottiscono, non impediscono la comunione;
perché non s'ingeriscono a modo di cibo, ma a modo di saliva.
Lo stesso si dica dell'acqua o del vino che restano in bocca dopo
essersela lavata, se la loro quantità non è notevole, ma si confonde
con la saliva, com'è inevitabile.
L'altro è il digiuno ecclesiastico, istituito quale mortificazione
della carne. Tale digiuno non viene rotto dalle cose suddette,
perché esse non nutrono in maniera rilevante, ma si prendono
piuttosto per aiutare la digestione.
5. Quando si dice che
"questo sacramento deve entrare nella
bocca del cristiano prima degli altri cibi", non s'intende in senso
assoluto rispetto a tutto il tempo, altrimenti chi avesse mangiato
o bevuto una volta non potrebbe più prendere questo sacramento.
Ma deve intendersi rispetto allo stesso giorno. E sebbene a proposito dell'inizio del giorno ci siano modi diversi di determinarlo:
dal mezzoggiorno, dal tramonto, dalla mezzanotte, o dalla levata
del sole, tuttavia la Chiesa seguendo l'uso dei Romani lo fa partire
dalla mezzanotte. Perciò se dopo la mezzanotte uno ha preso
qualche cosa a modo di cibo o di bevanda, non può nello stesso
giorno ricevere l'Eucarestia; può farlo invece, se ha mangiato o
bevuto prima di mezzanotte.
Rispetto alla legge suddetta non importa che uno, dopo aver
mangiato o bevuto, abbia dormito o digerito. Tuttavia la veglia
notturna e l'indigestione incidono sul turbamento dell'anima: e
se il turbamento spirituale è grave, uno è reso inadatto alla comunione eucaristica.
6. La massima devozione si richiede nel momento di ricevere
l'Eucarestia, perché allora si ottiene l'effetto del sacramento. Ora,
questa devozione è più ostacolata da quanto precede la comunione che da quanto la segue. Ecco perché fu stabilito che gli
uomini digiunino prima della comunione piuttosto che dopo. Tuttavia dev'esserci un po' d'intervallo tra la comunione e la
consumazione di altri cibi. Nella messa infatti dopo la comunione si
recita una preghiera di ringraziamento; e privatamente anche
coloro che si sono comunicati dicono altre orazioni.
Secondo i canoni antichi però era stato prescritto dal Papa
Clemente: "Se la porzione del Signore si prende la mattina, i
ministri che l'hanno ricevuta, digiunino fino all'ora sesta; se l'hanno ricevuta all'ora terza o quarta, digiunino fino al vespero".
Anticamente però era più rara la celebrazione della messa, e si
faceva con maggiore preparazione. Ora invece, dovendosi più frequentemente celebrare i sacri misteri, non si può comodamente
osservare la stessa disciplina di prima. Conseguentemente essa è
stata abrogata dalla consuetudine contraria.
ARTICOLO
9
Se a coloro che non hanno l'uso di ragione, si debba amministrare
questo sacramento
SEMBRA che coloro i quali non hanno l'uso di ragione non
debbano ricevere questo sacramento. Infatti:
1. A questo sacramento ci si deve accostare con devozione e
dopo aver esaminato se stessi, secondo le parole dell' Apostolo: "Esamini ognuno se stesso e così mangi di quel pane e beva di
quel calice". Ma ciò non è possibile a chi manca dell'uso di ragione. Dunque a costoro non si deve amministrare questo
sacramento.
2. Tra coloro che non hanno l'uso di ragione ci sono anche gli
ossessi, chiamati energumeni. Ma questi, secondo Dionigi, sono
esclusi perfino dal guardare il sacramento. Perciò l'Eucarestia va
negata a quelli che son privi dell'uso di ragione.
3. Tra coloro che mancano dell'uso di ragione si devono contare
specialmente i bambini innocenti. Ma ai bambini non si dà questo
sacramento. Molto meno quindi si può dare agli altri.
IN CONTRARIO: Negli atti del Concilio d'Orange si legge:
"Ai
dementi si deve dare tutto ciò che riguarda la pietà". Perciò si
deve loro accordare l'Eucarestia che è "il sacramento della pietà".
RISPONDO: Si può essere privi dell'uso di ragione in due maniere.
Primo, per il fatto che si possiede un debole uso di ragione: allo
stesso modo che diciamo privo di vista chi ci vede poco. A costoro,
per il fatto che possono concepire una qualche devozione verso
l'Eucarestia, non deve negarsi questo sacramento.
Secondo, per non avere affatto l'uso di
ragione. Costoro però,
o non l'hanno mai avuto fin dalla nascita: e a questi non deve
amministrarsi l'Eucarestia, perché in essi non ci fu mai alcuna
devozione verso questo sacramento; oppure non sempre furono
privi dell'uso di ragione. Ebbene, se costoro prima, quando erano
in sé, avevano dato segno di devozione a questo sacramento, lo si
deve loro concedere in punto di morte, purché non ci sia pericolo
di vomito o di sputo. In proposito negli atti del IV Concilio di
Cartagine, riferito dal Decreto (di Graziano) si legge: "Colui che
da infermo chiede la penitenza, se per caso, mentre il sacerdote da
lui invitato è in arrivo, vinto dal male perde i sensi e la ragione,
dietro testimonianza di quanti lo hanno udito, riceva il perdono,
e, se la morte sembra imminente, venga riconciliato con l'imposizione delle mani e gli si versi in bocca l'Eucarestia".
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ:
1. Tra le persone prive dell'uso
di ragione alcune possono avere verso l'Eucarestia una devozione
attuale, altre possono averla avuta in passato.
2. Dionigi parla degli energumeni non ancora battezzati, cioè
di quelli nei quali non è stata ancora infranta la forza del demonio,
vigente in loro per il peccato originale. Ma per i battezzati, che
sono posseduti corporalmente dagli spiriti immondi, vale la regola
data per gli altri deficienti. In merito Cassiano osserva: "Noi
non ricordiamo che dai nostri predecessori sia mai stata interdetta
la santa comunione a costoro", cioè a quelli che sono tormentati
dagli spiriti immondi.
3. I bambini nati da poco si trovano nella stessa condizione dei
dementi che non hanno mai avuto l'uso di ragione. Quindi a costoro non si devono dare i santi misteri, sebbene alcuni Greci
facciano il contrario, per il fatto che Dionigi raccomanda di dare
la comunione ai battezzati, non avvertendo che Dionigi parla in
quel testo del battesimo degli adulti. I bambini però per tale
rifiuto non subiscono per la loro vita il danno minacciato da quelle
parole del Signore: "Se non mangerete la carne del Figlio dell'uomo e non berrete il suo sangue, non avrete in
voi la vita";
perché, conforme a quanto scrive S. Agostino, "ciascun fedele
diventa partecipe" spiritualmente "del corpo e del sangue del
Signore, quando col battesimo diventa membro del corpo di Cristo".
Però quando i bambini incominciano ad avere un certo uso di
ragione, da poter concepire devozione verso questo sacramento,
allora si può conferire ad essi l'Eucarestia.
ARTICOLO
10
Se sia lecito ricevere ogni giorno questo sacramento
SEMBRA che non sia lecito ricevere ogni giorno questo
sacramento. Infatti:
1.
Questo sacramento, rappresenta la passione del Signore, come
il battesimo. Ora, non è lecito battezzarsi più volte, ma una volta
sola; perché, come dice S. Pietro, "Cristo è morto una sola volta
per i nostri peccati". Dunque non è lecito ricevere tutti i giorni
questo sacramento.
2. La verità deve corrispondere alla figura. Ma
l'agnello
pasquale, che fu la principale figura di questo sacramento, come si
è detto sopra, non si mangiava se non una volta all'anno. E la
Chiesa stessa celebra la passione di Cristo, di cui questo sacramento
è il memoriale, una volta l'anno. Dunque non è lecito ricevere
ogni giorno questo sacramento, bensì una volta l'anno.
3. Questo sacramento, che contiene Cristo nella sua integrità,
merita la massima riverenza. Ma si deve appunto alla riverenza
che uno si astenga da questo sacramento: ed è per questo che
viene lodato il Centurione il quale disse: "Signore, io non sono
degno che tu entri nella mia casa"; così pure Pietro per la sua
esclamazione: "Signore, allontanati da me, perché sono un peccatore". Non è quindi lodevole che uno riceva ogni giorno questo
sacramento.
4. Se ricevere frequentemente l'Eucarestia fosse cosa lodevole,
tanto più sarebbe lodevole quanto più la comunione fosse
frequente. Ora, la frequenza sarebbe maggiore, se l'uomo ricevesse questo sacramento più volte al giorno. Quindi dovrebbe
essere lodevole comunicarsi più volte al giorno. Questo però non
è ammesso dalla consuetudine della Chiesa. Perciò non è lodevole
che uno si comunichi ogni giorno.
5. La Chiesa con le sue leggi intende provvedere al bene dei
suoi fedeli. Ma per legge ecclesiastica i fedeli sono tenuti a comunicarsi soltanto una volta all'anno, come si legge nei
Canoni: "Ogni fedele dell'uno e dell'altro sesso riceva riverentemente
almeno a Pasqua il sacramento dell'Eucarestia, a meno che dietro
consiglio del proprio sacerdote, per qualche ragionevole causa, non
giudichi di doversene astenere per un certo tempo". Non è dunque lodevole ricevere ogni giorno questo sacramento.
IN CONTRARIO: S. Agostino dice:
"Questo è il pane quotidiano:
ricevilo ogni giorno, perché ogni giorno ti giovi".
RISPONDO: Circa l'uso di questo sacramento possiamo
considerare due cose. La prima da parte del sacramento stesso, la cui
virtù è salutare per gli uomini. E sotto quest'aspetto è utile riceverlo quotidianamente, perché ogni giorno se ne riceva il frutto.
Di qui le parole di S. Ambrogio: "Se il sangue di Cristo ogni volta
che si effonde, si effonde a remissione dei peccati, io che pecco
continuamente devo riceverlo sempre, sempre devo prendere la
medicina".
In secondo luogo possiamo considerare la cosa da parte di chi
si comunica, il quale è tenuto ad accostarsi a questo sacramento
con grande devozione e riverenza. Perciò se uno ogni giorno si
trova preparato, è cosa lodevole che lo faccia ogni giorno. Per cui
S. Agostino dopo aver detto, "Ricevilo ogni giorno, perché ogni
giorno ti giovi", soggiunge: "Vivi così da meritare di riceverlo ogni
giorno". Tuttavia, poiché spesso in un gran numero di persone
molti ostacoli impediscono la necessaria devozione, per indisposizioni del corpo e dell'anima, non sarebbe utile a tutti accostarsi
ogni giorno a questo sacramento, ma è utile che ciascuno ci si accosti tutte le volte che si sente preparato a riceverlo. Ecco perché
nel De Ecclesiasticis Dogmatibus si legge: "Ricevere la comunione
eucaristica ogni giorno è cosa che né lodo né biasimo".
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ:
1. Con il sacramento del battesimo l'uomo viene configurato alla morte di Cristo, ricevendone
il carattere: quindi, come Cristo "è morto una sola volta", così
solo una volta l'uomo dev'essere battezzato. Con l'Eucarestia
invece l'uomo non riceve il carattere di Cristo, ma Cristo stesso,
la cui virtù dura in eterno, secondo l'espressione dell'Apostolo: "Con una sola offerta ha condotto alla perfezione per sempre i
santificati". Ora, avendo l'uomo quotidianamente bisogno della
virtù salvifica di Cristo, può lodevolmente ricevere ogni giorno
questo sacramento.
Inoltre, deve soprattutto considerarsi che il battesimo è una
rigenerazione spirituale. Quindi l'uomo come nasce fisicamente una
sola volta, così una sola volta deve rinascere spiritualmente mediante il battesimo, come nota S. Agostino commentando le parole
di Nicodemo: "Come può un uomo rinascere quando è vecchio?".
Al contrario l'Eucarestia è cibo spirituale: quindi come si prende
ogni giorno il cibo materiale, così è cosa lodevole ricevere ogni
giorno questo sacramento. Ecco perché il Signore insegna a chiedere: "Dacci oggi il nostro pane
quotidiano". E S. Agostino
spiega: "Se ogni giorno lo ricevi" questo sacramento, "ogni giorno
è oggi per te, ogni giorno per te risorge Cristo: l'oggi è appunto
il giorno in cui il Cristo risorge".
2. L'agnello pasquale fu la principale figura dell'Eucarestia
quanto alla passione di Cristo, rappresentata da questo sacramento. Perciò esso veniva consumato una sola volta all'anno,
perché "Cristo è morto una volta soltanto". Per questo anche la
Chiesa una sola volta all'anno celebra il ricordo della passione di
Cristo. Nell'Eucarestia però il memoriale della passione di Cristo
viene dato a noi sotto forma di cibo, il quale si prende ogni
giorno. Perciò sotto quest'aspetto l'Eucarestia è raffigurata dalla
manna, la quale veniva data al popolo nel deserto ogni giorno.
3. La riverenza verso questo sacramento è un timore
temperato dall'amore: si chiama appunto timore filiale il timore
riverenziale verso Dio, come si disse nella Seconda Parte. Infatti
dall'amore nasce il desiderio di riceverlo, dal timore viene l'umiltà
del rispetto. Perciò entrambe le cose possono esprimere la riverenza verso questo sacramento: sia la comunione quotidiana che
l'astensione temporanea. Ecco perché S. Agostino diceva: "Se
qualcuno osserva che non si deve ogni giorno ricevere l'Eucarestia
e un altro sostiene il contrario, faccia ciascuno ciò che secondo la
propria coscienza crede piamente suo dovere. Infatti Zaccheo e il
Centurione non litigarono tra loro, pur avendo l'uno accolto gioiosamente il Signore e l'altro protestato:
"Non sono degno che tu
entri nella mia casa", onorando tutti e due il Signore, sebbene in
modi diversi". Tuttavia l'amore e la speranza, sentimenti ai quali
la Scrittura c'invita continuamente, sono da preferirsi al timore;
cosicché avendo Pietro esclamato: "Signore, allontanati da me,
perché sono un peccatore", Gesù replicò: "Non temere".
4. Il fatto che il Signore dica:
"Dacci oggi il nostro pane quotidiano" esclude che ci si possa comunicare più volte al giorno;
cosicché almeno l'unica comunione giornaliera possa rappresentare
l'unicità della passione di Cristo.
5. Secondo le loro diverse condizioni le Chiese emanarono leggi
diverse a questo riguardo. Infatti nella Chiesa primitiva, quando
ferveva una grande devozione di fede cristiana, fu stabilito che i
fedeli si comunicassero ogni giorno. Perciò il Papa S. Anacleto dice: "Fatta la consacrazione, tutti si comunichino, se non
vogliono trovarsi fuori della Chiesa: così infatti vollero gli Apostoli e
così osserva la Chiesa Romana". In seguito invece, essendo diminuito il fervore, il Papa S. Fabiano concesse che
"tutti si comunicassero, se non più di frequente, almeno tre volte all'anno: a
Pasqua, a Pentecoste e a Natale". Anche il Papa S. Sotero comanda la comunione
"in Coena Domini", come si legge nel
Decreto. Successivamente però, "per il crescere del male e il raffreddamento in molti della carità", Innocenzo
III stabilì che i
fedeli si comunicassero "almeno una volta l'anno", cioè "a Pasqua". - Tuttavia nel libro De Ecclesiasticis Dogmatibus si
consiglia "di comunicarsi tutte le domeniche".
ARTICOLO
11
Se sia lecito astenersi del tutto dalla comunione
SEMBRA che sia lecito astenersi del tutto dalla comunione.
Infatti:
1. Viene lodato il Centurione perché protestò:
"Signore, io non
sono degno che tu entri nella mia casa". E a lui corrisponde chi
stima di doversi astenere dalla comunione, come si è detto sopra.
Ora, poiché non si legge che Cristo sia poi entrato nella casa del
centurione, è lecito astenersi dalla comunione per tutto il tempo
della vita.
2. A ciascuno è lecito astenersi dalle cose che non sono
necessarie alla salvezza. Ma questo sacramento non è necessario alla
salvezza, come si è detto sopra. Dunque è lecito cessare completamente di riceverlo.
3. I peccatori non son tenuti a comunicarsi; tanto che il Papa
Fabiano, dopo aver detto: "Tutti si comunichino tre volte all'anno", soggiunge:
"a meno che uno non sia impedito da gravi delitti". Ma se quelli che non sono in peccato, son tenuti a
comunicarsi, i peccatori vengono a trovarsi in condizioni migliori dei
giusti: il che è inammissibile. Perciò anche ai giusti è lecito fare
a meno della comunione.
IN CONTRARIO: Il Signore afferma:
"Se non mangerete la carne
del Figlio dell'uomo e non berrete il suo sangue, non avrete in
voi la vita".
RISPONDO: Come sopra abbiamo visto, due sono le maniere di
ricevere questo sacramento: spiritualmente e sacramentalmente.
Ora, è chiaro che tutti sono tenuti a comunicarsi almeno spiritualmente; perché ciò, secondo le spiegazioni date, significa
incorporarsi a Cristo. La comunione spirituale però include il desiderio
di ricevere questo sacramento, come si è già osservato. Perciò
senza il desiderio di ricevere questo sacramento per l'uomo non
ci può essere salvezza. Ma un desiderio sarebbe vano, se non
venisse appagato quando l'opportunità lo consente. Di conseguenza è chiaro che l'uomo è tenuto a ricevere questo sacramento non
solo per la legge della Chiesa, ma anche per il precetto del Signore : "Fate questo in memoria di me". La legge della Chiesa non
fa che determinare i tempi in cui si deve eseguire il precetto di
Cristo.
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ:
1. "È vera umiltà" dice S. Gregorio
"quella che non si ostina a respingere ciò che utilmente viene
comandato". Non sarebbe quindi umiltà lodevole, se uno contro
il precetto di Cristo e della Chiesa si astenesse del tutto dalla
comunione. Al centurione invece non era stato comandato di
ricevere Cristo in casa sua.
2. L'Eucarestia non è necessaria alla salvezza come il battesimo
per i bambini, i quali possono salvarsi senza di essa, ma non
senza il sacramento del battesimo. Ma per gli adulti sono strettamente necessari l'uno e l'altro sacramento.
3. I peccatori soffrono un gran danno dall'essere esclusi da
questo sacramento e quindi non sono per questo dei privilegiati.
Quelli però che persistono nella colpa, non sono scusati dalla trasgressione del precetto della comunione, tuttavia sono scusati i
penitenti che, come dice Innocenzo III "se ne astengono secondo
il consiglio del sacerdote".
ARTICOLO
12
Se sia lecito sumere il corpo di Cristo senza il sangue
SEMBRA che non sia lecito sumere il corpo di Cristo senza il
sangue. Infatti:
1. Il Papa Gelasio dichiara:
"Sappiamo che alcuni, ricevuta
soltanto la porzione del sacro corpo, si astengono dal calice del
sangue consacrato. Costoro quindi, guidati senza dubbio da chi
sa quale superstizione, o ricevano per intero i sacramenti o se ne
astengano per intero". Non è dunque permesso di ricevere il corpo
di Cristo senza il suo sangue.
2. Alla integrità di questo sacramento concorre, come abbiamo
visto sopra, tanto la consumazione del corpo quanto quella del
sangue. Se dunque si riceve il corpo senza il sangue, il sacramento
rimane incompleto. Il che equivale a un sacrilegio. Infatti il
Papa Gelasio soggiunge: "La divisione di un solo e identico mistero
non può farsi senza un grande sacrilegio".
3. Questo sacramento, l'abbiamo già detto sopra, si celebra in
memoria della passione del Signore, e si riceve per la salvezza
dell'anima. Ma la passione di Cristo è espressa meglio dal sangue
che dal corpo; inoltre il sangue viene offerto per la salvezza dell'anima, come abbiamo notato. Piuttosto quindi che astenersi dal
ricevere il sangue, ci si dovrebbe astenere dal ricevere il corpo.
Perciò coloro che si accostano a questo sacramento non devono
mai prendere il corpo senza il sangue di Cristo.
IN CONTRARIO:
È uso di molte chiese offrire al popolo che si
comunica il corpo di Cristo, senza il sangue.
RISPONDO: Sull'uso di questo sacramento si possono considerare
due cose: una da parte del sacramento stesso, l'altra da parte di
coloro che lo ricevono. Da parte del sacramento stesso conviene
che si riceva sia il corpo che il sangue: perché l'integrità del sacramento li implica entrambi. Perciò il sacerdote, avendo il compito
di consacrare e di consumare nella sua integrità questo sacramento,
non deve mai sumere il corpo di Cristo senza il sangue.
Da parte invece di coloro che si comunicano occorre somma
riverenza e cautela, perché non accada nulla che offenda un così
grande mistero. Ciò potrebbe verificarsi specialmente nella distribuzione del sangue, perché, prendendolo senza le debite
precauzioni, potrebbe facilmente versarsi. E poiché nel popolo cristiano,
che è andato moltiplicandosi, ci sono e vecchi e giovani e bambini,
alcuni dei quali non sono tanto accorti da usare le necessarie cautele nel ricevere questo sacramento, prudentemente in alcune
chiese si usa di non dare al popolo il sangue, ma di farlo
consumare dal sacerdote soltanto.
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: Il Papa Gelasio in quel testo si
riferisce ai sacerdoti, i quali, come consacrano tutto il sacramento, così devono consumarlo nella sua integrità. Infatti, come si legge
in un Concilio di Toledo, "che sacrificio sarebbe quello a cui non
partecipasse nemmeno il sacrificante stesso?".
2. Il compimento di questo sacramento non si ha nella
comunione dei fedeli, ma nella consacrazione della materia. Perciò non
si toglie nulla alla perfezione di questo sacramento, se il popolo
riceve il corpo senza il sangue, purché il sacerdote consacrante
riceva l'uno e l'altro.
3. La rappresentazione della passione del Signore si ha
nella consacrazione stessa di questo sacramento, nella quale non si può
mai consacrare il corpo senza il sangue. Il popolo invece può
ricevere il corpo senza il sangue, senza che ne derivi nessun inconveniente. Perché il sacerdote offre e consuma il sangue a nome
di tutti; inoltre perché, come abbiamo spiegato, in ciascuna delle
due specie Cristo è contenuto per intero.
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