La Nascita
Summa Theologiae
Somma Teologica III, q. 35
La nascita di Cristo
Dopo aver trattato del concepimento di Cristo, passiamo a
considerare la sua nascita. Primo la nascita in se stessa; secondo,
la manifestazione del bambino.
Sul primo argomento si pongono otto quesiti:
1. Se la nascita
si debba attribuire alla natura, o alla persona; 2. Se a Cristo, oltre quella eterna, si debba attribuire un'altra nascita; 3. Se la
Beata Vergine gli sia madre secondo la nascita temporale; 4. Se
si possa chiamare Madre di Dio; 5. Se Cristo sia Figlio di Dio
Padre e della Vergine Madre con due filiazioni distinte; 6. In che
modo egli sia nato; 7. Dove; 8. Quando.
ARTICOLO
1
Se la nascita appartenga più
alla natura che alla persona
SEMBRA che la nascita appartenga più alla natura che alla persona.
Infatti:
1. Dice S. Agostino:
"La natura eterna e divina non potrebbe
essere concepita e nascere dalla natura umana, se non conformandosi
alla natura umana". Perciò, essere concepito e nascere secondo
la natura umana spetta alla natura divina. Tanto più dunque
ciò spetta alla natura umana.
2. A detta del Filosofo, il nome natura viene da
"nascere". Ma
i nomi vengono imposti in base all'idea delle cose che esprimono.
Dunque il nascere spetta più alla natura che alla persona.
3. Propriamente nasce ciò che con la nascita comincia ad esistere.
Ora, con la nascita di Cristo cominciò ad esistere, non la sua
persona, ma la sua natura umana. Sembra perciò che la nascita
spetti propriamente alla natura e non alla persona.
IN CONTRARIO: Afferma il Damasceno:
"La nascita non è della
natura, ma dell'ipostasi".
RISPONDO: Nell'attribuire la nascita si possono aver di mira
due cose: primo, il soggetto; secondo, il termine. Come a soggetto
viene attribuita a ciò che nasce, e questo propriamente non
è la natura, ma l'ipostasi. Infatti poiché nascere è una forma di
generazione, come una cosa viene generata per esistere così anche
nasce per esistere. Ma propriamente parlando esistono soltanto
gli esseri sussistenti: poiché una forma non sussistente esiste
soltanto perché per mezzo di essa un dato essere esiste. Ora, la
persona, o ipostasi, esprime una realtà sussistente; mentre la
natura esprime la forma in cui quella realtà sussiste. Perciò la
nascita viene attribuita alla persona, o ipostasi, come al soggetto
proprio del nascere, e non alla natura.
La nascita però viene attribuita alla natura, come al suo termine.
Perché il termine della generazione, come di qualunque
altra nascita, è la forma. E la natura viene concepita come forma.
Ecco perché il Filosofo definisce la nascita come "via che mena
alla natura": infatti la natura tende alla forma, cioè alla natura
specifica.
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ:
1. Data l'identità in Dio tra
natura e ipostasi, talora natura sta in luogo di persona, o ipostasi.
In questo senso S. Agostino dice che la natura divina è stata
concepita ed è nata: in quanto cioè la persona del Figlio è stata
concepita ed è nata secondo la natura umana.
2. Nessun moto o mutazione prende il nome dal soggetto che
si muove, ma dal termine del movimento, che lo specifica. Ecco
perché la nascita riceve il nome, non dalla persona che nasce, ma
dalla natura che ne è il termine.
3. Propriamente parlando, la natura non comincia ad esistere;
ma è piuttosto la persona che comincia ad esistere in una natura.
Come infatti è già stato detto, la natura si definisce come ciò per
cui una cosa esiste: la persona invece come ciò che ha l'essere
sussistente.
ARTICOLO
2
Se si debba attribuire a Cristo una nascita temporale
SEMBRA che a Cristo non si possa attribuire una nascita temporale.
Infatti:
1.
"Nascere è il divenire di cose che prima del loro nascere non
esistevano (affatto), facendo in modo che mediante la nascita
esistano". Ora, Cristo esisteva dall'eternità. Quindi non poteva
nascere nel tempo.
2. Ciò che è perfetto in sé non ha bisogno di nascere. Ma la
persona del Figlio di Dio è perfetta fin dall'eternità. Quindi non
ha bisogno di nascere. È chiaro perciò che non nacque nel tempo.
3. Il nascere, a rigore, va attribuito alla persona. Ora, in Cristo
c'è una sola persona. Quindi in lui c'è una sola nascita.
4. Chi ha due nascite nasce due volte. Ma questa espressione:
"Cristo nacque due volte" è chiaramente falsa. Poiché la sua
nascita dal Padre, essendo eterna, non subisce interruzione, che
invece è implicita nell'avverbio bis. Si può dire infatti che uno
ha corso due volte (bis), solo se ha interrotto e poi ripreso la
corsa. Non sembra dunque che in Cristo si possano ammettere
due nascite.
IN CONTRARIO: Il Damasceno afferma:
"Riconosciamo in Cristo
due nascite: l'una eterna dal Padre; l'altra in questi ultimi tempi,
per noi".
RISPONDO: Come è stato già detto, la natura sta alla nascita
come il termine sta al moto, o alla mutazione. Ora, come insegna
Aristotele, a termini diversi corrispondono moti diversi. Ma in
Cristo si riscontrano due nature, una ricevuta eternamente dal
Padre, l'altra dalla madre nel tempo. È necessario perciò attribuire
a Cristo due nascite: una per cui nasce eternamente dal
Padre, l'altra per cui è nato nel tempo dalla madre.
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ:
1. Questa difficoltà, mossa da
un certo eretico di nome Feliciano, così viene risolta da
S. Agostino: "Supponiamo che nel mondo, come vorrebbero certuni, vi
sia un'anima generale, la quale con ineffabile movimento vivifichi
tutti i germi in modo tale da non entrare in composizione con le
cose generate, ma da dare essa stessa la vita a ciò che deve essere
generato. Naturalmente quando quest'anima entra nel seno per
formarvi a suo uso una materia passibile, formerà una sola
persona con quella realtà, che non ha la sua stessa sostanza, e così,
subendo la materia l'azione dell'anima, da due sostanze risulterà
un unico uomo. Così, noi diciamo, l'anima nasce dal seno: non
perché essa, prima di nascere, non esistesse in nessuna maniera.
In questo modo, anzi in maniera più sublime, è nato come uomo
il Figlio di Dio, nel senso in cui diciamo che l'anima nasce dal
corpo: non perché entrambi siano una sola sostanza, ma perché
dai due risulta una sola persona. Tuttavia non diciamo che il
Figlio di Dio ha cominciato ad esistere da quell'istante; affinché
nessuno creda che la divinità è temporale. Neppure affermiamo
che la carne di Dio esiste dall'eternità; affinché non si pensi che
invece di prendere un vero corpo umano, egli ne abbia assunto
solo una certa apparenza".
2. La seconda difficoltà appartiene a Nestorio; ed è risolta da
S. Cirillo nel modo seguente: "Non diciamo che il Figlio di Dio,
oltre la sua nascita eterna dal Padre, avesse bisogno per sé di
una seconda nascita: è infatti segno di stoltezza e d'ignoranza
affermare che colui il quale esiste prima di tutti i secoli ed è
coeterno al Padre, abbia bisogno di un cominciamento per esistere
una seconda volta. Ma si dice che è nato secondo la carne in
quanto, per noi e per la nostra salvezza, ha unito personalmente
a sé la natura ed è nato da una donna".
3. La nascita ha la
persona come soggetto, e la natura come
termine. Ora, in un soggetto possono esserci varie mutazioni,
imposte appunto dalla varietà dei termini. Con ciò non si vuol
dire che la nascita eterna sia realmente una trasmutazione o un
moto, ma che viene concepita come se fosse tale.
4. Possiamo dire che Cristo è nato due volte, in base alle sue
due nascite. Come infatti si dice che corre due volte chi corre
in due tempi diversi, così si può affermare che nasce due volte
chi nasce una volta nella eternità, e una volta nel tempo; perché
l'eternità e il tempo, designanti ambedue una durata, differiscono
tra di loro più di due momenti temporali.
ARTICOLO
3
Se la Beata Vergine, per la nascita temporale di lui,
possa chiamarsi madre di Cristo
SEMBRA che la Beata Vergine non possa, per la nascita temporale di lui,
chiamarsi madre di Cristo. Infatti:
1. Abbiamo già dimostrato che la Beata Vergine Maria nella
generazione di Cristo non operò attivamente, ma fornì soltanto
la materia. Ora, questo non sembra sufficiente per essere considerata
madre: altrimenti si potrebbe anche dire che il legno è
madre del letto o dello sgabello. Sembra dunque che la Beata
Vergine non possa chiamarsi madre di Cristo.
2. Cristo è nato dalla Beata Vergine miracolosamente. Ma la
generazione miracolosa non è sufficiente per creare la maternità,
o la filiazione; infatti non diciamo che Eva fu figlia di Adamo.
Dunque neppure Cristo può dirsi figlio della Beata Vergine.
3. Sembra che nella generazione la madre debba secernere il
seme. Il corpo di Cristo invece, come dice il Damasceno, "non
è stato formato dal seme, ma dall'azione dello Spirito Santo".
Sembra quindi che la Beata Vergine non possa dirsi madre di
Cristo.
IN CONTRARIO: In S. Matteo si legge:
"La nascita di Cristo
avvenne in questo modo. Essendo Maria, madre di Gesù, fidanzata
a Giuseppe, ecc.".
RISPONDO: La Beata Vergine Maria è vera e naturale madre
di Cristo. Infatti, come abbiamo detto sopra, il corpo di Cristo
non discese dal cielo, come insegnò l'eretico Valentino; ma fu
desunto dalla Vergine madre, e formato dal suo purissimo sangue.
Ma questo soltanto si richiede per essere madre, come sopra
abbiamo visto. Quindi la Beata Vergine è veramente madre di Cristo.
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ:
1. Come abbiamo detto sopra, si
può parlare di paternità, o maternità, e filiazione non in qualunque
generazione, ma soltanto in quella degli esseri viventi. Perciò la
produzione di cose inanimate da una data materia, non stabilisce
tra loro nessuna relazione di maternità e filiazione: ma questa si
ha soltanto nella generazione degli esseri viventi, ai quali
propriamente compete nascere.
2. Il Damasceno scrive che Cristo nella sua nascita nel tempo,
secondo la quale è nato per la nostra salvezza, in qualche modo "si è conformato a noi, nascendo come uomo da una donna e nel
tempo richiesto dopo il concepimento; è invece superiore a noi, in
quanto è nato non da un seme umano, ma dallo Spirito Santo
e dalla Santa Vergine, fuori delle leggi del concepimento naturale".
Perciò da parte della madre, tale nascita è stata naturale; ma da
parte dell'azione dello Spirito Santo è stata miracolosa. Dunque
la Beata Vergine è vera e naturale madre di Cristo.
3. Abbiamo già visto che la secrezione del seme femminile non
è necessaria per la concezione. E quindi non è necessaria neppure
al concetto di madre.
ARTICOLO 4
Se la Beata Vergine debba chiamarsi madre di Dio
SEMBRA che la Beata Vergine non debba chiamarsi madre di
Dio. Infatti:
1. Sui misteri divini, è necessario attenersi al linguaggio della
Sacra Scrittura. Ora, in nessuna parte di essa si legge che la Beata
Vergine sia madre, o genitrice di Dio; ma soltanto che è "madre
di Cristo", o "madre del fanciullo". Quindi non si può dire che
essa è madre di Dio.
2. Cristo è Dio secondo la natura divina. Ma questa non ha
preso inizio dalla Vergine. Dunque la Beata Vergine non può
chiamarsi madre di Dio.
3. Il nome Dio è attributo comune al Padre, al Figlio e allo
Spirito Santo. Se dunque la Beata Vergine fosse madre di Dio,
verrebbe ad essere madre del Padre, del Figlio e dello Spirito
Santo: il che non è ammissibile. Quindi la Beata Vergine non
può dirsi madre di Dio.
IN CONTRARIO: Nei capitoli di S. Cirillo, approvati dal Concilio
di Efeso, si legge: "Se qualcuno non ammette che l'Emmanuele
è veramente Dio e che perciò la Santa Vergine è la madre di
Dio, in quanto ella ha generato secondo la carne il Verbo nato
da Dio, sia scomunicato".
RISPONDO: Come abbiamo visto sopra, ogni nome che esprime
in forma concreta una natura, può attribuirsi a qualsiasi ipostasi
(o supposito) di quella natura. Ora, poiché l'incarnazione è
avvenuta, secondo le spiegazioni date, nell'unità dell'ipostasi, è chiaro
che il nome Dio può attribuirsi all'ipostasi che ha insieme la
natura umana e quella divina. Perciò a codesta persona si può
attribuire ciò che spetta, sia alla natura divina, che a quella
umana: sia nel caso che si tratti di termini relativi alla natura
divina; come nel caso di termini relativi alla natura umana. Ora,
concepimento e nascita vengono attribuiti a una persona, o
ipostasi, secondo la natura nella quale l'ipostasi viene concepita e
nasce. Perciò avendo la persona divina assunto la natura umana
fin dall'inizio della concezione, come sopra abbiamo spiegato, è
chiaro che può dirsi con verità che Dio è stato concepito ed è
nato dalla Vergine. Ma proprio per questo una donna è chiamata
madre di una persona, perché l'ha concepita e data alla luce.
Dunque la Beata Veraine deve chiamarsi veramente madre di Dio.
Infatti in due casi soltanto si potrebbe negare che la Beata
Vergine è madre di Dio: nel caso che l'umanità fosse stata concepita
e fosse nata prima che quell'uomo fosse Figlio di Dio, come
sostenne Fotino; oppure nel caso che l'umanità, come diceva
Nestorio, non fosse stata assunta nell'unica persona o ipostasi del Verbo
di Dio. L'una e l'altra ipotesi però sono erronee. Quindi è da
eretici dire che la Beata Vergine non è madre di Dio.
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ:
1. L'obiezione è di Nestorio.
Essa può essere risolta facendo notare che, sebbene la Scrittura
non dica espressamente che la Beata Vergine è madre di Dio,
dice però che "Gesù Cristo è vero Dio", e che la Beata Vergine
è "madre di Gesù Cristo". - Quindi dalle parole della Scrittura
segue necessariamente che essa è madre di Dio.
Inoltre S. Paolo afferma che
"dai giudei, secondo la carne, è
Cristo, il quale è al di sopra di tutte le cose Dio benedetto nei
secoli". Ma questi deriva dai giudei solo mediante la Beata
Vergine. Dunque colui che è "al di sopra di tutte le cose Dio
benedetto nei secoli" è nato realmente dalla Beata Vergine come da
sua madre.
2. Anche questa difficoltà è di Nestorio. S. Cirillo la risolve nel
modo seguente: "L'anima dell'uomo nasce insieme col proprio
corpo, e insieme formano una cosa sola; se qualcuno volesse dire
che la madre del corpo non è madre dell'anima, il suo sarebbe
un parlare inutile. Qualcosa del genere troviamo nella generazione
di Cristo. Il Verbo di Dio infatti è nato dalla sostanza di Dio
Padre; ma siccome ha assunto la carne, è necessario ammettere
che secondo la carne è nato da una donna". Si deve dunque
affermare che la Beata Vergine è madre di Dio, non perché madre
della divinità; ma perché è madre, secondo la natura umana, di
una persona che possiede la divinità e l'umanità.
3. Benché il nome Dio sia comune alle tre persone, spesso
designa o la sola persona del Padre, o la sola persona del Figlio,
oppure lo Spirito Santo, come abbiamo visto in precedenza. Così
quando diciamo: "La Beata Vergine è madre di Dio", il nome
Dio sta ad indicare la sola persona incarnata del Figlio.
ARTICOLO 5
Se in Cristo vi siano due filiazioni
SEMBRA che in Cristo vi siano due filiazioni. Infatti:
1. La nascita è causa della filiazione. Ma in Cristo vi sono due
nascite. Dunque anche due filiazioni.
2. La filiazione, in virtù della quale uno si dice figlio del padre
o della madre, dipende da lui stesso solo in qualche modo: poiché
la relazione consiste "nel riferirsi di una cosa a un'altra";
cosicché l'eliminazione di un termine correlativo fa cessare anche l'altro.
Ora, la filiazione eterna, per cui Cristo è Figlio di Dio Padre, non
dipende dalla madre: perché ciò che è eterno non può dipendere
da ciò che è temporale. Quindi Cristo non è figlio della madre
per filiazione eterna. Per conseguenza o non è figlio suo per niente,
il che è in contrasto con quanto è stato già provato; oppure lo
è in virtù di un'altra filiazione, cioè temporale. Dunque in Cristo
ci sono due filiazioni.
3. I termini relativi si trovano l'uno nella definizione dell'altro:
quindi un termine relativo è specificato dall'altro. Ma una stessa
cosa non può appartenere a speci diverse. Sembra quindi impossibile
che una medesima relazione abbia come termine due estremi
completamente diversi. Ora, si dice che Cristo è Figlio del Padre
il quale è eterno, e di una madre temporale: termini del tutto
diversi. Non sembra dunque che Cristo si possa chiamare Figlio
del Padre e della madre in forza di una stessa relazione. Vi sono
perciò in lui due filiazioni.
IN CONTRARIO: Il Damasceno osserva che in Cristo si moltiplica
ciò che appartiene alla natura, non ciò che è proprio della persona.
Ora, la filiazione appartiene in modo specialissimo alla persona;
è infatti una proprietà personale, come risulta evidente dalla
Prima Parte. Quindi in Cristo c'è una sola filiazione.
RISPONDO: In proposito ci sono varie opinioni. Alcuni infatti,
facendo leva sulla causa della filiazione, che è la nascita, pongono
in Cristo due filiazioni, perché due sono le nascite. - Altri invece,
considerando il soggetto della filiazione, cioè la persona o ipostasi,
pongono in Cristo una sola filiazione, essendo unica l'ipostasi o
persona.
L'unità o la pluralità di una relazione infatti non è data dai
termini, ma dalla causa o dal soggetto. Poiché se si dovesse
considerare dai termini, bisognerebbe ammettere due filiazioni in
ciascun uomo: una rispetto al padre, e una rispetto alla madre. Ma
a ben considerare la cosa, si vede che ciascuno si riferisce al padre
e alla madre mediante un'unica relazione, per l'unicità della causa.
L'uomo infatti nasce dal padre e dalla madre con una stessa
nascita; e quindi con essi ha una sola relazione. È ciò che accade,
p. es., a un maestro il quale istruisce molti discepoli con un unico
insegnamento; e a un padrone il quale comanda più sudditi con
la medesima autorità. - Se invece ci sono cause varie e
specificamente differenti, differiscono anche le relazioni. E quindi niente
impèdirà che queste si trovino nel medesimo soggetto. Se un
maestro, p. es., ad alcuni insegna la grammatica e ad altri la logica,
si hanno due relazioni d'insegnamento: perciò uno stesso uomo
può avere relazioni diverse, o perché diversi sono i discepoli, o
perché varie sono le discipline che insegna. - Può capitare
tuttavia che uno abbia relazione con molti per cause diverse, ma della
stessa specie: come quando uno è padre di diversi figli, in forza
di diversi atti generativi. In tal caso la paternità non differisce
specificamente, essendo gli atti della generazione della medesima
specie. E poiché più forme della stessa specie non possono trovarsi
simultaneamente nello stesso soggetto, non è possibile che vi siano
più paternità in chi ha dato naturalmente la vita a più figlioli.
La cosa sarebbe diversa, se di alcuni uno fosse padre naturale, di
altri padre adottivo.
Ora, è chiaro che non per una medesima nascita Cristo è nato
ab aeterno dal Padre, e nel tempo dalla madre. Né la nascita è
della stessa specie nei due casi. In questo senso bisognerebbe dire
che in Cristo vi sono due filiazioni, una temporale e una eterna.
Ma soggetto della filiazione è non la natura o parte di essa, bensì
soltanto la persona o ipostasi; e in Cristo non c'è altra ipostasi
o persona oltre quella eterna. Perciò in Cristo non può esserci
altra filiazione che quella dell'ipostasi eterna. Ora, ogni relazione
d'ordine temporale che si attribuisca a Dio aggiunge a Dio eterno
non un'entità reale, ma soltanto di ragione, come è stato dimostrato
nella Prima Parte. Dunque la filiazione che unisce Cristo
alla madre, non può essere una relazione reale, ma solo di ragione.
E
così in qualche modo sono vere ambedue le opinioni. Se infatti
badiamo al concetto preciso di filiazione, bisogna ammettere due
filiazioni in base alle due nascite. Se invece badiamo al soggetto
della filiazione, il quale non può essere che l'ipostasi eterna, in
Cristo non può darsi che una reale filiazione, quella eterna.
Tuttavia è detto figlio rispetto alla madre, in forza di una
relazione che si concepisce parallelamente a quella di maternità che
essa ha verso Cristo. Così come chiamiamo Dio Signore, per una
relazione che si concepisce parallelamente alla relazione reale con
cui la creatura sta soggetta a Dio. E benché in Dio la relazione
di dominio non sia reale, egli è realmente Signore per la reale
sottomissione a lui della creatura. Così Cristo è detto realmente
figlio della Vergine madre in virtù della relazione reale di maternità
che essa ha con Cristo.
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ:
1. In Cristo la nascita temporale
causerebbe una reale filiazione temporale, se vi fosse un soggetto
capace di tale filiazione. Ma questo non ci può essere: come
abbiamo già detto. Infatti, il suppositum eterno non può essere
soggetto di relazioni temporali. - Né si può affermare che esso sia
soggetto di filiazione temporale in forza della sua natura umana,
come lo è della nascita temporale: perché bisognerebbe che la
natura umana fosse in qualche modo soggetta alla filiazione, come
è soggetta alla nascita. Quando infatti si dice che un Etiope è
bianco in ragione dei suoi denti, è necessario che questi denti siano
soggetto della bianchezza. Ma la natura umana in nessun modo
può essere soggetto della filiazione; perché tale relazione riguarda
direttamente la persona.
2. La filiazione eterna non dipende dalla madre temporale.
Ma a questa filiazione eterna va unito un certo rapporto temporale,
che dipende dalla madre, in forza del quale Cristo è detto
figlio di sua madre.
3.
"L'uno e l'ente sono interdipendenti", dice Aristotele.
Perciò, come può accadere che in uno dei termini la reazione sia un
ente reale, mentre nell'altro è solo un ente di ragione, secondo
quanto il Filosofo dice dello scibile e della scienza; così può
avvenire pure che in uno dei due termini la relazione sia unica, e
da parte dell'altro siano molte. Nei genitori, p. es., vi sono due
relazioni, di paternità e di maternità, specificamente distinte in
quanto il padre è principio di generazione in maniera diversa dalla
madre (- se invece diverse persone fossero principio di una medesima
azione allo stesso modo, p. es., tirando insieme una nave, vi
sarebbe in tutte la medesima relazione). Da parte della prole
invece vi è una sola filiazione reale, ma ve ne sono due di ragione,
perché la prole dice rapporto alle due relazioni dei genitori secondo
due considerazioni diverse. Ebbene anche in Cristo esiste da un
lato un'unica filiazione reale in riferimento all'eterno Padre;
tuttavia c'è anche un riferimento temporale, che riguarda la madre.
ARTICOLO
6
Se Cristo sia nato senza dolore per la madre
SEMBRA che Cristo non sia nato senza dolore per la madre.
Infatti:
1. Come è una conseguenza del peccato dei nostri progenitori
la morte, secondo l'affermazione della Scrittura: "In qualunque
giorno ne mangerete, morrete"; così lo sono i dolori del parto,
poiché sta scritto: "Partorirai i figli nel dolore". Ora, Cristo ha
voluto subire la morte. Dunque anche il suo parto dovette essere
doloroso.
2. La fine è proporzionata al principio. Ma la fine della vita di
Cristo fu dolorosa, come dice Isaia: "Egli ha portato veramente
i nostri dolori". Dunque anche la sua nascita dovette essere
accompagnata dal dolore del parto.
3. Nel libro La
nascita del Salvatore si narra che alla nascita
di Cristo furono presenti delle ostetriche, le quali sono necessarie
alla puerpera a causa del dolore. Sembra quindi che la Beata
Vergine abbia partorito con dolore.
IN CONTRARIO: Rivolgendosi alla Vergine Madre, S. Agostino
esclama: "Nel concepimento non è stato leso il tuo pudore, nel
parto non hai sofferto dolore".
RISPONDO: Il dolore della puerpera è prodotto dal dilatarsi
delle vie attraverso le quali deve uscire la prole. Ma sopra
abbiamo spiegato che Cristo è uscito dal seno della madre, senza
che questo si aprisse. Perciò nel suo parto non ci fu dolore di
sorta, né corruzione alcuna; ma somma gioia, perché "l'uomo-Dio
nasceva alla luce del mondo", secondo le parole di Isaia: "Germoglierà
come giglio, esulterà piena di gioia e canterà laudi".
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ:
1. Il dolore del parto nella donna
è conseguenza dell'unione carnale con l'uomo. Ecco perché la
S. Scrittura, dopo aver detto, "Partorirai nel dolore", aggiunge:
"sarai soggetta all'uomo". Ma, come nota S. Agostino, la Vergine
madre di Dio, fu esente da questa condanna, "avendo concepito
Cristo senza la sozzura del peccato e senza il detrimento del
connubio con l'uomo, ha generato senza dolore e senza violare la sua
integrità, conservando intatto il suo candore verginale". Cristo
invece ha accettato la morte di sua spontanea volontà, allo scopo
di soddisfare per noi, non in forza di quella condanna; egli infatti
non era debitore rispetto alla morte.
2. Cristo come
"con la sua morte distrusse la nostra morte",
così con i suoi dolori liberò noi dal dolore: ecco perché volle
morire soffrendo. Ma i dolori della madre nel parto non
appartenevano a Cristo, il quale veniva a soddisfare per i nostri peccati.
Quindi non era opportuno che sua madre partorisse nel dolore.
3. S. Luca afferma che la stessa Beata Vergine
"avvolse in fasce
e adagiò in una mangiatoia" il bambino che aveva dato alla luce.
Il che dimostra che il racconto di quel libro apocrifo è falso. Di
qui le parole di S. Girolamo: "Non ci fu nessuna levatrice, nessun
intervento di donnicciole. Essa fu madre e ostetrica. "Avvolse
in fasce il bambino e lo adagiò in una mangiatoia". Queste parole
evangeliche respingono le stravaganze degli apocrifi".
ARTICOLO
7
Se era necessario che Cristo nascesse a Betlemme
SEMBRA che Cristo non dovesse nascere a Betlemme.
Infatti:
1. Si legge in Isaia:
"Da Sion uscirà la legge, e la parola del
Signore da Gerusalemme". Ma Cristo è veramente il Verbo di
Dio. Quindi doveva venire al mondo in Gerusalemme.
2. Secondo S. Matteo, era scritto che Cristo
"sarebbe stato
chiamato nazareno"; affermazione che deriva da quel passo di Isaia, "Un virgulto dalla sua radice
fiorirà"; infatti "Nazareth significa
fiore". Ora, in genere si prende il nome dal luogo di nascita.
Perciò Cristo avrebbe dovuto nascere a Nazareth, dove fu anche
concepito e allevato.
3. Il Signore venne in questo mondo per annunziare la fede della
verità, secondo la sua dichiarazione: "Per questo io son nato, e
per questo son venuto nel mondo, per rendere testimonianza alla
verità". Ma ciò si sarebbe potuto attuare più facilmente, se fosse
nato a Roma, che allora deteneva il dominio del mondo; tanto
che S. Paolo, scrivendo ai Romani, dice: "La vostra fede è
divulgata in tutto il mondo". Dunque non doveva nascere a Betlemme.
IN CONTRARIO: Sta scritto:
"E tu Betlemme Efrata..., da te
mi uscirà colui che deve regnare in Israele".
RISPONDO: Cristo volle nascere a Betlemme per due ragioni.
Primo, perché egli, come dice S. Paolo, secondo la carne "è nato
dalla stirpe di David"; e a David era stata fatta speciale promessa
del Cristo, secondo le parole del Libro dei Re: "Così parlò (David)
l'uomo a cui fu fatta la promessa del Cristo del Dio di Giacobbe".
Perciò egli volle nascere a Betlemme dov'era nato David, affinché
dallo stesso luogo di nascita fosse manifesto l'adempimento della
promessa. È quanto vuol dire l'Evangelista quando scrive: "Perché
egli era della casa e della famiglia di David".
Secondo, perché, come nota S. Gregorio,
"Betlemme significa
casa del pane. E Cristo disse di sé: Io sono il pane vivo, disceso
dal cielo".
SOLUZIONE DELLE
DIFFICOLTÀ: 1. David nacque a Betlemme,
ma scelse Gerusalemme come sede del suo regno, per costruirvi
il tempio di Dio e fare di Gerusalemme una città regale e
sacerdotale insieme. Ebbene, il sacerdozio di Cristo e il suo regno
furono attuati soprattutto con la sua passione. Ecco perché egli scelse
Betlemme come luogo di nascita e Gerusalemme per la sua
passione.
In questo modo egli volle anche confondere la gloria degli uomini,
i quali si vantano di essere nati in illustri città; e in esse
bramano essere particolarmente onorati. Cristo al contrario volle
nascere in una città umile ed essere oltraggiato in una città nobile.
2. Cristo volle fiorire per la santità. della
vita, e non per
l'origine carnale. Ecco perché volle esser nutrito ed educato nella
città di Nazareth. Mentre a Betlemme volle nascere come un
forestiero; perché, come dice S. Gregorio, "per l'umanità che aveva
presa, nacque come in casa d'altri; uniformandosi ad essi non
nella potenza, ma nella natura". Inoltre, come afferma S. Beda, "col rendersi bisognoso di un ricetto, preparò a noi molte mansioni
nella casa del Padre suo".
3. Come si legge in un sermone del Concilio di Efeso,
"se (Cristo)
avesse scelto Roma, la città più potente, si sarebbe potuto pensare
che avrebbe cambiato il mondo per il potere dei concittadini. Se
fosse stato figlio dell'Imperatore, si sarebbe attribuito la sua
riuscita al potere (imperiale). Ma per mostrare che il mondo sarebbe
stato trasformato dalla sua divinità, si scelse una madre povera
e una patria ancora più povera".
Ora, come afferma S. Paolo,
"Dio ha scelto le cose deboli del
mondo per confondere i forti". Perciò, per manifestare meglio la
sua potenza, stabilì a Roma, capitale del mondo, il centro della
sua Chiesa, come segno di completa vittoria, affinché di là la fede
si diffondesse su tutta la terra, secondo la profezia di Isaia: "Umilierà
la città sublime e la calpesteranno i piedi dei poveri", cioè
dei poveri di Cristo, vale a dire i piedi degli Apostoli Pietro e
Paolo.
ARTICOLO
8
Se Cristo sia nato nel tempo che conveniva
SEMBRA che Cristo non sia nato nel tempo che conveniva. Infatti:
1. Cristo era venuto al mondo per ridare la libertà ai suoi.
Ora, egli nacque in un periodo di schiavitù: quando cioè tutto
il mondo, censito per ordine di Augusto, di questi era diventato
tributario, come scrive S. Luca. Non sembra perciò che sia nato
nel tempo conveniente.
2. Le promesse sulla nascita di Cristo non erano state fatte ai
gentili, ma agli ebrei come ricorda S. Paolo. Ora, Cristo, come
nota il Vangelo, nacque al tempo in cui dominava un re
straniero: "Essendo nato Gesù al tempo del re Erode". Dunque non
sembra che egli sia nato nel tempo più opportuno.
3. Il tempo della presenza di Cristo nel mondo si può paragonare
al giorno, in quanto egli è "la luce del mondo"; infatti egli
disse: "Bisogna che io faccia le opere di chi mi ha mandato,
finché è giorno". Ora, d'estate le giornate son più lunghe che
d'inverno. Quindi, essendo (Cristo) nato in pieno inverno, il 25 dicembre, non è nato nel tempo che conveniva.
IN CONTRARIO: S. Paolo afferma:
"Quando venne la pienezza
dei tempi, Dio mandò il suo Figliolo, fatto di donna, nato sotto
la legge".
RISPONDO: Tra Cristo e gli altri uomini c'è questa differenza:
gli altri uomini nascendo sono soggetti alle necessità del tempo;
Cristo invece, come Signore e Creatore di tutti i tempi, si è scelto
e il tempo in cui nascere, e la madre, e il luogo. E poiché "le
opere di Dio sono tutte ordinate" e disposte convenientemente, ne
segue che Cristo è nato nel tempo più opportuno.
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ:
1. Cristo era venuto per darci
la libertà, togliendoci dalla condizione di schiavi. Quindi, come
prese la nostra natura mortale per ridarci la vita, così, secondo
le parole di S. Beda, "si degnò d'incarnarsi in un tempo in cui,
appena nato, sarebbe stato censito da Cesare, facendosi lui stesso
schiavo per la nostra liberazione".
Inoltre in quel tempo, in cui tutto il mondo era soggetto ad
un unico principe, regnava una grande pace. Perciò era
conveniente che allora nascesse Cristo, il quale è "la nostra pace, che
di due popoli ne fece uno solo", come dice S. Paolo. Per questo
S. Girolamo afferma: "Se guardiamo la storia, troviamo che in
tutto il mondo dominò la discordia fino all'anno 28 di Cesare
Augusto. Con la nascita invece del Signore, tutte le guerre cessarono", conforme a quanto disse Isaia:
"Non più popolo contro
popolo alzerà la spada".
Di più, era conveniente che Cristo, il quale era venuto per
riunire insieme i suoi, per fare, secondo la frase evangelica, "un solo
ovile sotto un solo pastore", nascesse nel tempo in cui un solo
Principe governava il mondo.
2. Cristo volle nascere sotto un re straniero, perché si adempisse
la profezia di Giacobbe: "Non si partirà lo scettro da Giuda, né
il capo della sua discendenza, finché venga colui che deve essere inviato". Poiché, come dice il Crisostomo,
"finché il popolo giudaico
era governato da re giudei, benché peccatori, gli furono mandati
come infermieri dei profeti. Ora invece che la legge di Dio è
caduta sotto il potere di un re iniquo, è venuto al mondo Cristo;
perché un'infermità grande e irrimediabile esigeva un medico tanto
più capace".
3. Come si legge nel libro De
Quaestionibus Novi et Veteris
Testamenti, "Cristo volle nascere, quando la luce del giorno comincia
a crescere"; per indicare che egli era venuto per far progredire
gli uomini nella luce divina, secondo quanto dice S. Luca: "Per
illuminare coloro che giacciono nelle tenebre e nell'ombra di
morte".
Cristo scelse anche l'asprezza dell'inverno per nascere, per
soffrire fin d'allora fisicamente per noi.
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