I Sacramenti
Somma Teologica III, q. 64
La causalità dei sacramenti
Veniamo ora a parlare della causalità che si esercita nei
sacramenti, sia di quella principale, che di quella ministeriale.
Su questo tema esamineremo dieci argomenti:
1. Se Dio soltanto produca l'effetto interiore dei sacramenti; 2. Se l'istituzione
dei sacramenti venga solo da Dio; 3. Il potere di Cristo sui sacramenti; 4. Se egli abbia potuto comunicare ad altri questo potere;
5. Se il potere di amministrare i sacramenti possa trovarsi nei
peccatori; 6. Se questi pecchino dispensando i sacramenti; 7. Se
gli angeli possano essere ministri dei sacramenti; 8. Se nei sacramenti sia richiesta l'intenzione del ministro; 9. Se si richieda la
vera fede, cosicché l'incredulo non sia capace di amministrare i
sacramenti; 10. Se si richieda la retta intenzione.
ARTICOLO
1
Se Dio soltanto produca l'effetto interiore dei sacramenti oppure anche
il ministro
SEMBRA che non soltanto Dio, ma anche il ministro produca
l'effetto interiore dei sacramenti. Infatti:
1. Effetto interiore dei sacramenti è la purificazione dell'uomo
dai suoi peccati e la sua illuminazione mediante la grazia. Ma è
compito dei ministri della Chiesa "purificare, illuminare e perfezionare", come insegna Dionigi. Dunque non Dio soltanto, ma
anche i ministri della Chiesa producono l'effetto dei sacramenti.
2. I riti con i quali si amministrano i sacramenti contengono
delle preghiere di petizione. Ma le preghiere dei buoni sono presso
Dio più esaudibili di quelle di chiunque altro, secondo le parole
evangeliche: "Se uno ha il timore di Dio e ne esegue la volontà,
egli lo ascolta". Perciò chi riceve i sacramenti da un ministro santo
ottiene un effetto maggiore. E quindi anche il ministro influisce
sul loro effetto interiore, e non soltanto Dio.
3. L'uomo vale più delle cose inanimate. Ma le cose inanimate
concorrono all'effetto interiore dei sacramenti: infatti "l'acqua
tocca il corpo e purifica il cuore", come dice S. Agostino. Dunque
anche l'uomo influisce sull'effetto interiore dei sacramenti, e non
Dio soltanto.
IN CONTRARIO: A detta di S. Paolo,
"è Dio
che giustifica". Ora,
poiché l'effetto interiore di tutti i sacramenti è la giustificazione,
è chiaro che Dio soltanto compie l'effetto interiore del sacramento.
RISPONDO: Una cosa può produrre un effetto in due modi:
primo, come causa principale; secondo, come strumento. Nel
primo modo Dio soltanto causa l'effetto interiore dei sacramenti.
Sia perché Dio solo penetra nell'anima in cui si produce l'effetto
sacramentale. E nessuna cosa può agire immediatamente dove
non è. - Sia perché la grazia, che è un effetto interiore di tutti
i sacramenti, viene esclusivamente da Dio, come abbiamo detto
nella Seconda Parte. Anche il carattere, effetto interiore di alcuni
sacramenti, è una virtù strumentale che promana dall'agente
principale, che è Dio.
Nel secondo modo l'uomo può concorrere all'effetto interiore del
sacramento operando come ministro. Ministro e strumento infatti
sono sullo stesso piano: poiché l'azione dell'uno e dell'altro viene
applicata esteriormente; ma sortisce un effetto interiore in forza
della causa principale, che è Dio.
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ:
1. La purificazione che viene attribuita ai ministri della Chiesa non è la purificazione dai peccati: poiché è detto dei diaconi che purificano, in quanto, o
estromettono gli indegni dal ceto dei fedeli, o li preparano con pie
esortazioni a ricevere i sacramenti. E si dice dei sacerdoti che
illuminano il popolo fedele, non perché infondono la grazia, ma
perché danno i sacramenti della grazia, come risulta dal testo di
Dionigi.
2. Le preghiere che si dicono nel conferire i sacramenti
vengono
presentate a Dio, non a nome di persone private, ma di tutta la
Chiesa, le cui orazioni vengono esaudite, secondo la promessa
evangelica: "Se due di voi si mettono insieme sulla terra a domandare qualsiasi cosa, essa sarà loro concessa dal Padre mio".
Tuttavia non si può dire che la devozione privata di un santo non
cooperi affatto allo scopo.
Quello però che è l'effetto proprio del sacramento non si impetra
con le preghiere della Chiesa o del ministro, ma per i meriti della
passione di Cristo, la cui virtù, come abbiamo notato, opera nei
sacramenti. Il sacramento quindi non ha un effetto superiore
perché è compiuto da un ministro più santo. Tuttavia la devozione
del ministro può ottenere qualche cosa a chi riceve il sacramento: non nel senso che il ministro ne sia la causa diretta, ma
nel senso che l'impetra da Dio.
3. Le cose inanimate non concorrono all'effetto interiore dei
sacramenti se non strumentalmente, come abbiamo spiegato. In
modo analogo gli uomini, come abbiamo detto, non producono
l'effetto interiore dei sacramenti, se non come ministri.
ARTICOLO
2
Se i sacramenti siano soltanto d'istituzione divina
SEMBRA che i sacramenti non siano solo d'istituzione divina.
Infatti:
1. Le cose d'istituzione divina ci sono tramandate dalla
Sacra
Scrittura. Ma nei sacramenti si trovano cose che la Sacra Scrittura
non menziona: p. es., il crisma della confermazione, l'olio con cui
si consacrano i sacerdoti e molte altre cose, parole e azioni, usate
nei sacramenti. Dunque i sacramenti non sono soltanto d'istituzione divina.
2. I sacramenti sono segni. Ma le cose sensibili hanno un
simbolismo naturale. Ora, non si può dire che Dio abbia preferenza
per certi segni e non per altri: perché egli ama tutte le cose che
ha fatto. Semmai sembra una caratteristica dei demoni lasciarsi
allettare da determinati segni; dice infatti S. Agostino: "Vengono
attratti i demoni mediante le creature fatte non da essi, ma da
Dio, dalla varietà delle loro forme, non come animali dai cibi, ma
come spiriti dai segni". Non è necessario dunque che i sacramenti
siano d'istituzione divina.
3. Gli Apostoli in terra facevano le veci di Dio, S. Paolo infatti
dichiara: "Anch'io, se in qualche cosa ho usato misericordia, l'ho
fatto per amor vostro in persona di Cristo", cioè come se l'avesse
usata Cristo medesimo. Perciò gli Apostoli e i loro successori possono istituire nuovi sacramenti.
IN
CONTRARIO: Istituire è dare alla cosa forza e vigore; il che
è evidente nell'istituzione delle leggi. Ma la forza del sacramento
viene solo da Dio, come abbiamo già dimostrato. Soltanto Dio
dunque può istituire un sacramento.
RISPONDO: Ricordiamo quanto è stato già detto, cioè che i
sacramenti producono strumentalmente effetti spirituali. Ora, lo
strumento riceve la sua virtù dall'agente principale. Due però
sono gli agenti, cui si riferisce il sacramento, cioè chi lo ha istituito
e chi lo usa. Ma la virtù del sacramento non può venire da chi
lo usa, perché questi non agisce se non come ministro. Resta
dunque che la virtù del sacramento promani dall'istitutore. Ma
non potendo a sua volta la virtù del sacramento provenire che
da Dio, è chiaro che solo Dio è l'istitutore dei sacramenti.
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ:
1. Ciò che si trova nei sacramenti per istituzione umana, non è necessario alla validità del
sacramento, ma conferisce una certa solennità, utile nei sacramenti a eccitare la devozione e il rispetto in coloro che li ricevono.
Ciò che invece è indispensabile alla validità di un sacramento, è
stato istituito da Cristo stesso, che è Dio e uomo. Ora, sebbene
non tutto ci sia stato tramandato dalle Scritture, tuttavia la Chiesa
lo ha appreso dalla tradizione nata dalla familiarità con gli Apostoli, come risulta dalle parole di S. Paolo:
"Alla mia venuta regolerò le altre cose".
2. Le cose sensibili hanno per loro natura una certa attitudine
a rappresentare effetti spirituali; ma questa attitudine deve essere
determinata per istituzione divina a un significato specifico. È
quanto intende dire Ugo da S. Vittore, quando afferma che "il
sacramento ha valore di simbolo in forza dell'istituzione". Dio
poi ha preferito per i segni sacramentali certe cose ad altre, non
perché egli limiti il suo affetto alle cose scelte, ma perché più adatte
per un dato significato.
3. Gli Apostoli e i loro successori fanno le veci di Dio nel
governo della Chiesa costituita sulla fede e sui sacramenti. Perciò,
come non è in loro potere fondare un'altra Chiesa, così non possono insegnare altra fede né istituire altri sacramenti: poiché
giustamente si dice che la Chiesa è stata costruita sui sacramenti,
"sgorgati dal costato di Cristo pendente dalla croce".
ARTICOLO
3
Se Cristo come uomo avesse il potere di produrre l'effetto interiore
dei sacramenti
SEMBRA che Cristo come uomo avesse il potere di produrre
l'effetto interiore dei sacramenti. Infatti:
1. S. Giovanni Battista dichiarò:
"Chi mi ha mandato a battezzare con l'acqua, mi ha detto:
Colui sul quale vedrai scendere
e fermarsi lo Spirito Santo, è quello stesso che battezza con lo
Spirito Santo". Ma battezzare con lo Spirito Santo è conferirne
la grazia interiore. Ora, lo Spirito Santo discese su Cristo in quanto uomo, perché in quanto Dio egli dà lo Spirito Santo. Cristo
dunque anche come uomo ebbe il potere di causare l'effetto interiore dei sacramenti.
2. Il Signore affermò:
"Sappiate che il Figlio dell'uomo ha sulla
terra il potere di rimettere i peccati". Ma la remissione dei peccati
è un effetto interiore del sacramento. Dunque il Cristo come uomo
produce l'effetto interiore dei sacramenti.
3. L'istituzione dei sacramenti è propria di colui che come
agente principale ne produce l'effetto interiore. Ma è noto che Cristo
fu l'istitutore dei sacramenti. Quindi egli ne produce anche l'effetto
interiore.
4. Nessuno senza i sacramenti può produrne gli effetti, se non
li produce per virtù propria. Ma Cristo senza ricorrere al sacramento ne conferì l'effetto, com'è evidente nel caso della
Maddalena, a cui disse: "Ti sono rimessi i tuoi peccati". Dunque Cristo
come uomo produce l'effetto interiore del sacramento.
5. Colui per la cui virtù il sacramento opera è l'agente principale
nel produrre l'effetto interiore. Ora, i sacramenti ricevono la loro
virtù dalla passione di Cristo e dall'invocazione del suo nome,
secondo le parole dell'Apostolo: "Forse Paolo fu messo in croce
per voi? Oppure è nel nome di Paolo che siete stati battezzati?".
Cristo dunque in quanto uomo produce l'effetto interiore del sacramento.
IN CONTRARIO: S. Agostino afferma:
"Nei sacramenti è la virtù
divina a operare invisibilmente la salvezza". Ma la virtù divina
appartiene a Cristo come Dio e non come uomo. Quindi Cristo
non produce l'effetto spirituale del sacramento in quanto uomo,
ma in quanto Dio.
RISPONDO: Cristo produce l'effetto interiore dei sacramenti e
in quanto Dio, e in quanto uomo, ma in modo diverso. Infatti
in quanto Dio opera nei sacramenti come causa suprema. In
quanto uomo invece produce gli effetti interiori dei sacramenti
come causa meritoria ed efficiente, però strumentalmente. Infatti
abbiamo già detto che la passione di Cristo, subita da lui secondo
la natura umana, è causa meritoria ed efficiente della nostra salvezza: non come causa agente principale, o suprema, ma come
causa strumentale, in quanto la sua umanità, secondo le spiegazioni date, è strumento della divinità.
Nondimeno essendo la natura umana di Cristo strumento
congiunto ipostaticamente alla divinità, ha, secondo le spiegazioni
date, una certa superiorità e causalità sugli strumenti separati,
che sono i ministri della Chiesa e i sacramenti. Perciò come Cristo
in quanto Dio ha sui sacramenti potere di autorità, così in quanto
uomo ha su di essi potere di ministro principale, ossia potere di eccellenza. Quest'ultimo consiste in quattro prerogative. Primo,
nel merito e nella virtù della sua passione, la quale opera nei sacramenti, come abbiamo già visto. - E poiché la virtù della sua
passione viene applicata a noi mediante la fede, conforme al testo
di S. Paolo: "Dio ha prestabilito Cristo quale mezzo di propiziazione, per via della fede, nel suo sangue", fede che noi professiamo
invocando il nome di Cristo, in secondo luogo il potere di eccellenza che Cristo ha sui sacramenti esige che essi vengano conferiti
nel suo nome. - E poiché i sacramenti traggono la loro forza dall'istituzione, in terzo luogo il potere di eccellenza esige che Cristo,
il quale ha loro conferito la virtù, abbia potuto istituirli. - E poiché la causa non dipende dall'effetto ma viceversa, in quarto
luogo il potere di eccellenza di Cristo implica che egli abbia potuto
produrre gli effetti dei sacramenti senza di essi.
E
così son risolte anche le difficoltà, poiché tutte hanno una
parte di verità secondo la distinzione adottata.
ARTICOLO 4
Se Cristo potesse comunicare ai ministri il suo (stesso) potere
sui sacramenti
SEMBRA che Cristo non avrebbe potuto comunicare ai ministri
il suo (stesso) potere sui sacramenti. Infatti:
1. S. Agostino ragiona
così: "Se poteva e non volle, fu geloso".
Ma la gelosia va esclusa da Cristo, che ebbe la somma pienezza
della carità. Dunque, se non comunicò ai ministri il suo potere, vuol dire che non lo
poteva comunicare.
2. A commento delle parole di S. Giovanni
"Farà cose maggiori
di queste", S. Agostino afferma: "Questo, cioè rendere giusto un
peccatore, direi senz'altro essere cosa più grande che creare il
cielo e la terra". Ma Cristo non poteva concedere ai suoi discepoli
di creare il cielo e la terra. Quindi neppure di rendere giusto un
peccatore. Ora, siccome la giustificazione dei peccatori viene compiuta dal potere che Cristo ha sui sacramenti, è chiaro che egli
non poteva comunicarlo ai ministri.
3. A Cristo in quanto capo della Chiesa compete la facoltà di
diffondere la grazia sugli altri, secondo l'espressione di S. Giovanni : "Della pienezza di lui tutti abbiamo
ricevuto". Ma questa non
era comunicabile: altrimenti la Chiesa sarebbe diventata mostruosa, venendo ad avere molti capi. Dunque Cristo non poteva
comunicare ai ministri il suo potere.
IN CONTRARIO: S. Agostino spiega la dichiarazione di S.
Giovanni Battista, "Io non lo conoscevo", quasi volesse dire:
"Io
non sapevo che il Signore in persona avrebbe battezzato e se ne
sarebbe riservato il potere". Ma Giovanni non l'avrebbe ignorato,
se tale potere non fosse stato comunicabile. Dunque Cristo avrebbe
potuto comunicare ai ministri il suo potere.
RISPONDO: Cristo, come è stato detto, ebbe sui sacramenti un
duplice potere. Uno di autorità, che gli compete come Dio. E tale
potere non poteva essere comunicato a nessuna creatura: come
non può essere comunicata l'essenza divina.
L'altro era un potere di eccellenza, che gli compete in quanto
uomo. E tale potere Cristo avrebbe potuto comunicarlo ai ministri: concedendo loro tanta pienezza di grazia, da far
sì che
i loro meriti influissero sugli effetti dei sacramenti; che i sacramenti fossero conferiti nel loro nome; che essi potessero istituirli;
e finalmente che potessero produrre l'effetto sacramentale col loro
volere, senza il rito esterno. Infatti lo strumento congiunto, quanto
più è forte, tanto maggiore virtù può comunicare allo strumento
separato, come la mano al bastone.
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ:
1. Cristo si astenne dal partecipare ai ministri della Chiesa il proprio potere di eccellenza, non
per gelosia, ma per il bene dei fedeli; affinché non riponessero la
loro speranza nell'uomo, e non istituissero sacramenti diversi, che
dessero ansa al sorgere di divisioni nella Chiesa; come avvenne (ciò nonostante) presso i cristiani di Corinto su testimonianza
dell'Apostolo: "Io sono di Paolo, e io di Apollo, e io di Cefa".
2. L'argomento si riferisce al potere di autorità che compete
a Cristo in quanto Dio. - Tuttavia il termine autorità può anche
indicare il potere di eccellenza, in confronto a quello degli altri
ministri. Così a commento delle parole "Cristo è stato forse diviso?", la Glossa afferma:
"Poteva dare l'autorità sul battesimo a
chi ne aveva concesso il ministero".
3. Per evitare
l'inconveniente deplorato, cioè che nella Chiesa
ci fossero molti capi, Cristo non volle comunicare ai ministri il
suo potere di eccellenza. Tuttavia se l'avesse comunicato, egli
sarebbe il capo in modo principale, gli altri in modo secondario.
ARTICOLO 5
Se i ministri indegni siano in grado di conferire i sacramenti
SEMBRA che i ministri indegni non siano in grado di conferire
i sacramenti. Infatti:
1. I sacramenti
della nuova legge sono ordinati a mondare dalla
colpa e a infondere la grazia. Ma gli indegni, essendo immondi,
non sono in grado di mondare gli altri dal peccato, secondo l'osservazione dell'Ecclesiastico:
"Chi può essere mondato da un immondo". Ed essendo privi di grazia, non lo possono conferire,
perché nessuno dà ciò che non ha. Dunque i peccatori non sono
in grado di conferire i sacramenti.
2. Tutta la virtù dei sacramenti viene da Cristo, come abbiamo
già spiegato. Ma i peccatori sono separati da Cristo; perché non
hanno la carità che unisce le membra al loro capo, secondo le
parole di S. Giovanni: "Chi sta nella carità, sta in Dio e Dio è in
lui". Perciò i sacramenti non possono essere (validamente) conferiti dai
peccatori.
3. Se manca qualcuna delle cose necessarie ai sacramenti, il
sacramento non è valido: p. es., se manca la debita forma o la
materia. Ma debito ministro del sacramento è solo chi è immune
dal peccato; poiché nel Levitico si legge: "Se nelle famiglie della
tua stirpe uno avrà qualche difetto, non offrirà i pani al suo Dio,
né si accosterà a servirlo". Dunque se il ministro è peccatore, il
sacramento non ha nessun valore.
IN CONTRARIO: S. Agostino commentando le parole del Battista,
"Colui sul quale vedrai discendere lo Spirito, ecc.", osserva:
"Giovanni ignorava che il Signore avrebbe avuto e si sarebbe riservato
il potere sul battesimo, mentre l'amministrazione di esso sarebbe
stata concessa ai buoni e ai cattivi. Che ti può fare il ministro
cattivo, quando il Signore è buono?".
RISPONDO: Come abbiamo già visto, i ministri della Chiesa
operano nei sacramenti strumentalmente, perché in certo qual
modo la funzione del ministro somiglia a quella dello strumento.
Ma è stato anche detto che lo strumento non agisce in forza della
propria natura, bensì in forza della virtù di chi se ne serve. Perciò
allo strumento in quanto tale può anche capitare di avere disposizioni diverse, purché sia salva la sua funzione specifica: a un
medico, p. es., può capitare di avere un corpo, che è strumento
della sua anima esperta nell'arte medica, o sano o infermo; e a
un tubo per la conduzione dell'acqua può capitare di essere d'argento o di piombo. I ministri della Chiesa dunque sono in grado
di conferire i sacramenti anche se peccatori.
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ:
1. I ministri della Chiesa mondano gli uomini che si accostono ai sacramenti dai loro peccati
e conferiscono loro la grazia, non con la propria virtù: ma ciò
si deve al potere di Cristo, il quale si serve dei ministri come di
strumenti. Ed è per questo che l'effetto dei sacramenti consiste
nel raggiungere una somiglianza con Cristo, non già con chi li
amministra.
2. La carità unisce le membra a Cristo loro capo, perché da lui
ricevano la vita, poiché sta scritto: "Chi non ama, rimane nella morte". Ma ci si può anche servire di uno strumento inanimato
e separato, a condizione che il corpo lo muova: diverso è infatti
da parte di un artigiano l'uso delle mani e l'uso della scure. Allo
stesso modo è Cristo che agisce nei sacramenti, sia servendosi dei
buoni ministri come di membra vive, sia servendosi dei ministri
indegni come di membra morte.
3. In due modi una cosa può essere necessaria al sacramento.
Primo, come indispensabile alla sua validità. E in questo caso,
se manca, non si produce il sacramento: così avviene quando manca la debita forma o la debita materia. Secondo, come cosa conveniente. E in tal modo è necessario che i ministri dei sacramenti
siano buoni.
ARTICOLO 6
Se i cattivi pecchino nell'amministrare i sacramenti
SEMBRA che i cattivi non pecchino nell'amministrare i
sacramenti. Infatti:
1. A Dio come si serve con i sacramenti, così si serve con le opere
di carità, come si rileva da quelle parole della Scrittura: "Non
vi dimenticate di fare del bene e di partecipare (i vostri averi
agli altri), poiché di tali sacrifici Dio si compiace". Ma i cattivi
non peccano servendo Dio con opere di carità, che anzi sono sempre da consigliarsi, poiché sta scritto:
"Sia accetto a te, o re, il
mio consiglio: riscattati con elemosine dai tuoi peccati". Dunque
i peccatori non peccano amministrando i sacramenti.
2. Chi partecipa al peccato altrui, ne è anch'egli colpevole;
perché, come osserva S. Paolo, "è degno di morte e chi fa azioni
riprovevoli, e chi acconsente a coloro che le commettono". Ma
se i cattivi peccano amministrando i sacramenti, coloro che da
essi li ricevono sono partecipi del loro peccato. Perciò peccano
anch'essi. E questo è inammissibile.
3. Nessuno dev'esser messo in condizione di perplessità, perché
si esporrebbe alla disperazione, trovandosi a non poter evitare
il peccato. Ma se i peccatori peccassero nell'amministrare i sacramenti, si troverebbero perplessi; perché qualche volta
peccherebbero a non amministrarli; p. es., quando lo devono fare per quella
necessità d'ufficio, che faceva dire a S. Paolo: "La necessità mi
s'impone, e guai a me se non avrò evangelizzato"; oppure per il
pericolo imminente, come quando a un peccatore viene presentato
per il battesimo un bambino che sta per morire. Dunque i cattivi
non peccano nell'amministrare i sacramenti.
IN CONTRARIO: Dionigi afferma che
"i peccatori non devono
nemmeno toccare il simbolo", cioè i segni sacramentali. E ancora: "Temerario si mostra il peccatore che accosta la mano ai riti
sacerdotali, che osa senza vergogna compiere cose divine lui che si
è posto fuori della divinità, che crede a Dio nascoste le colpe da
lui stesso viste dentro di sé; che pensa d'ingannare Dio falsamente
chiamandolo con il nome di padre e ardisce pronunziare cristiformemente sui segni divini non preghiere, perché non le posso
chiamare così, ma immonde parole".
RISPONDO: Si pecca nell'agire,
"quando non si agisce come si
deve", secondo l'espressione del Filosofo. Ora, come sopra abbiamo notato, è necessario che i ministri dei sacramenti siano santi,
perché essi devono somigliare a Dio, secondo le parole del Levitico: "Siate santi, perché santo sono
io", e quelle dell'Ecclesiastico: "Quale il principe del popolo, tali i suoi
ministri". Quindi non
c'è dubbio che i peccatori, presentandosi quali ministri di Dio e
della Chiesa, nel conferire i sacramenti commettano peccato. E
poiché, per quanto dipende dal peccatore, si tratta di una irriverenza verso Dio e di una profanazione di cose sante, sebbene i
sacramenti in se stessi siano incontaminabili, ne segue che questo
peccato è nel suo genere mortale.
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ:
1. Le opere di carità non sono
state santificate da una consacrazione, ma appartengono alla santità della giustizia come parti di essa. Perciò l'uomo che serve a
Dio come ministro di opere di carità, se è in stato di grazia, maggiormente si santifica; se invece è in peccato, si dispone alla
grazia. Al contrario i sacramenti hanno in se stessi per una mistica
consacrazione una (intrinseca) santità. E quindi si esige nel ministro la santità della grazia, perché non sia in contrasto con il suo
ministero. Agisce dunque indegnamente e pecca, chi in stato di
peccato esercita un tale ministero.
2. Chi si accosta a ricevere i sacramenti, li riceve dal ministro
della Chiesa, non in quanto è quella data persona, ma in quanto
è ministro della Chiesa. Perciò finché la Chiesa lo tollera nel ministero, chi da lui riceve i sacramenti, viene a comunicare non con
il suo peccato, ma con la Chiesa che lo presenta come ministro.
Se invece la Chiesa non lo tollera degradandolo, scomunicandolo,
o sospendendolo, chi pretende ricevere da lui i sacramenti, pecca,
perché si rende partecipe del suo peccato.
3. Chi è in peccato mortale, se per ufficio deve amministrare
i sacramenti, non si trova necessariamente in stato di perplessità;
perché può pentirsi del suo peccato e amministrarli lecitamente.
Niente invece impedisce che sia veramente perplesso, nell'ipotesi
che voglia rimanere in stato di peccato.
Tuttavia non peccherebbe se battezzasse in caso di necessità, in
uno di quei casi nei quali può battezzare anche un laico. Poiché
allora non si presenterebbe quale ministro della Chiesa, ma verrebbe in soccorso di chi è nel bisogno. Diverso è il caso degli altri
sacramenti, che non sono così necessari come il battesimo, come
vedremo in seguito.
ARTICOLO
7
Se gli angeli possano amministrare i sacramenti
SEMBRA che gli angeli possano amministrare i sacramenti.
Infatti:
1. Quello che può un ministro inferiore, lo può anche un ministro
superiore: tutto ciò che può il diacono lo può anche il sacerdote,
ma non viceversa. Ora, gli angeli in ordine gerarchico sono ministri
superiori a tutti gli uomini, come insegna Dionigi. Perciò, siccome
gli uomini possono amministrare i sacramenti, a maggior ragione
possono farlo gli angeli.
2. I santi in cielo vengono equiparati agli angeli, come attesta
il Vangelo. Ma alcuni santi del cielo possono amministrare i sacramenti, perché il carattere sacramentale è indelebile, come abbiamo
detto. Dunque anche gli angeli possono amministrare i sacramenti.
3. Stando alle spiegazioni date, il demonio è il capo dei
peccatori, e questi formano le sue membra. Ma i peccatori sono in grado
di amministrare i sacramenti. Quindi anche i demoni.
IN CONTRARIO: Sta scritto:
"Ogni sommo sacerdote, preso di
mezzo agli uomini, è costituito rappresentante degli uomini in
tutto ciò che riguarda Dio". Ma gli angeli, buoni o cattivi, non
appartengono agli uomini. Quindi essi non vengono costituiti ministri delle cose che riguardano Dio, cioè dei sacramenti.
RISPONDO: Tutta la virtù dei sacramenti deriva dalla passione
di Cristo, che gli appartiene in quanto uomo. Ora, a Cristo come
uomo sono conformi per natura gli uomini, non gli angeli. Anzi
rispetto a questi il Cristo viene presentato da S. Paolo come "un
poco inferiore", a motivo della passione. Dunque spetta agli
uomini e non agli angeli dispensare i sacramenti ed esserne i ministri.
C'è però da osservare che Dio, come non ha vincolato la sua
virtù ai sacramenti in tal modo da non poterne produrre gli effetti
anche senza di essi, così non ha vincolato la sua potenza ai ministri
della Chiesa in modo da non poterla concedere anche agli angeli.
E siccome gli angeli buoni sono a servizio della verità, se un ministero sacramentale venisse esercitato dagli angeli buoni, lo
dovremmo ritenere valido, perché sarebbe evidente in ciò la volontà
divina: si dice, p. es., che alcune chiese siano state consacrate per
ministero angelico. Se invece i demoni, che sono spiriti di menzogna, prestassero qualche ministero sacramentale, non sarebbe da
ritenersi valido.
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ:
1. Quello che fanno gli uomini
in una forma inferiore, ossia con i sacramenti sensibili, proporzionati alla loro natura, lo fanno anche gli angeli come ministri
superiori in forma più alta, ossia purificano,
illuminano, e perfezionano
invisibilmente.
2. I santi del cielo sono simili agli angeli nella partecipazione
della gloria, non già nella condizione della natura. Perciò non sono
addetti all'amministrazione dei sacramenti.
3. I peccatori derivano i loro poteri ministeriali sui sacramenti
non dal fatto di essere membra del diavolo col peccato. Quindi
non segue che il diavolo, loro capo, abbia più di essi tale potere.
ARTICOLO
8
Se l'intenzione del ministro si richieda alla validità del sacramento
SEMBRA che l'intenzione del ministro non si richieda alla validità
del sacramento. Infatti:
1. Il ministro agisce nei sacramenti
strumentalmente. Ma l'azione
non viene compiuta secondo l'intenzione dello strumento, bensì
secondo l'intenzione dell'agente principale. Dunque l'intenzione
del ministro non si richiede alla validità del sacramento.
2. Nessuno può conoscere l'intenzione di un altro. Se dunque
l'intenzione del ministro si richiedesse alla validità del sacramento,
chi lo riceve non potrebbe avere la certezza d'averlo ricevuto validamente. Così non potrebbe avere la certezza della salvezza,
soprattutto perché certi sacramenti sono necessari per salvarsi,
come si dirà appresso.
3. Non si può avere intenzione senza avvertenza. Ma qualche
volta i ministri dei sacramenti non prestano attenzione a quello
che dicono o fanno, perché pensano ad altro. Perciò in questo
caso il sacramento non sarebbe valido per difetto d'intenzione.
IN CONTRARIO: Gli atti preterintenzionali sono casuali. Ma
questo non può dirsi dell'azione sacramentale. Quindi i sacramenti
esigono l'intenzione del ministro.
RISPONDO: Quando una cosa può essere ordinata a più scopi,
è necessario che intervenga un elemento che la determini a uno
di essi, se lo si vuole attuare. Ma le azioni sacramentali possono
avere più scopi: così l'abluzione con l'acqua che si fa nel battesimo, può essere ordinata alla pulizia del corpo, e alla sua salute,
al divertimento e a molti altri fini. Perciò dev'essere determinata
a un dato scopo, cioè all'effetto sacramentale, dall'intenzione di
chi battezza. E tale intenzione viene espressa con le parole che
si pronunciano nei sacramenti, dicendo, p. es.: "Io ti battezzo nel
nome del Padre...".
SOLUZIONE DELLE
DIFFICOLTÀ:1. Lo strumento inanimato non
ha nessuna intenzione riguardo all'effetto, ma al posto dell'intenzione c'è l'impulso che riceve dall'agente principale. Lo strumento
animato invece, qual'è il ministro, non è soltanto mosso, ma si
muove, in quanto con la sua volontà muove le membra ad agire.
Perciò occorre la sua intenzione con la quale si metta a servizio
dell'agente principale, ossia intenda fare quello che fanno Cristo
e la Chiesa.
2. A questo proposito ci sono due opinioni. Alcuni
dicono che
nel ministro occorre l'intenzione mentale e, mancando questa, il
sacramento non è valido. Però tale difetto viene sanato da Cristo
che invisibilmente battezza nel caso dei bambini, i quali non hanno
l'intenzione di accedere al sacramento, mentre nel caso degli adulti
che intendono ricevere il sacramento è sanato dalla loro fede e
devozione.
Questo si potrebbe anche ammettere quanto all'effetto ultimo
che è la giustificazione dei peccati; quanto invece all'effetto che
è res et sacramentum, ossia quanto al carattere, non sembra che
la pietà del soggetto possa supplire la mancata intenzione del
ministro, perché il carattere non s'imprime mai se non in virtù
del sacramento.
Perciò altri
ritengono con più ragione che il ministro del sacramento agisca in persona della Chiesa, di cui è ministro. Ora, le
parole che pronunzia esprimono l'intenzione della Chiesa, e questa
intenzione basta alla validità del sacramento; se nulla in contrario
viene esternamente manifestato da parte del ministro o di chi
riceve il sacramento.
3. Chi pensa ad altro, sebbene non abbia l'intenzione attuale,
ha nondimeno l'intenzione virtuale, che basta alla validità del
sacramento. Immagina un sacerdote che sul punto di battezzare
intenda di fare circa il battesimo ciò che fa la Chiesa. Se poi durante il rito il suo pensiero si distrae dietro ad altre cose, il
sacramento è valido in virtù dell'intenzione iniziale. Tuttavia il
ministro del sacramento deve curare diligentemente di mettere
l'intenzione attuale. Ma ciò non è completamente in potere dell'uomo,
perché senza volerlo egli, quando cerca di prestare maggiore attenzione, incomincia a pensare ad altro, e si trova nella situazione del
Salmista che diceva: "Il mio cuore mi abbandona".
ARTICOLO
9
Se la fede del ministro sia necessaria al sacramento
SEMBRA che la fede del ministro sia necessaria al sacramento.
Infatti:
1. L'intenzione del ministro è necessaria alla validità del
sacramento. Ma "la fede dirige l'intenzione", come osserva S. Agostino.
Quindi se manca la vera fede nel ministro, non è valido il sacramento.
2. Se il ministro della Chiesa non ha la vera fede, è un eretico.
Ma gli eretici non possono amministrare i sacramenti. Dice infatti
S. Cipriano che "quanto fanno gli eretici, è tutto carnale, vano,
falso; e nulla di ciò che fanno dev'essere da noi accettato". E il
papa S. Leone dice: "Una crudele e furiosa pazzia manifestamente
ha spento nella Chiesa di Alessandria tutta la luce dei celesti sacramenti, ha arrestato l'oblazione del sacrificio, ha fatto venir meno
la consacrazione del crisma, perché tutti i misteri si sono sottratti
dalle mani parricide degli empi". Dunque la vera fede del ministro è di necessità nei sacramenti.
3. Coloro che non hanno la vera fede, sono separati dalla Chiesa
per scomunica; si legge infatti in S. Giovanni: "Se qualcuno viene
a voi e non reca questa dottrina, non lo ricevete in casa e non lo
salutate"; e S. Paolo raccomanda a Tito: "L'uomo eretico, dopo
una o due ammonizioni, evitalo". Ma lo scomunicato non può
amministrare i sacramenti, perché è separato dalla Chiesa, cui
appartiene l'amministrazione di essi. Dunque la vera fede del
ministro è necessaria al sacramento.
IN CONTRARIO: S. Agostino scrive:
"Ai sacramenti di Dio non
nuoce il malcostume degli uomini, perché esso non li invalida né
li rende meno santi".
RISPONDO: Come abbiamo già detto, il ministro, poiché agisce
nei sacramenti strumentalmente, non opera per virtù propria ma
per virtù di Cristo. Ora, nella virtù personale del ministro rientra
sia la sua carità che la sua fede. Quindi come non occorre alla
validità del sacramento che il ministro abbia la carità, ché sono
in grado di amministrarlo anche i peccatori, secondo le spiegazioni
date, così non occorre la fede del ministro; ma anche chi manca
di fede può amministrare un sacramento valido, purché non manchino i requisiti necessari al sacramento.
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ:
1. Può accadere che uno manchi
di fede verso qualche cosa e non verso il sacramento che conferisce: uno, p. es., può credere che il giuramento sia sempre illecito e
tuttavia credere che il battesimo è necessario alla salvezza. Tale mancanza di fede non impedisce l'intenzione di conferire il
sacramento.
Se invece manca di fede verso il sacramento stesso che
amministra, pur ritenendo che il rito esterno non abbia nessuna efficacia
interiore, tuttavia sa che la Chiesa cattolica intende con il rito
esterno offrire un sacramento. Perciò, nonostante la mancanza di
fede, può avere l'intenzione di fare ciò che fa la Chiesa, sebbene
consideri vano tutto questo. Ebbene tale intenzione basta al
sacramento; perché, come abbiamo visto sopra, il ministro del
sacramento agisce in persona della Chiesa, la cui fede supplisce
quanto manca alla fede del ministro.
2. Tra gli eretici alcuni
nel conferire i sacramenti non osservano la forma della Chiesa. E costoro non conferiscono né il
sacramento, né la grazia del sacramento. - Altri invece mantengono
la forma della Chiesa. E questi conferiscono il sacramento, ma
non la grazia del sacramento. Dico questo per quelli che siano
manifestamente separati dalla Chiesa. Perché allora chiunque
accetta da essi i sacramenti commette peccato, e quindi non può
conseguire la grazia del sacramento. Di qui le parole di S. Agostino: "Sii fermissimamente convinto e non dubitare affatto che
il battesimo ai battezzati fuori della Chiesa, se non ritornano ad
essa, porta rovina". Ed è in tal senso che S. Leone Magno ha
scritto, che "nella sede d'Alessandria si è spenta la luce dei sacramenti": si è spenta cioè quanto alla grazia del sacramento, non
quanto al rito stesso del sacramento.
S. Cipriano invece riteneva che gli eretici non fossero più in
grado di amministrare validamente i sacramenti; ma in questo il suo
parere non è accettabile. In proposito osserva S. Agostino: "Il
martire S. Cipriano, il quale non voleva riconoscere come validamente conferito il battesimo dagli eretici e dagli scismatici, fu
accompagnato fino al trionfo del martirio da meriti così grandi,
che quell'ombra venne fugata dalla luce della carità di cui splendeva, e se qualche cosa aveva da espiare, la tagliò via la falce
della sua passione".
3. Il potere di conferire i sacramenti deriva dal carattere che
è indelebile, come sopra abbiamo spiegato. Quindi per il fatto che
uno viene sospeso, scomunicato, o degradato dalla Chiesa, non
perde il potere di amministrare i sacramenti, bensì la facoltà di
usare tale potere. Egli perciò amministra validamente i sacramenti,
sebbene pecchi nell'amministrarli. Così pecca chi da lui li riceve:
e quindi viene a mancare la grazia del sacramento, a meno che
uno non sia scusato dall'ignoranza.
ARTICOLO
10
Se si richieda la retta intenzione del ministro alla validità
dei sacramenti
SEMBRA che alla validità dei sacramenti si richieda la retta
intenzione del ministro. Infatti:
1. L'intenzione del ministro dev'essere conforme all'intenzione
della Chiesa, come abbiamo già detto. Ma l'intenzione della Chiesa
è sempre retta. Dunque alla validità del sacramento si richiede
necessariamente la retta intenzione del ministro.
2. Un'intenzione cattiva è peggiore di un'intenzione scherzosa.
Ma un'intenzione scherzosa rende invalido il sacramento: nel caso,
p. es., che uno battezzasse non seriamente, ma per gioco. Quindi
a maggior ragione lo rende invalido un'intenzione cattiva: nel
caso, p. es., che uno battezzasse un altro per ucciderlo.
3. Un'intenzione cattiva perverte tutto
l'atto, secondo le parole
del Vangelo: "Se il tuo occhio è guasto, tutto il tuo corpo sarà
nelle tenebre". Ma i sacramenti di Cristo, come afferma S. Agostino, non possono essere contaminati dai peccatori. Perciò se
l'intenzione del ministro è perversa, il sacramento non sussiste.
IN CONTRARIO: L'intenzione perversa del ministro fa parte della
sua cattiveria personale. Ma la malvagità del ministro non rende
invalido il sacramento. Quindi nemmeno la sua cattiva intenzione.
RISPONDO: L'intenzione del ministro può esser menomata in due
modi. Primo, rispetto al sacramento stesso: come quando uno
non intende amministrarlo, ma farne la parodia. E tale perversione invalida il sacramento: soprattutto quando viene
manifestata esternamente.
Secondo, l'intenzione del ministro può essere perversa rispetto
a ciò che segue il sacramento: nel caso, p. es., che un sacerdote
intendesse battezzare una donna per abusarne; o intendesse consacrare l'Eucaristia per servirsene a scopo di veneficio. Ora, poiché
ciò che viene prima non dipende da ciò che viene dopo, ne
segue che tale perversità dell'intenzione non rende invalido il sacramento: il ministro però per tale intenzione pecca gravemente.
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ:
1. L'intenzione della Chiesa è
retta, sia rispetto alla validità, sia rispetto all'uso del sacramento:
la prima assicura l'essenza del sacramento, la seconda il merito
di chi l'amministra. Quindi il ministro che conforma la sua intenzione a quella della Chiesa rispetto al primo tipo di rettitudine
e non al secondo, compie validamente il sacramento, ma non ne
riceve nessun merito.
2. L'intenzione scherzosa esclude la prima retta intenzione
necessaria alla validità del sacramento. Perciò il paragone non
regge.
3. L'intenzione malvagia corrompe l'opera dell'agente che nutre
tale intenzione, non l'opera altrui. Perciò l'intenzione perversa del
ministro corrompe ciò che egli personalmente opera nei sacramenti,
non ciò che in essi opera il Cristo, di cui è ministro. È come se
un servo portasse a dei poveri con cattiva intenzione, l'elemosina
che il padrone manda loro con retta intenzione.
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