Tropario alessandrino, rinvenuto agli inizi del sec. XX
in un papiro egiziano datato alla fine del sec. III, è la più antica preghiera mariana giunta a noi, conosciuta (con varianti)
da tutte le tradizioni liturgiche orientali ed occidentali: in versione latina compare dal sec. IX nell'ufficiatura, variamente usata;
dal sec. XII è adottata come antifona al cantico evangelico di compieta.
Data l'antichità, il suo valore è rilevante dal punto di vista sia dottrinale (vi figura il titolo Theotókos in
epoca pre-efesina) sia cultuale (è una supplica comunitaria indirizzata a Maria).
Benché si ignori il contesto preciso in cui il testo è nato, risalta con chiarezza il dato del ricorso orante dei fedeli alla Madre di Dio,
certi di essere da lei soccorsi.
La supplica trae motivo dal riconoscimento della divina maternità della Vergine, ossia la missione affidatale da Dio nella storia della nostra salvezza.
Cercare rifugio sotto la protezione misericordiosa di Maria non si oppone al rifugiarsi in Dio, anzi, lo facilita.
In effetti: dove incontrare Dio se non in Colei che ce lo ha donato come Salvatore?
Maria è il tempio in cui Dio stesso ha preso dimora.
Si cerca dunque rifugio sotto la sua protezione per non ingannarsi, rischiando di cercare Dio dove non si trova.
Da questa premessa si leva l'accorata invocazione: «non disprezzare le suppliche di noi che siamo nella prova» e «liberaci da ogni pericolo».
Si supplica la «Vergine gloriosa e benedetta» — due aggettivi che dicono la comunione con Dio — sicuri che,
per quanto ella significa nella storia della nostra salvezza, non può non esaudire e soccorrere chi la invoca con fede.
(Dizionari san Paolo. Mariologia)
Un'altra testimonianza coeva è offerta dal famoso papiro 470 della John Rylands Library di Manchester,
trovato in Egitto e acquistato nel 1917 e pubblicato nel 1938: esso contiene il testo greco della breve preghiera Sub tuum praesidium.
Questa preghiera era nota perché in uso nelle liturgie bizantina, copta, ambrosiana e romana, tuttavia si ignorava la sua antichità.
Il papiro 470 è giudicato dal papirologo Lobel, in base a ragioni paleografiche, non posteriore al III secolo: data confermata da un importante
articolo di G. Giamberardini, cui si allineano comunemente gli studiosi.
Lo stesso Giamberardini propone la seguente ricostruzione del testo papiraceo: «Sotto la tua misericordia, ci rifugiamo, Genitrice di Dio (= Theotokos).
Le nostre suppliche tu non respingere nella necessità, ma dal pericolo libera noi: sola casta, sola benedetta».
Come si può notare, nella breve formula non si esprime un io individuale, ma un noi comunitario: segno che essa è comune a più fedeli,
anzi ha tutta l'apparenza di un tropario o di un'antifona liturgica.
Inoltre la preghiera è direttamente rivolta alla Theotokos e documenta un sentito rapporto di fiducia in lei, cui si riconoscono quattro attributi:
maternità divina, verginità, benedizione da parte di Dio e misericordiosa intercessione.
(Maria. Nuovissimo Dizionario)