IL ROSARIO MARIANO Tutte le volte che ci è data l'occasione di accrescere nel popolo cristiano il culto e l'amore verso la gloriosa Madre di Dio, la Nostra gioia e la Nostra soddisfazione sono al colmo. E ciò perché non solo la cosa è di per sé stessa importantissima e feconda di buoni frutti, ma si armonizza anche nel modo migliore con i sentimenti più intimi del Nostro cuore. Succhiata, in verità, col latte materno, la Nostra pietà verso Maria è poi sempre venuta crescendo e rassodandosi in Noi, con il passare degli anni. E ciò perché la Nostra intelligenza sempre più chiaramente comprendeva quanto fosse degna di amore e di lode colei che Dio stesso amò per il primo, e con tale affetto da innalzarla al di sopra di tutte le creature, arricchirla dei più magnifici doni, e sceglierla, infine, per sua Madre. D'altra parte, le numerose e fulgide prove della sua bontà e benevolenza verso di Noi — prove che Noi non possiamo ricordare senza la più profonda gratitudine e senza versare lacrime di commozione — aumentarono sempre più in Noi questa pietà e più ardentemente la infiammarono. Poiché, in mezzo alle molte, svariate e terribili vicissitudini, che abbiamo attraversato, abbiamo fatto sempre ricorso a lei e a lei abbiamo sempre rivolto il Nostro sguardo. E dopo aver deposte nel suo seno tutte le Nostre speranze e i Nostri timori, le gioie e le tristezze, fu Nostra costante premura di supplicarla, perché volesse, in ogni occasione, assisterci come una madre teneressima, e ottenerci, in cambio, il singolare favore di poterle testimoniare il Nostro affetto devoto e filiale. Quando poi, per misterioso disegno di Dio, fummo chiamati alla Cattedra di San Pietro, a rappresentare nella Chiesa la stessa persona di Gesù Cristo, atterriti per il peso enorme di quest'ufficio, e non facendo alcun affidamento sulle Nostre proprie forze, con affetto ancor più intenso sollecitammo la divina assistenza, mediante la materna protezione della Vergine. E il Nostro cuore esulta nel proclamare che, nel corso di tutta la Nostra vita, ma specialmente nell'esercizio del Nostro supremo Apostolato, la Nostra speranza non mancò mai di essere coronata o dal desiderato successo o, almeno, da un dolce conforto. Dopo tale esperienza, la Nostra speranza si leva ora più fiduciosa, mentre chiediamo, col suo favore e per la sua intercessione, grazie ancor più copiose e più importanti, per la salvezza del gregge cristiano e per la maggior gloria della Chiesa. È dunque giusto e opportuno, venerabili fratelli, che Noi rivolgiamo a tutti i Nostri figli parole di incitamento — alle quali voi aggiungerete la vostra esortazione — affinché essi vogliano celebrare il prossimo mese di ottobre, sacro all'augusta Signora e Regina «del Rosario», con raddoppiato fervore, pari alle aumentate necessità dei tempi. L'audacia degli empi È ormai a tutti notissimo con quanti e quali mezzi di corruzione la malizia del mondo iniquamente si sforzi di indebolire e di estirpare interamente dai cuori la fede cristiana e l'osservanza della divina legge, che alimenta questa fede e la fa fruttificare. E già dappertutto il campo del Signore, come sconvolto da un terribile contagio, quasi inselvatichisce, per l'ignoranza della religione, per l'errore e per i vizi. E ciò che è ancor più doloroso, è che coloro che ne avrebbero il potere, anzi ne avrebbero il sacro dovere, lungi dal porre un freno o dall'infliggere giuste pene a una perversità così arrogante e colpevole, sembra invece, molto spesso, che a tale audacia diano incentivo, o per la loro inerzia, o col loro appoggio. Ben a ragione perciò ci si deve rattristare che a pubbliche scuole sia stata deliberatamente data una tale organizzazione che consente che il nome di Dio vi sia taciuto o vi sia oltraggiato; ci si deve rattristare della licenza, ognor più sfacciata, di stampare o di predicare ogni sorta di oltraggi contro Cristo Dio e la Chiesa. Né è meno deplorevole quel conseguente languore e intiepidimento della pratica cristiana, che, se non è un'aperta apostasia dalla fede, è certo prossima a divenirlo; perché la pratica della vita non è ormai più aderente alla fede. Chi consideri questo pervertimento e questa rovina degli interessi più vitali, certo non si meraviglierà, se da per tutto le nazioni vanno gemendo sotto il peso dei divini castighi, e sono costernate dal timore di calamità ancora più gravi. Necessità della devozione del Rosario Orbene, per placare l'offesa maestà di Dio e per procurare a coloro che tanto soffrono il necessario rimedio, non vi è certamente mezzo migliore della preghiera devota e perseverante, purché congiunta con lo spirito e la pratica della vita cristiana. Per raggiungere poi insieme questi due scopi, Noi riteniamo che il mezzo più indicato sia il «Rosario mariano». La sua potentissima efficacia è stata sperimentata ed esaltata fino dalla sua ben nota origine; come insigni documenti attestano, e Noi stessi abbiamo, più di una volta, ricordato. Allorché la setta degli Albigesi — in apparenza paladina dell'integrità della fede e dei costumi, ma in realtà sua perturbatrice e pessima corrompitrice — era per molti popoli causa di grande rovina, la Chiesa combatté contro di essa e contro le sue infami fazioni, non con milizie o con armi, ma principalmente con la forza del santo Rosario, che il patriarca san Domenico propagò, per ispirazione della stessa Madre di Dio. Così, gloriosamente vittoriosa di tutti gli ostacoli, la Chiesa, sia in quella come in altre simili tempeste, provvide sempre con splendido successo alla salute dei suoi figli. Perciò, nella presente situazione, che Noi deploriamo come luttuosa per la religione e pericolosissima per la società, è necessario che tutti insieme — con pietà uguale a quella degli antenati — preghiamo e scongiuriamo la gran Madre di Dio, perché, secondo i comuni voti, possiamo rallegrarci di aver sperimentato un'eguale efficacia del suo Rosario. Le tenerezze della nostra Madre del cielo E veramente quando ricorriamo a Maria, noi ricorriamo alla Madre della misericordia; la quale è così ben disposta verso di noi, che in qualsiasi nostra necessità, soprattutto in quelle spirituali, ella subito, spontaneamente, senza neppure essere invocata, viene in nostro soccorso, e ci fa parte di quel tesoro di grazia, di cui fin dal principio ricevette da Dio la pienezza, perché potesse divenire sua degna Madre. È questa sovrabbondanza di grazia — il più eminente degli altri suoi innumerevoli privilegi — che eleva la Vergine molto al di sopra di tutti gli uomini e di tutti gli angeli, e l'avvicina, più di ogni altra creatura, a Cristo: «È cosa grande in qualunque santo il possedere tanta grazia che basti alla salvezza di molti: ma se ne avesse tanta da bastare alla salute di tutti gli uomini del mondo, questo sarebbe il massimo; e ciò si verifica in Cristo e nella beata Vergine» (San Tommaso d'Aquino, Super salut. angelica). È dunque difficile dire quanto torni gradito a Maria il nostro ossequio, quando noi la salutiamo con la lode dell'Angelo, e ripetiamo poi lo stesso elogio, quasi formandone una devota corona. Perché ogni volta noi quasi ridestiamo in lei il ricordo della sua sublime dignità e della redenzione del genere umano, da Dio iniziata per suo mezzo: per conseguenza noi le ricordiamo pure quel divino e indissolubile vincolo, con cui ella è unita alle gioie e ai dolori, alle umiliazioni e ai trionfi di Cristo, nel guidare e nell'assistere gli uomini verso la salvezza eterna. Gesù Cristo volle, nella sua bontà, assomigliarsi a noi e dirsi e mostrarsi figlio dell'uomo, e perciò nostro fratello, affinché più luminosa ci apparisse la sua misericordia verso di noi: «Egli dovette in tutto essere fatto simile ai suoi fratelli, per diventare misericordioso» (Eb 2,17). Così Maria, per il fatto che fu scelta quale Madre di Gesù, nostro Signore — che è insieme nostro fratello — ebbe, fra tutte le madri, la singolare missione di manifestare e di spargere sopra noi la sua misericordia. Inoltre, come siamo debitori a Cristo di averci resi in certo modo partecipi del suo proprio diritto di chiamare e di avere Dio per Padre, così gli siamo ugualmente debitori di averci amorevolmente resi partecipi del suo diritto di chiamare e di avere Maria per Madre. E poiché, per natura, il nome di madre è fra tutti il più dolce, e nel nome di madre è posto il termine di confronto di ogni amore tenero e sollecito, tutte le anime pie sentono — sebbene la loro lingua non riesca ad esprimerlo — che un'immensa fiamma di amore condiscendente e operoso divampa in Maria, che, non per natura, ma per volere di Cristo, ci è Madre. Ella perciò vede e penetra, molto meglio di ogni altra madre, tutte le nostre cose: le necessità della nostra vita; i pericoli pubblici e privati, che ci minacciano; le difficoltà e i mali, nei quali ci dibattiamo; e soprattutto l'aspra lotta, che dobbiamo sostenere per la salute dell'anima, contro nemici violentissimi. E in queste, come in tutte le altre angustie della vita, più di ogni altro può e desidera portare ai suoi carissimi figli, consolazioni, forza, aiuto di ogni genere. Ricorriamo quindi fiduciosi e insistenti a Maria. Supplichiamola per quei vincoli materni con cui è sì strettamente congiunta a Gesù e a noi. E invochiamo con la massima devozione il potente suo aiuto, servendoci di quella formula di preghiera, che ella stessa ci ha indicato e che le è tanto gradita. Allora potremo a ragione riposarci con cuore tranquillo e lieto sotto la protezione della più tenera fra le madri. Il Rosario ravviva la nostra fede Oltre al pregio, che il Rosario trae dalla natura stessa della preghiera, esso contiene una maniera facile per far penetrare e inculcare negli animi i dogmi principali della fede cristiana; il che costituisce certamente un altro insigne titolo di raccomandazione. Infatti è soprattutto per la fede che l'uomo direttamente e sicuramente s'avvicina a Dio e impara ad adorare, con la mente e col cuore, l'immensa maestà di quest'unico Dio, la sua autorità sopra ogni cosa, la sua somma potenza, la sua sapienza, e la sua provvidenza: «poiché, chi si accosta a Dio, deve credere che egli esiste, e che egli è rimuneratore di quelli che lo cercano» (Eb 11,6). Ma poiché l'eterno Figlio di Dio assunse la natura umana, visse in mezzo a noi, e continua ad esserci via, verità e vita, è perciò necessario che la nostra fede abbracci anche i profondi misteri dell'augusta Trinità delle divine persone e del Figlio unigenito del Padre, fatto uomo: «E la vita eterna è questa, che conoscano te, solo vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo» (Gv 17,3). In verità Dio ci ha dato un beneficio inestimabile, quando ci ha donato questa santa fede; perché, per suo mezzo, non solo ci innalziamo al di sopra di tutte le cose umane, fino a divenire quasi contemplatori e partecipi della natura divina, ma acquistiamo altresì un titolo di un merito immenso alle eterne ricompense. Così che si alimenta e si rinsalda in noi la speranza che potremo un giorno contemplare Iddio, non già attraverso le pallide immagini delle cose create, ma nel suo pieno splendore, e potremo in eterno godere di lui, nostro sommo bene. Ma il cristiano è talmente preso dalle diverse preoccupazioni della vita, e così facilmente inclinato alle vanità di questo mondo che, senza un frequente e salutare richiamo, dimenticherà a poco a poco le cose più importanti e più necessarie, e così la sua fede si illanguidirà e perfino si estinguerà. Per preservare i suoi figli da questo troppo grave pericolo dell'ignoranza, la Chiesa non trascura nessuno dei mezzi, che la sua vigilanza e la sua sollecitudine le suggeriscono; e il Rosario in onore di Maria non è certo l'ultimo che essa adopera per sostenere la fede. Esso, infatti, con la sua meravigliosa ed efficace preghiera, ordinatamente ripetuta, ci porta al ricordo e alla contemplazione dei principali misteri della nostra religione: di quelli, in primo luogo, per cui «il Verbo si è fatto carne», e Maria, Vergine intatta e Madre, gli prestò con santa gioia i suoi materni uffici. Vengono poi le amarezze, i tormenti, la morte di Cristo, prezzo della salvezza del genere umano. Infine sono i suoi misteri gloriosi: il trionfo sulla morte, l'ascensione in cielo, la discesa dello Spirito Santo, lo splendore raggiante di Maria, assunta al cielo, e, da ultimo, con la gloria della Madre e del Figlio, la gloria eterna di tutti i santi. E questa ordinata successione di ineffabili misteri, nel Rosario, è spesso e insistentemente richiamata alla memoria dei fedeli, e quasi spiegata davanti ai loro occhi; in modo che coloro che recitano bene il Rosario, ne hanno l'anima inondata di una dolcezza sempre nuova, e provano la medesima impressione ed emozione che proverebbero se sentissero la voce stessa della loro dolcissima Madre, nell'atto di spiegare loro questi misteri e d'impartire loro salutari esortazioni. Non potrà quindi sembrare eccessiva la Nostra affermazione, se diciamo che la fede non deve affatto temere i pericoli dell'ignoranza e dei nefasti errori in quei luoghi, in quelle famiglie e presso quei popoli, dove si mantiene nel primitivo onore la pratica del Rosario. Il Rosario incoraggia ad opere sante Ma c'è un'altra utilità, non meno importante, che la Chiesa attende dal Rosario per i suoi figli: quella, cioè, di impegnarli a conformare la loro vita e i loro costumi alle norme e ai precetti della santa fede. È nota a tutti la divina affermazione che «la fede senza le opere è inefficace» (Gc 2,20); perché la fede trae vita dalla carità, e la carità si manifesta in una fioritura di azioni sante. Il cristiano, perciò, non trarrà certo alcun profitto dalla sua fede per l'acquisto dell'eternità, se a questa sua fede non avrà ispirato la sua condotta. «Che giova, fratelli miei, se uno dice di aver fede, ma non ha le opere? Potrà forse salvarlo la fede?» (Gc 2,14). Anzi, questi cristiani saranno da Cristo Giudice ben più aspramente rimproverati che non quei miseri che non conoscono né la fede né la morale cristiana; perché questi ultimi non credono in un modo e vivono in un altro, come quelli a torto fanno, ma, essendo privi della luce dell'Evangelo, hanno una certa attenuante, o certo la loro colpa è meno grave. Ora la contemplazione dei misteri, proposti nel Rosario, giova a far sbocciare dalla nostra fede abbondante e lieta messe di frutti, perché stimola meravigliosamente l'anima a propositi di virtù. Orbene, quale sublime e splendido esempio ci offre, sotto tutti i rapporti, l'opera di salvezza compiuta da nostro Signore Gesù Cristo! Il grande, onnipotente Iddio, spinto da un eccesso di amore verso di noi, si abbassa sino alla condizione del più misero uomo; si trattiene con noi come uno di noi; conversa fraternamente, ammaestra gli individui e le folle in ogni ordine di giustizia; maestro eminente per la sua parola, Dio per la sua autorità. Si mostra prodigo di benefici verso tutti; guarisce coloro che soffrono di malattie corporali, e con paterna misericordia porta sollievo alle malattie più gravi dell'anima; in modo particolare egli si rivolge a coloro che sono abbattuti dal dolore, o sono oppressi dal peso delle loro inquietudini, e li invita: «Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi, e io vi consolerò» (Mt 11,28). Quando poi riposiamo nelle sue braccia, egli ci ispira qualcosa di quel mistico fuoco che ha portato agli uomini; ci infonde amorevolmente qualche cosa della mansuetudine e dell'umiltà del suo animo e desidera che, per la pratica di queste virtù, noi diventiamo partecipi della vera e stabile pace, di cui egli è l'autore. «Imparate da me, che sono mansueto e umile di cuore; e voi troverete riposo alle anime vostre» (Mt 11,29). Tuttavia in compenso di tanta luce di sapienza celeste e dell'abbondanza di così eccezionali benefici, che avrebbero dovuto guadagnargli la riconoscenza degli uomini, egli subì l'odio e gli insulti più atroci; eppure quando confitto in croce, versa tutto il suo sangue, non ha desiderio più ardente di questo: per mezzo della sua morte, rigenerare gli uomini alla vita. Non è assolutamente possibile che uno consideri e contempli attentamente queste bellissime testimonianze di amore del nostro Redentore, senza ardere di viva riconoscenza per lui. Anzi la fede, se sarà fede autentica, avrà allora tale potere che, illuminando la mente dell'uomo, e commovendo il suo cuore, quasi lo trascinerà a seguire le orme di Cristo, attraverso tutti gli ostacoli; fino a farlo prorompere in quella protesta degna di Paolo: «Chi ci separerà dall'amore di Cristo? la tribolazione, o l'angoscia, o la fame, o la nudità, o il pericolo, o la persecuzione, o la spada?» (Rm 8,35) «... Non vivo più io; ma vive in me Cristo» (Gal 2,20). Il Rosario ci richiama agli esempi di Maria Ma perché noi, atterriti dalla consapevolezza della nostra naturale fragilità, non veniamo meno di fronte agli esempi veramente sublimi di Cristo, Dio e uomo, insieme coi suoi misteri si offrono alla nostra contemplazione i misteri della sua Madre santissima. Ella discende, è vero, dalla stirpe regale di Davide; ma della ricchezza e dello splendore dei suoi antenati non le resta più nulla; trascorre una vita oscura, in un'umile città, e in una casa ancor più umile; tanto più contenta della sua solitudine e della sua povertà, in quanto può con cuore più libero elevarsi a Dio, e unirsi totalmente al suo sommo e desideratissimo bene. Ma il Signore è con lei, e la ricolma e la fa beata della sua grazia. Ed è proprio lei che il celeste messaggero designa come la donna, da cui, per virtù dello Spirito Santo, dovrà venire fra noi uomini l'atteso Salvatore delle genti. Quanto più ella ammira la sublime altezza della sua dignità, e ne rende grazie all'onnipotente e misericordiosa bontà di Dio, tanto più si umilia e si reputa spoglia di ogni virtù. E mentre ne diviene la Madre, senza esitazione si proclama e si protesta sua ancella. E come ha santamente promesso, santamente e prontamente stabilisce fin da allora una perpetua comunanza di vita, col suo Figlio Gesù, sia nella gioia come nel pianto. Così ella raggiungerà tale altezza di gloria, quale nessun uomo né angelo potrà mai raggiungere, perché nessuno potrà esserle mai paragonato per virtù e per meriti. Così a lei spetterà la corona del cielo e della terra, perché diventerà l'invitta Regina dei martiri. Così nella celeste città di Dio, ella sederà in eterno coronata, presso il suo Figlio, perché costantemente durante tutta la sua vita, ma in modo particolare sul Calvario, berrà con lui il calice traboccante di amarezza. Ecco dunque che la bontà e la Provvidenza divina ci ha dato in Maria un modello di ogni virtù, tutto fatto per noi. Perché, considerandola e contemplandola, le nostre anime non restano già abbagliate dai fulgori della divinità, ma, attratte dai vincoli intimi di una comune natura, con maggior fiducia si sforzeranno di imitarla. Se sorretti dal suo valido aiuto, noi ci applicheremo con tutte le nostre forze a questa opera, riusciremo certamente a riprodurre in noi almeno qualche tratto di così grande virtù e santità; e, dopo aver imitato la sua ammirabile conformità ai divini voleri, potremo raggiungerla in cielo. Sebbene il nostro terrestre pellegrinaggio sia aspro e irto di difficoltà, camminiamo intrepidi e coraggiosi verso la meta. E nelle nostre pene, nelle nostre fatiche, non cessiamo di stendere a Maria le nostre mani supplichevoli, dicendo con la Chiesa: «A te sospiriamo gementi e piangenti in questa valle di lacrime... Deh! volgi a noi quei tuoi occhi misericordiosi. Dacci una vita pura, preparaci una via sicura, perché possiamo godere in eterno della vita di Gesù» (Sacra Liturgia). Ed essa che, pur senza averla mai sperimentata, conosce la debolezza e la corruzione della nostra natura, essa che è la migliore e la più sollecita di tutte le madri, oh come verrà propizia e premurosa in nostro aiuto! E con quale tenerezza ci consolerà! Con quale forza ci sosterrà! Percorrendo la via, consacrata dal sangue di Cristo e dalle lacrime di Maria, arriveremo anche noi, sicuramente e facilmente, alla partecipazione della loro gloria beata. Gli esempi della Sacra Famiglia Poiché dunque nel Rosario di Maria Vergine sono così bene e così utilmente riuniti un'eccellente formula di preghiera, un mezzo efficace per conservare la fede e un ideale insigne di virtù perfetta, è ben giusto che i veri cristiani lo abbiano spesso fra le loro mani, lo recitino e lo meditino piamente. In modo particolare Noi rivolgiamo questa esortazione alla «Confraternita della Sacra Famiglia», che di recente abbiamo raccomandato e approvato. Se infatti il fondamento di questa confraternita è il mistero del lungo periodo di vita silenziosa e nascosta di Cristo Signore, fra le mura della casa di Nazaret, perché le famiglie cristiane si sforzino costantemente di modellarsi sull'esempio della santa Famiglia, divinamente costituita, appare subito evidente la sua connessione particolare col Rosario: specialmente coi misteri gaudiosi, che si chiudono appunto quando Gesù, dopo aver mostrato la sua sapienza nel tempio, «venne», con Maria e Giuseppe «a Nazaret ed era ad essi sottomesso»; quasi preparando così gli altri misteri, coi quali avrebbe più da vicino compiuta l'opera di ammaestramento e di redenzione degli uomini. Da ciò tutti gli associati comprendano quale diligenza debbano dimostrare nel coltivare e propagare la devozione del Rosario. Il giubileo episcopale del Papa Per parte Nostra, convalidiamo e confermiamo i favori delle sacre indulgenze concesse negli anni precedenti, a coloro che, a norma delle prescrizioni stabilite, compiranno bene la pia pratica del mese d'ottobre. Contiamo poi molto, venerabili fratelli, sulla vostra autorità e sul vostro zelo, affinché, anche quest'anno, sia ardente fra il popolo cattolico il fervore e la santa emulazione nell'onorare col Rosario la Vergine, Aiuto dei cristiani. Ed ora ci piace concludere la Nostra esortazione, tornando al motivo iniziale. Vogliamo, cioè, di nuovo e più chiaramente attestare la Nostra riconoscenza per i benefici ricevuti dalla Vergine santissima e la Nostra gioia e speranza in lei. E poi al popolo cristiano, devotamente prostrato davanti agli altari di Maria, Noi chiediamo di pregare per la Chiesa, agitata da così avverse e tempestose vicende, e di pregare nello stesso tempo anche per Noi, che in età così avanzata, stanchi dalle fatiche, alle prese con le più gravi difficoltà, e privi di ogni umano soccorso, della Chiesa stessa reggiamo il timone. Sì, la Nostra speranza in Maria, Madre potente e tenerissima, si fa in Noi ogni giorno più sicura e più consolatrice. E mentre Noi ascriviamo alla sua intercessione tutti i numerosi e segnalati benefici che Dio ci ha concessi, con particolare riconoscenza le ascriviamo quello di poter, fra non molto, raggiungere il cinquantesimo anniversario della Nostra ordinazione episcopale. È davvero un grande beneficio, a ben considerarlo, un così lungo periodo di ministero pastorale; ma lo è soprattutto quello che abbiamo potuto dedicare, in mezzo a preoccupazioni quotidiane, a guidare tutto il gregge cristiano. Durante questo tempo, nella Nostra vita, come in quella di tutti gli uomini, come pure nei misteri di Cristo e della sua Madre, non sono mancati né motivi di gioia, né — più spesso — gravi motivi di dolore, né, qualche volta, motivi di lieto compiacimento, in Cristo. Cose tutte che Noi, con spirito di umiltà davanti a Dio e con gratitudine, ci siamo adoperati di volgere al bene e all'onore della Chiesa. Ed ora, poiché il resto della vita non sarà diverso, se nuove gioie risplenderanno, se nuovi dolori sopravverranno, se qualche raggio di gloria brillerà, Noi persevereremo nelle stesse intenzioni e negli stessi sentimenti. E null'altro invocando da Dio, se non la gloria celeste, ripeteremo con gioia le parole di David: «Sia benedetto il nome del Signore; non a noi, Signore, non a noi, ma al tuo nome dà gloria» (Sal 112,2; 113,1). Dai Nostri figli poi, così devoti e così affezionati, piuttosto che felicitazioni e lodi, Noi ardentemente aspettiamo che innalzino a Dio vivissimi ringraziamenti, preghiere e voti. Saremo lietissimi, se ci otterranno che quel tanto di vita e di forze che ci resta, quel che abbiamo di autorità e di prestigio, lo possiamo spendere unicamente per il bene della Chiesa; e prima di tutto a ricondurle in seno e riconciliarle i nemici e i traviati, che la Nostra voce da tanto tempo invita. Che tutti i Nostri dilettissimi figli dalla Nostra prossima letizia giubilare — se a Dio piacerà donarcela — possano raccogliere abbondanti frutti di giustizia, di pace, di prosperità, di santità, di ogni bene. È ciò che con paterno amore sollecitiamo da Dio, mentre ricordiamo loro questi suoi ammonimenti: «Ascoltatemi... e germogliate come rosa piantata in riva alle acque. Come incenso mandate profumo soave. Fate fiori come il giglio, e spandete odore e ricopritevi di amene fronde. E cantate un cantico di lode, e benedite il Signore per tutte le opere sue. Date gloria al suo nome, e lodatelo col suono delle vostre labbra e coi canti delle labbra e con le cetre... Con tutto il cuore e la voce inneggiate e benedite il nome del Signore» (Sir 39,13-15.35). Se queste esortazioni e questi voti incontreranno lo scherno degli uomini perversi, che «bestemmiano tutto ciò che ignorano», Dio perdoni benignamente questi infelici. Da parte Nostra, lo preghiamo, per l'intercessione della Regina del santissimo Rosario, a voler favorire esortazioni e voti con la sua grazia. Voi poi, venerabili fratelli, in auspicio di tale grazia e come pegno della Nostra benevolenza, ricevete intanto l'apostolica benedizione, che con vivo affetto nel Signore impartiamo a ciascuno di voi, al vostro clero e al vostro popolo. Roma, presso San Pietro, l'8 settembre 1892, anno XV del Nostro pontificato. LEONE PP. XIII |