OCTOBRI MENSE

IL ROSARIO MARIANO

All'approssimarsi del mese di ottobre, ormai consacrato alla beatissima Vergine, è per Noi cosa sommamente gradita ricordare le premurose raccomandazioni, che, negli anni precedenti, vi abbiamo indirizzato, venerabili fratelli, affinché da per tutto i fedeli, spinti dal vostro zelo autorevole, si rivolgessero con ravvivata pietà alla grande Madre di Dio, alla potente ausiliatrice del popolo cristiano; a lei ricorrendo supplichevoli, durante l'intero mese, col rito del santo Rosario: Rosario che la Chiesa abitualmente usò e divulgò, soprattutto nei tempi più burrascosi; e sempre con il desiderato successo.

Mali che affliggono la Chiesa

Ci sta a cuore manifestarvi anche quest'anno il medesimo desiderio e rinnovarvi la medesima esortazione. Ci spinge a ciò urgentemente e ci stimola il Nostro amore per la Chiesa, le cui angustie, anziché alleggerirsi, crescono ogni giorno più in numero e in asprezza. A tutti sono noti i mali che Noi deploriamo: la lotta spietata contro i sacri e intangibili dogmi, che la Chiesa custodisce e tramanda; la derisione dell'integrità della virtù cristiana, che la Chiesa difende; la trama di calunnie in mille modi ordita; l'odio fomentato contro il sacro ordine dei vescovi e principalmente contro il romano pontefice; gli attacchi diretti, con la più impudente audacia e delittuosa empietà, contro la divinità stessa di Cristo, nell'intento di svellere dalle radici e di distruggere l'opera divina della redenzione, che nessuna forza potrà mai distruggere né cancellare.

Questi attacchi non sono certo una novità per la Chiesa militante. Poiché essa, dopo l'avviso da Cristo dato agli apostoli; sa che per ammaestrare gli uomini nella via della verità e guidarli alla salute eterna, deve ogni giorno scendere in campo e ingaggiare combattimento. E in realtà nei secoli essa ha sempre intrepidamente lottato fino al martirio; ritenendo sua precipua letizia e gloria il poter unire il suo sangue a quello del suo Fondatore: nel quale è riposta la sicura speranza della promessa vittoria.

D'altra parte, però, non possiamo nasconderci il profondo senso di tristezza, che pervade i migliori dinanzi a questa continua tensione di battaglia. È infatti motivo di immensa tristezza il vedere il grande numero di coloro che, dalla perversità degli errori e da questo protervo atteggiamento contro Dio, sono trascinati lontano e spinti verso l'abisso; il grande numero di coloro che, ponendo su uno stesso piano ogni forma di religione, si può dire che stiano già per abbandonare la fede divina; il numero notevole di coloro che sono cristiani solo di nome, e non compiono i doveri della loro fede. E ci affligge e tormenta ancor più l'animo il considerare che la causa principale di tali rovinosi e lacrimevoli mali sta nell'esclusione completa della Chiesa dagli ordinamenti sociali, mentre di proposito si osteggia la sua salutare influenza. E in ciò è da riconoscere un grande e meritato castigo di Dio, il quale acceca miseramente le nazioni, che si allontanano da lui.

La necessità della preghiera

Questo stato di cose dimostra con evidenza sempre maggiore quanto sia necessario che i cattolici preghino e scongiurino Dio, con fervore e perseveranza «senza cessar mai» (1 Ts 5,17); e non soltanto in privato, ma ancor più in pubblico. Riuniti nei sacri templi scongiurino Dio a volere, nella sua infinita bontà, liberare la sua Chiesa «dagli uomini protervi e malvagi» (2 Ts 3,2), e a ricondurre i popoli sulla via della salvezza e della ragione, nella luce e nell'amore di Cristo.

Spettacolo incredibile e meraviglioso! Mentre il mondo percorre la sua strada tormentata, baldanzoso delle sue ricchezze, della sua forza, delle sue armi e del suo ingegno, la Chiesa, con passo veloce e sicuro, attraversa i secoli, riponendo la sua fiducia soltanto in Dio, a cui, di giorno e di notte, innalza lo sguardo e stende le mani supplichevoli. Perché essa, sebbene non disdegni, nella sua prudenza, i soccorsi umani, che, per la divina bontà, i tempi le offrono, tuttavia non è in questi mezzi che essa ripone la sua principale speranza; ma nella preghiera, collettiva e insistente, innalzata al suo Dio. A questa sorgente essa alimenta e fortifica la sua vita; perché, sollevandosi, mediante l'assidua preghiera, al di sopra delle umane vicende, e tenendosi costantemente unita a Dio, le è dato di vivere, placida e tranquilla, della vita stessa di Cristo. E in questo essa è fedele immagine di Cristo, a cui l'orrore dei tormenti, sofferti per il nostro bene, nulla diminuì né tolse della beatissima luce e della felicità, che gli sono proprie.

Esempi di preghiera nella Sacra Scrittura

Questo grande insegnamento del cristianesimo è stato sempre scrupolosamente praticato dai cristiani, degni di questo nome. Quando alla Chiesa o a chi ne reggeva i supremi destini sovrastava qualche pericolo, per la perfidia e la violenza di uomini perversi, essi allora con maggiore insistenza e frequenza innalzavano le loro preghiere a Dio.

Di tale consuetudine troviamo un luminoso esempio nei fedeli della Chiesa nascente, degno di essere proposto all'imitazione di tutti i posteri. Pietro, vicario di Cristo, pontefice sommo di tutta la Chiesa, per ordine dell'empio Erode, era stato gettato in carcere, e destinato a sicura morte. Nessuno era in grado di portargli aiuto per sottrarlo a quel pericolo. Ma non mancava quell'unico aiuto, che la devota preghiera sa ottenere da Dio. Come ci testimonia la Sacra Scrittura, la Chiesa innalzava a Dio fervorosissime preghiere per lui: «Ma la Chiesa faceva a Dio continue preghiere per lui» (At 12,5). E tanto più ardente diveniva l'impegno della loro preghiera, quanto più grave era l'angoscia, che provavano per quella sventura. Tutti sanno che quelle preghiere furono esaudite. Anzi, ogni anno il popolo cristiano celebra sempre con riconoscente letizia il ricordo della miracolosa liberazione di Pietro.

Un altro esempio ancor più luminoso, anzi divino, ce lo dà Cristo stesso; il quale si era proposto di avviare e formare la sua Chiesa alla perfezione, non solo coi nuovi precetti, ma anche con la sua vita. Egli, durante il corso di tutta la sua vita, si era dedicato così spesso e così lungamente alla preghiera. Ma nelle sue ore supreme, quando, nell'orto di Getsemani, il suo animo era pervaso da un'immensa angoscia e oppresso da una tristezza mortale, egli non solamente pregava, ma «pregava più intensamente» (Lc 22,44). E ciò egli fece non per se stesso, ché, come Dio, di nulla poteva temere e di nulla aveva bisogno; ma lo fece per nostro vantaggio, e per vantaggio della sua Chiesa, di cui, fino d'allora, egli generosamente faceva sue le future preghiere e le future lacrime: le une e le altre rendendo feconde con la sua grazia.

Maria Mediatrice di tutte le grazie

Ma dopo che, per virtù del mistero della croce, la salvezza del genere umano fu compiuta, e dopo che col trionfo di Cristo fu pienamente costituita la Chiesa quale dispensatrice della sua salvezza, da allora la Provvidenza per questo nuovo popolo preparò e stabilì un ordine nuovo.

Le disposizioni della divina Sapienza vanno riguardate con profonda venerazione. Il Figlio eterno di Dio, volendo assumere l'umana natura, per redimerla e nobilitarla, e quindi stringere un mistico connubio col genere umano, non portò a compimento questo suo disegno, se non dopo aver ottenuto il libero consenso di colei, che era stata designata come sua Madre, e che in un certo senso rappresentava tutto il genere umano; secondo la celebre e verissima sentenza dell'Aquinate: «Per mezzo dell'Annunciazione, si attendeva il consenso della Vergine, in nome e in rappresentanza di tutta la natura umana» (Summa theol., III, q. 30, a. 1). Di conseguenza si può con tutta verità e rigore affermare che, per divina disposizione, nulla ci può essere comunicato dell'immenso tesoro della grazia di Cristo — si sa che «la grazia e la verità sono venute da Gesù Cristo» (Gv 1,17) — se non per mezzo di Maria. Di modo che, come nessuno può accostarsi al Padre supremo, se non per mezzo del Figlio, così ordinariamente nessuno può accostarsi a Cristo, se non per mezzo della sua Madre.

Quanta sapienza e misericordia risplende in questa disposizione della divina Provvidenza! Quale comprensione della debolezza e fragilità umana! Noi infatti crediamo nell'infinita bontà di Cristo, e di questa gli rendiamo lode; ma noi crediamo anche nella sua infinita giustizia, e di questa abbiamo timore. Noi sentiamo una profonda riconoscenza per l'amore del Salvatore che per noi ha generosamente dato il suo sangue e la sua vita; ma nello stesso tempo, noi lo temiamo nel suo carattere di Giudice inesorabile. Trepidanti per la coscienza dei nostri peccati abbiamo perciò bisogno di un intercessore e di un patrono che, per una parte, goda in alto grado del favore divino e che, dall'altra, sia di animo talmente benevolo da non rifiutare il suo patrocinio a nessuno, neppure ai più disperati, e nello stesso tempo infonda la fiducia nella divina clemenza a coloro che, abbattuti, giacciono nello sconforto. Ebbene, tale eminentissima creatura è appunto Maria: ella è certamente potente perché Madre di Dio onnipotente, ma — ciò che è più consolante — ella è amorevole, di una benevolenza estrema, di un'indulgenza senza confini. Tale ce l'ha data Dio stesso che, avendola scelta per Madre del suo Unigenito, le infuse, per ciò stesso, sentimenti squisitamente materni, capaci solo di bontà e di perdono. Tale ce l'additò Gesù, sia quando consentì di essere sottomesso e di ubbidire a Maria, come un figlio alla sua madre; sia quando, dall'alto della croce, affidò alle sue amorose premure tutto il genere umano, nella persona del discepolo Giovanni. Tale, infine, si dimostrò ella stessa quando, accogliendo generosamente la gravosa eredità lasciatale dal suo Figlio morente, cominciò fin da quel momento a compiere verso di tutti i suoi doveri di Madre.

Il ricorso a Maria nella tradizione cristiana

Questo piano di tenera misericordia, da Dio attuato in Maria e da Cristo ratificato con la sua ultima volontà, fu fin dall'inizio compreso con immensa gioia dai santi apostoli e dai primi fedeli; fu compreso e insegnato dai venerandi padri della Chiesa; fu concordemente compreso, in ogni tempo, dal popolo cristiano. E quand'anche la tradizione e la letteratura tacessero, questa verità sarebbe ugualmente attestata con grandissima eloquenza dalla voce che erompe dal cuore di ogni cristiano. Non si spiegherebbe, senza una fede divina, il prepotente impulso, che ci spinge e dolcemente ci trascina a Maria; il vivo desiderio, o meglio, il bisogno, che sentiamo, di cercare rifugio nella protezione e nell'aiuto di colei, alla quale possiamo confidare appieno i nostri progetti e le nostre azioni, la nostra innocenza e il nostro pentimento, i nostri tormenti e le nostre gioie, le nostre preghiere e i nostri voti, tutte insomma, le cose nostre; la dolce speranza e la fiducia, da noi nutrite, che quello che sarebbe meno accetto a Dio, perché presentato da noi, indegni peccatori, potrà divenirgli graditissimo, se lo affideremo alla sua Madre santissima. Quanto più l'animo si rallegra della verità e soavità di questi pensieri, altrettanto si rattrista per coloro che, privi della fede divina, non onorano Maria: anzi non la considerano neppure come Madre. E ancor più il Nostro cuore si rattrista per coloro che, sebbene partecipi della santa fede, osano tacciare i buoni di eccessivo ed esagerato culto verso Maria, offendendo con ciò grandemente la pietà filiale.

Pertanto, in mezzo alla tempesta di mali, che così duramente tormentano la Chiesa, tutti i suoi figli devoti vedono chiaramente quale urgente dovere abbiano di pregare insistentemente l'onnipotente Iddio, e in qual modo soprattutto debbano adoperarsi, perché le loro preghiere abbiano la massima efficacia. Seguendo l'esempio dei nostri piissimi padri e antenati, ricorriamo a Maria, nostra santa Regina; e concordemente scongiuriamo Maria, madre di Gesù Cristo e madre nostra: «Mostrati Madre nostra, e per mezzo tuo, accolga le nostre preghiere colui che, nato per noi, volle essere tuo (Figlio)» (Sacra Liturgia).

Eccellenza del Rosario

Orbene, fra le diverse forme e maniere di onorare la divina Madre, essendo da preferire quelle che sono giudicate per se stesse più eccellenti e a lei più gradite, ci piace di espressamente additare e vivamente raccomandare il santo Rosario. A questo modo di pregare, nel comune linguaggio, è stato dato il nome di «corona», anche perché essa ricorda, in un felice intreccio, i grandi misteri di Gesù e di Maria: le loro gioie, i loro dolori e i loro trionfi. Se i fedeli devotamente mediteranno e contempleranno, nell'ordine dovuto, questi augusti misteri, ne ritrarranno un mirabile aiuto, sia nell'alimentare la loro fede e preservarla dall'ignoranza e dal contagio degli errori, sia nell'elevare e fortificare il vigore del loro spirito. Infatti in tal modo il pensiero e la memoria di chi prega, al lume della fede, sono con soavissimo ardore attratti verso questi misteri. In essi concentrati e immersi, non si stancheranno mai di ammirare l'opera inenarrabile dell'umana redenzione, compiuta a sì caro prezzo e con una successione di così grandi avvenimenti. E davanti a queste prove della divina carità, l'anima s'infiammerà di amore e di gratitudine, rinsalderà e accrescerà la sua speranza, e avidamente mirerà alla ricompensa celeste, da Cristo preparata a coloro che si saranno uniti a lui con l'imitazione dei suoi esempi, e la partecipazione dei suoi dolori. E intanto con le labbra si pronunciano le preghiere insegnate da Cristo stesso, dall'arcangelo Gabriele e dalla Chiesa. Preghiere, così piene di lodi e di salutari aspirazioni, non potranno essere ripetute e continuate, nel loro vario e determinato ordine, senza produrre sempre nuovi e soavi frutti di pietà.

Origine e glorie del Rosario

Che poi la stessa Regina del cielo abbia annesso a questa preghiera una grande efficacia lo dimostra il fatto che essa fu istituita e propagata dall'inclito san Domenico, per suo impulso e ispirazione, in tempi quanto mai tristi per la causa cattolica, e ben poco differenti dai nostri, come uno strumento di guerra validissimo, per combattere i nemici della fede.

Difatti la setta eretica degli albigesi, ora di soppiatto ora apertamente, aveva invaso numerose contrade; spaventosa progenie dei manichei, essa ne ripeteva i mostruosi errori, e ne rinnovava le ostilità, le violenze e l'odio profondo contro la Chiesa. Contro questa turba sì perniciosa e arrogante poco o nulla ormai si poteva contare sugli aiuti umani, quando il soccorso venne palesemente da Dio, per mezzo del Rosario di Maria. Così, grazie alla Vergine, gloriosa debellatrice di tutte le eresie, le forze degli empi furono rovesciate e infrante, e la fede di moltissimi rimase salva e intatta. E si può dire che simili fatti si sono verificati presso ogni popolo. Quanti pericoli scongiurati! Quanti benefici ottenuti! La storia antica e moderna sta là a dimostrarlo con le più luminose testimonianze.

Diffusione e vitalità del Rosario

Ma un'altra prova evidente ci è fornita anche dal fatto che, appena istituita la preghiera del Rosario, la sua pratica in brevissimo tempo si propagò dappertutto, fra ogni classe di persone. E infatti, se è vero che il popolo cristiano ha trovato diverse forme e titoli insigni per onorare la Madre di Dio, che sola s'innalza fra tutte le creature per tante eccelse prerogative, è tuttavia innegabile che i fedeli hanno sempre amato in modo del tutto particolare il titolo del Rosario: quella maniera, cioè, di pregare, che è considerata come la tessera della nostra fede e il compendio del culto a lei dovuto. E l'hanno praticata, in privato e in pubblico, nell'interno delle case e delle famiglie; con l'istituire confraternite, consacrare altari, svolgere solenni processioni; persuasi che in nessun altro modo avrebbero potuto meglio onorare le sue feste, e meritare il suo patrocinio e le sue grazie.

Né va passato sotto silenzio un fatto che mette in luce una particolare provvidenza della Madonna circa il Rosario. Ed è questo. Quando col passare del tempo, presso qualche popolo sembrò affievolirsi il gusto della pietà, e rilassarsi anche la pratica di questa preghiera, appena si profilò per lo stato qualche gravissimo pericolo, oppure si affacciò una qualche pubblica necessità, per voto unanime, fu la pratica del Rosario che, a preferenza di altre manifestazioni religiose, venne quasi per incanto richiamata in uso e rimessa al suo posto d'onore, con generale beneficio. E di questa asserzione non è necessario andar a ricercare le prove nel passato, perché ne abbiamo a portata di mano una insigne ai nostri giorni. Come abbiamo detto fin da principio, questi nostri tempi sono pieni di amarezza per la Chiesa di Dio, e ancora più per Noi, chiamati dalla divina Provvidenza a governarla. Orbene è proprio in questi tempi che ci è dato di notare e di ammirare, in ogni parte del mondo cattolico, un fervido risveglio nella pratica e nella devozione del Rosario. E poiché questo fatto, piuttosto che alla diligenza umana, si deve effettivamente attribuire a Dio, che dirige e conduce gli uomini, ciò consola, e solleva l'animo Nostro, riempiendolo di grande fiducia che, per l'intercessione di Maria, la Chiesa potrà riportare nuovi e più estesi trionfi.

Come si deve pregare

Vi sono taluni che credono le cose, che Noi abbiamo ricordato; ma nel vedere poi che nulla ancora è stato ottenuto di ciò che si sperava — e in primo luogo, la pace e la tranquillità della Chiesa — anzi, nel vedere che la situazione si fa sempre più torbida, quasi stanchi e sfiduciati, rallentano l'assiduità e l'ardore della loro preghiera. Ma costoro dovrebbero, in primo luogo, riflettere e far sì che le preghiere, da loro rivolte a Dio, siano dotate dei requisiti che, secondo il precetto di Cristo Signore, sono necessari. Che se poi le loro preghiere fossero realmente tali, dovrebbero inoltre considerare che è cosa indegna e colpevole il voler fissare a Dio il momento e il modo di venirci in soccorso: a Dio che non ci deve assolutamente nulla; tanto che quando esaudisce chi lo prega e «corona i nostri meriti, in realtà null'altro corona se non i suoi stessi doni» (Sant'Agostino, Ep. 194 (al. 105) ad Sixtum, c. V, n. 19); e, quando non asseconda i nostri desideri, si porta provvidenzialmente come un buon padre verso i suoi figli, che ha pietà della loro stoltezza, e mira sempre alla loro vera utilità.

La preghiera per la Chiesa e della Chiesa

Ma Dio accoglie sempre benignamente ed esaudisce le preghiere che, sorretti dall'intercessione dei santi, devotamente gli innalziamo, per renderlo propizio alla sua Chiesa; sia quando per la sua Chiesa chiediamo i beni più alti ed eterni, sia quando chiediamo beni meno importanti e temporali, ma in ogni caso giovevoli a quelli. Infatti a tali preghiere aggiunge valore e immensa efficacia, con le sue preghiere e i suoi meriti, nostro Signore Gesù Cristo, che «amò la Chiesa, e diede se stesso per lei, nel fine di santificarla... per far comparire egli stesso davanti a sé gloriosa la Chiesa» (Ef 5,25-27); egli che ne è il pontefice sommo, santo innocente «sempre essendo vivo, sì da poter intercedere in loro favore»; egli che nelle sue preghiere e suppliche — noi lo crediamo di fede divina — raggiunge sempre il suo intento.

Per quello poi che riguarda gli interessi temporali della Chiesa, è noto che essa il più delle volte deve lottare con avversari formidabili per odio e potenza; e troppo spesso essa deve dolersi che dai suoi nemici le siano strappati i beni, limitata e oppressa la libertà, attaccata e disprezzata l'autorità e, insomma, inflitti danni e soprusi di ogni genere. Che se ci si domanda perché mai la malvagità di costoro non arrivi a quel colmo d'ingiustizia che essi si propongono e si sforzano di raggiungere, e perché, d'altra parte, la Chiesa, pur in mezzo a tante vicende, rifulga sempre, sebbene in modi diversi, della stessa grandezza e della stessa gloria e continui a progredire, è giusto attribuire la causa vera dell'uno e dell'altro fatto alla potenza della preghiera unanime della Chiesa; non potendo umanamente spiegarsi come mai l'iniquità, pur così spavalda, sia contenuta entro limiti sì angusti, mentre la Chiesa, sebbene tenuta in oppressione, riporta tuttavia così splendidi trionfi. E ciò appare ancor più evidente nel campo di quei beni, dei quali la Chiesa si serve per condurre gli uomini al possesso del bene supremo. Poiché essa è nata appunto per questa missione, la sua preghiera deve avere una grande efficacia nell'ottenere che si compia perfettamente sugli uomini il disegno della provvidenza e misericordia di Dio; di modo che quando gli uomini pregano con la Chiesa e per mezzo della Chiesa, impetrano e ottengono in definitiva ciò che «fino dall'eternità l'onnipotente Iddio aveva disposto di concedere» (Summa theol., II-II, q. 83, a. 2, ex S. Greg. M.). In questo mondo la mente umana viene meno di fronte agli eccelsi piani della divina Provvidenza; ma verrà un giorno in cui Dio stesso, nella sua grande bontà, ci manifesterà le cause e l'intreccio degli avvenimenti; e allora apparirà chiaramente quale potente efficacia di impetrare abbia avuto in quest'ordine di cose il dovere della preghiera. Allora si vedrà che fu appunto per virtù della preghiera che molti, pur in mezzo alla grande corruzione di un mondo depravato, si conservarono puri ed esenti «da ogni contaminazione di carne e spirito, compiendo la santificazione nell'amore di Dio» (2 Cor 7,1); che altri, mentre erano sul punto di cedere al male, non solo si trattennero, ma dal pericolo e dalla tentazione attinsero un accrescimento di virtù; che altri, già travolti, furono da un interiore stimolo spinti a rialzarsi e a gettarsi nell'amplesso di Dio misericordioso.

I miracoli della preghiera

Noi perciò scongiuriamo tutti a voler attentamente meditare queste verità; a non lasciarsi sedurre dagli inganni dell'antico nemico; a non abbandonare mai, per nessun motivo, la pratica della preghiera; anzi li esortiamo a perseverare in essa, senza mai stancarsi. E in primo luogo, si ricordino di implorare il più alto di tutti i beni: la salvezza eterna di tutti, e l'incolumità della Chiesa. Dopo ciò potranno invocare da Dio gli altri beni, che riguardano la prosperità temporale; purché siano rassegnati alla sua giustissima volontà e, ascoltati o no nelle loro preghiere, gli sappiano rendere grazie, come al più benefico dei padri. Da ultimo loro raccomandiamo di pregare con quello spirito di religione e di pietà, che sempre conviene quando si tratta con Dio: come solevano fare i santi, e come faceva lo stesso nostro Redentore e Maestro, «con forti grida e lacrime» (Eb 5,7).

Con la preghiera e con la mortificazione

A questo punto il dolore e l'affetto di Padre ci spinge a implorare da Dio, datore di ogni bene, per tutti i figli della Chiesa, non soltanto lo spirito della preghiera, ma anche quello della mortificazione. Ciò facendo di tutto cuore, Noi esortiamo tutti con la stessa sollecitudine a praticare questa virtù, così strettamente unita all'altra. Poiché se la preghiera conforta l'anima, la corrobora, e la solleva alle cose celesti, la mortificazione ci abitua a dominare noi stessi, e specialmente il corpo che, a motivo dell'antica colpa, è il più pericoloso nemico della ragione e della legge evangelica. Vi è tra queste virtù — com'è evidente — un nesso inscindibile. Si aiutano a vicenda, e tendono insieme allo stesso fine, che è quello di distaccare l'uomo, nato per il cielo, dalle cose caduche di questo mondo, per innalzarlo quasi a una celeste intimità con Dio. Al contrario, colui che ha l'animo acceso dalle passioni e infiacchito dai piaceri, ha nausea delle gioie celesti, che non ha mai provato. La sua preghiera non è altro che una voce fredda e languida, non certo degna di essere esaudita da Dio.

L'esempio dei santi Necessità della penitenza

Abbiamo sott'occhio gli esempi di mortificazione, lasciatici dai santi. Ebbene era proprio questo spirito di mortificazione che rendeva accette a Dio le loro preghiere; tanto che, come ci attesta la storia sacra, ebbero anche il potere di operare miracoli. Quei santi erano assidui nel regolare e tenere a freno la mente, il cuore e le passioni; si sottomettevano sempre con grande docilità e umiltà alla dottrina di Cristo, agli insegnamenti e ai precetti della sua Chiesa; nulla volevano, nulla rifiutavano senza aver prima esplorato la volontà di Dio; nelle loro azioni non si proponevano altro scopo che la maggior gloria di Dio; contenevano e reprimevano energicamente gli appetiti della carne; trattavano il proprio corpo duramente e senza pietà; e, per amore della virtù, si astenevano anche dalle cose per se stesse lecite. Così essi potevano con ragione applicare a se stessi le parole che l'apostolo Paolo diceva di sé: «Giacché la cittadinanza nostra è nei cieli» (Fil 3,20); e, per la stessa ragione, le loro preghiere erano così efficaci nel rendere propizio e benigno Dio.

Certamente non a tutti è data la possibilità, né tutti hanno l'obbligo di fare altrettanto; ma ognuno è tenuto, secondo il suo potere, a mortificare la sua vita e i suoi costumi. Lo esige la divina giustizia, alla quale va resa stretta soddisfazione delle colpe commesse; ed è preferibile renderla, finché si è in vita, con penitenze volontarie, perché così si ha anche il merito della virtù.

Inoltre, poiché noi tutti siamo uniti e viviamo nel corpo mistico di Cristo che è la Chiesa, ne consegue, secondo san Paolo, che come i godimenti, così anche i dolori di un membro sono comuni a tutte le altre membra: vale a dire che i fratelli cristiani debbono venire volontariamente in aiuto degli altri fratelli, nelle loro infermità spirituali o corporali e, per quanto è in loro potere, prendere cura della guarigione; «le membra avessero riguardo le une alle altre allo stesso modo, e, se soffre un membro, soffrono con esso tutte le membra, se ha gloria un membro, tutte le membra con lui godano. Orbene, voi siete corpo di Cristo, e particolarmente siete membra di esso» (1 Cor 12,25-27). In questa prova che la carità ci chiede, di espiare le colpe altrui, ad esempio di Gesù Cristo, che con immenso amore dette la sua vita per redimere tutti dal peccato, sta quel gran vincolo di perfezione, che unisce strettamente i fedeli fra loro, con i santi e con Dio.

Insomma, lo spirito della santa mortificazione è così vario, industrioso ed esteso che chiunque — purché animato da pietà e da buon volere — può praticarlo con molta frequenza e senza sforzo eccessivo.

Esortazioni e speranze

Dopo ciò che abbiamo fin qui esposto, non ci resta, venerabili fratelli, che riprometterci dai Nostri ammonimenti e dalle Nostre esortazioni l'esito più consolante. E di fatto ce lo ripromettiamo dalla vostra singolare e profonda pietà verso l'augusta Madre di Dio, dalla vostra sollecitudine e dal vostro zelo per il gregge affidatovi. E già l'animo Nostro si rallegra nel prevedere frutti lieti e abbondanti, come quelli che spesso i cattolici seppero raccogliere dalla loro insigne pietà verso Maria. Che, grazie ai vostri inviti, alle vostre raccomandazioni e al vostro esempio, i fedeli, specialmente nel prossimo mese, accorrano e si raccolgano intorno agli altari solennemente ornati dell'augusta Regina, della benignissima Madre; e con cuore filiale le intreccino e le offrano mistici serti colla recita, a lei così gradita, del Rosario. Da parte Nostra, Noi confermiamo e ratifichiamo non solo le prescrizioni già altre volte date in proposito, ma anche le sacre indulgenze già concesse.

Oh! come sarà bello e vantaggioso lo spettacolo di milioni di fedeli che, in tutto il mondo cattolico — nelle città, nei villaggi, nelle campagne, in terra e sul mare — fondendo insieme le loro lodi e le loro preghiere, i loro pensieri e le loro voci, saluteranno in ogni ora del giorno Maria, invocheranno Maria e tutto spereranno da Maria! La preghino tutti con fiducia a voler ottenere dal suo Figlio che le nazioni fuorviate tornino alle istituzioni e ai principi cristiani, nelle quali è riposta la base del benessere pubblico e da cui scaturiscono i benefici della desiderata pace e della vera felicità. Ma ancor più insistentemente le chiedano ciò che deve stare in cima ai desideri di tutti i buoni: la libertà, cioè, della Chiesa e il pacifico possesso di questa libertà, di cui essa non si serve se non per procurare agli uomini il bene supremo. Da questa libertà né individui né stati hanno mai subito alcun danno; anzi da essa trassero sempre innumerevoli e inestimabili benefici.

Che Dio, infine, venerabili fratelli, per l'intercessione della Regina del Rosario, vi largisca i favori e le grazie celesti, da cui possiate attingere, in sempre maggiore abbondanza, aiuto e forza per compiere santamente i doveri del vostro pastorale ministero. E ne sia pegno e auspicio l'apostolica benedizione, che di cuore impartiamo a voi, al vostro clero, e al popolo affidato alle vostre cure.

Roma, presso San Pietro, il 22 settembre 1891, anno XIV del Nostro pontificato.

LEONE PP. XIII